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lunedì 9 luglio 2007

Claudio Prandini al venefico e biforcuto Allam


LETTERA APERTA

Le mie perplessità sulla manifestazione del 4 luglio, promossa da Magdi Allam, non sono tanto sul problema in sé, l’oppressione dei cristiani è purtroppo una realtà variegata, complessa e globale, ma bensì sulla ideologia e il messaggio che essa in modo quasi subliminale veicola, cioè che il nemico dell’Occidente e del cristianesimo sia unicamente l’Islam.
Il suo promotore, Magdi Allam, non finisce mai di stupirmi: di origini egiziane, è diventato in questi ultimi anni il paladino indefesso dell’Occidente accerchiato e sotto costante pericolo da parte del mondo islamico e del terrorismo.
Un cosi grande fervore per l’Occidente, e ultimamente anche per Israele, da suscitare dubbi perfino in un ebreo convinto come Gad Lerner, che afferma: «In effetti quel che mi ha dato più fastidio, nel tuo ‘Viva Israele’ (l’ultimo libro di Magdi Allam, ndr), Magdi, è che pure tu, come tanti nostri nemici, esalti una presunta, mai avvenuta, metamorfosi degli ebrei. Finalmente combattenti. Avamposto della guerra occidentale in difesa della sacralità della vita. Per carità, lasciaci continuare a essere quel che siamo! Certe mascherate sono troppo pericolose in tempo di guerra!’».
Tuttavia, queste «mascherate», come le definisce Gad Lerner, hanno anche il loro riscontro positivo...
Il nostro Magdi è stato infatti invitato, il 4 maggio del 2005 (1), da una nota lobby ebraica americana (l’American Jewish Committee) per ritirare il «Premio di Giornalismo Mass Media Award», mentre il 21 maggio 2006, Allam è andato a Tel Aviv per ritirare un altro premio molto ambito e sostanzioso: 250.000 dollari generosamente elargiti dalla Fondazione Dan David. (2)
Il Premio gli è stato «assegnato per i suoi sforzi in favore della pace e della coesistenza» (sic!).
Il Magdi non sfugge neanche alla vibrata protesta della vicepresidente del parlamento europeo, Luisa Morgantini, a proposito di un suo articolo «Stato Palestinese addio» pubblicato da Il Corriere della Sera il 15 giugno 2007, nella quale afferma: «Lo ammetto subito, considero Magdi Allam un cattivo giornalista: omissioni e manipolazione di fatti, strumentalizzazione delle proprie origini per vendersi come ‘esperto’, ma soprattutto in un mondo in cui ci sarebbe bisogno di persone ragionevoli e capaci di mediazioni, trovo che Magdi Allam contribuisca invece a far crescere le violenze e gli odii. Mi sembra invaso da uno spirito di crociata o di fanatismo non adatti ad un giornalista e a un Vice Direttore di un giornale come Il Corriere della Sera».

Per quanto mi riguarda ciò che rimprovero al tuo appello, caro Magdi, - e non credere che non senta e non mi senta partecipe del pianto e delle sofferenze dei cristiani nel mondo intero - è prima di tutto un uso strumentale delle parole del Papa calate sapientemente in un contesto di crociata.
Il Papa è sempre stato, malgrado tutto, per il dialogo tra le varie religioni, tu invece hai adottato una sorta di fanatismo alla rovescia che non è molto diverso da quel fanatismo che tu dici di voler combattere.
Ciò che tuttavia salta subito all’occhio è che presenti la persecuzione dei cristiani in modo parziale, come se essa provenisse solo dagli «Stati arabi e musulmani», mentre tutto il resto rimane sfumato e senza alcun reale riferimento a paesi come la Cina, il Vietnam ed altri ancora dove i cristiani sono ugualmente perseguitati ed oppressi.
Ti faccio presente che nella zona mediorientale c’è anche Israele e che la «presenza cristiana nella società israeliana è sul punto di scomparire nel ricordo e corre anche il rischio di scomparire ‘de facto’», spiega un rapporto di «Aiuto alla Chiesa che Soffre» che è un’opera di aiuto internazionale dipendente dalla Santa Sede.
Anche là, continua il rapporto, i cristiani sono ormai ridotti a circa 150.000 e «affrontano l’oppressione e la discriminazione nelle scuole, sul lavoro e nella società israeliana a causa della loro religione, del ceto sociale o dell’origine etnica (la maggior parte sono arabi palestinesi)». (3)
Un esempio?
Durante le processioni cristiane a Gerusalemme, questo accade soprattutto alla comunità armena che è situata vicino ad un quartiere ebraico, al passaggio della croce, gli ebrei ortodossi usano sputare per terra in segno di disprezzo verso Cristo; ed è anche capitato che uno studente ebreo, nel suo fervore religioso, abbia sputato sulla croce stessa al suo passaggio, senza che gli sia stato torto un solo capello dalla polizia, anzi la polizia ha fermato l’arcivescovo per aver mollato un sonoro schiaffone allo studente sacrilego.Perchè non le racconti queste cose, visto che dici essere un giornalista serio?

Come cattolico credo che tutti i popoli abbiano il diritto di esistere e di vivere in pace, popolo palestinese compreso, dunque non posso essere anti-Israele.
Inoltre, Gesù era ebreo della stirpe di Davide, come anche Pietro, il primo Papa, era ebreo e così tutti gli altri apostoli.
In ogni popolo ci sono i buoni e i cattivi, ma nessuno può obbligarmi a mettere sullo stesso piano morale Pietro, Giuda Iscariota e i farisei solo perché erano tutti semiti!Come nessuno può obbligarmi a mettere sullo stesso piano etico i veri democratici e i movimenti ebrei pacifisti all’interno dello Stato d’Israele con l’ideologica portata avanti dalla sua leadership da più di mezzo secolo, cioè il sionismo, solo perché sono entrambi israeliani.
Gesù, l’ebreo, diceva: non potete servire due padroni, cioè dovete scegliere!
O si sceglie la giustizia o l’ingiustizia, tutto il resto viene dal diavolo cioè diventa ideologia, apparenza, idolo, mascheramento, fumo negli occhi dell’anima e del cervello...
Il fatto che il tuo appello non faccia menzione alcuna di questa realtà di «oppressione» dei cristiani, anche all’interno d’Israele, rafforza in me la convinzione della tua parzialità e dello «spirito di crociata» che ti muove!
Dov’eri, Magdi Allam, quando l’America di Bush attaccava con falsi pretesti e con false prove l’Iraq, ponendo così le basi non solo della distruzione di un Paese con più di 100.000 morti in soli 4 anni e 4 o 5 milioni di iracheni fuggiti dalla guerra civile, ma anche della distruzione quasi totale della Chiesa irachena?
Saddam era si un dittatore sanguinario, secondo il classico modello mediorientale, tuttavia la Chiesa irachena sotto Saddam era una delle più prospere del Medio Oriente con circa 800.000 presenze! Perchè non hai difeso la Chiesa irachena finché si era in tempo con un no deciso all’intervento illegittimo di Bush, quando si sapeva benissimo che una guerra in quella zona avrebbe voluto dire una distruzione sicura dei fragili equilibri di quella società, con conseguenze incalcolabili anche per la stessa Chiesa?
Ora quella Chiesa rischia di scomparire per sempre con il contributo del tuo silenzio-assenso d’allora e con le tue «mascherate» di oggi.



Ti stai tirando dietro anche una parte del mondo cattolico italiano che ti segue per lo più in buona fede, come seguì Bush, eppure contro l’allora Papa Woityla che profeticamente a quella guerra aveva detto il suo no deciso.
Quel mondo cattolico ti segue perché ti ha eletto suo paladino, ma le crociate come il suo corrispettivo islamico (jihād) sono ormai finite.
Il massimalismo che stai spargendo, il cui suono suadente inganna molti, è come uno spot pubblicitario: o lo accetti o lo rifiuti, non ci sono vie di mezzo o di mediazione.
Mi dispiace ma io in tutto questo non ci vedo nulla di idealmente alto, anzi ci vedo un manicheismo ideologico altrettanto pericoloso quanto il terrorismo islamico che tu dici di voler combattere.
Un daltonismo culturale che invece di costruire ponti li distrugge inneggiando di fatto allo scontro di civiltà, caro a certi ambienti che tu conosci bene ma non al Papa e alla Chiesa.
Su una cosa sono d’accordo con te, cioè quando hai scritto su Il Corriere della sera che l’incontro tra il cristianesimo e l’ Islam deve ripartire da Maria, venerata anche dai musulmani, tanto che il Corano Le dedica un’intera sura!
Sì, su questo hai pienamente ragione.
Maria come luogo d’incontro e di dialogo...
Qualcuno ha scritto «Salviamo i cristiani dalla civiltà occidentale» e non ha tutti i torti, poiché il nemico vero non è tanto l’Islam ma è quello interno alla nostra civiltà, quello che fa dire alla Lega Cattolica Antidiffamazione: «Non si può non rilevare la coerenza delle forme di attacco ai cattolici delle ultime settimane: al vilipendio della Chiesa si accompagna sempre la difesa del pansessualismo più estremo. Si pensi allo spettacolo blasfemo Messiah Game della Biennale di Venezia, alle due mostre di Bologna e Roma organizzate da gruppi gay, alla mostra Vade retro. Arte e omosessualità di Milano».
E prosegue: «Qui non siamo di fronte ad episodi singoli, ma ad una strategia perseguita scientificamente e con ogni mezzo per distruggere dalle fondamenta la civiltà, la morale e la fede cattolica. Davanti a questi attacchi occorre un’opposizione ferma e determinata, senza dimenticare il ricorso all’arma più efficace di cui disponiamo: la preghiera»
.

Per quanto mi riguarda seguo la volontà di dialogo del Papa e il consiglio di Vittorio Messori: «Gesù ha detto che saranno beati coloro che vengono perseguitati nel suo nome. Dobbiamo abituarci alla fine della cristianità come l’abbiamo conosciuta per secoli, dobbiamo considerare provvidenziale ciò che ci sta accadendo e tornare ad essere lievito nella pasta, sale che dà sapore. Considero un disegno della Provvidenza anche l’arrivo di tanti musulmani tra di noi, perché anche certi atei stanno scoprendo la grande differenza che esiste tra il Corano e il Vangelo».

Claudio Prandini

Lettera di Luisa Morgantini a Magdi "Vermilinguo" Allam



LETTERA
di LUISA MORGANTINI
Vice Presidente del Parlamento Europeo

A proposito dell'articolo di Magdi Allam "Stato Palestinese addio" pubblicato dal Corriere della Sera il 15 giugno 2007.

Roma 15 giugno,

Lo ammetto subito, considero Magdi Allam un cattivo giornalista: omissioni e manipolazione di fatti, strumentalizzazione delle proprie origini per vendersi come "esperto", ma soprattutto in un mondo in cui ci sarebbe bisogno di persone ragionevoli e capaci di mediazioni, trovo che Magdi Allam contribuisca invece a far crescere le violenze e gli odii. Mi sembra invaso da uno spirito di crociata o di fanatismo non adatti ad un giornalista e a un Vice Direttore di un giornale come il "Corriere della Sera". Ma forse mi sbaglio.
Detto questo, trovo che l'editoriale nella prima pagina del Corriere di ieri 15 giugno -Stato Palestinese addio - confermi, ovviamente a me, le mie opinioni su di lui.
La tragedia che si consuma in Palestina, ovvero nei territori occupati palestinesi della Cisgiordania e a Gaza, è qualcosa che dovrebbe parlare alle nostre coscienze e alle nostre responsabilità.
Magdi Allam non prende minimamente in considerazione i fatti, anzi reitera la "malainformazione", quando dice che l'OLP non riconosce lo Stato di Israele. Basta con queste bugie: la dichiarazione di Algeri del 15 Novembre 1988, dichiara che lo stato palestinese si basa sui confini dei territori occupati del '67, il 22% della Palestina storica. Nella lettera firmata ad Oslo da Rabin ed Arafat vi è il riconoscimento esplicito dello Stato Israeliano, manca invece quello dello Stato di Palestina, riconoscendo in quel documento solo l'OLP come legittimo rappresentante del popolo palestinese. Tra le colpe che Allam distribuisce a tutte le parti (l'affermazione non è sbagliata), Israele ha quella di avere creduto che il riconoscimento dell'esistenza dello Stato d'Israele sarebbe arrivato con lo scambio dei territori. Per Allam, la legalità internazionale e la realtà dell'occupazione militare israeliana, non esistono. In realtà anche dopo gli accordi di Oslo, purtroppo, i governi israeliani che si sono succeduti hanno continuato ad ampliare le colonie in quella parte del 22% che avrebbe dovuto essere lo Stato Palestinese: colonie significa terre confiscate, strade per soli coloni, alberi sradicati, check point, mancanza di libertà di movimento per persone e merci. Anche la costruzione del muro, definito illegale dalla Corte Internazionale delle Nazioni Unite, si è rivelato non un muro per la sicurezza ma un muro di annessione di nuove terre coltivate ad Israele, creando una situazione che anche Jimmy Carter ha definito di apartheid.
Tutto questo naturalmente per Allam non esiste.
Certo vi sono responsabilità passate e presenti della leadership palestinese, tanto più di quelle arabe, per non parlare di Hamas che non ha cambiato la sua carta anche se, sebbene oggi sia tutto in fumo, con l'entrata nel governo di unità nazionale accettava i territori del '67 e gli accordi firmati dall'OLP.
Non ho dubbi che la deriva militare della seconda Intifada sia stata una tragedia per i palestinesi e per gli israeliani. La scelta da parte di Hamas di azioni criminali contro la popolazione civile israeliana, così come le scelte criminali e le punizioni collettive dell'esercito israeliano contro la popolazione civile palestinese, oltre che disumane sono contro la legalità internazionale.
Ma anche se è banale dirlo, bisogna tenere conto delle asimmetrie. Da quarant'anni la popolazione palestinese vive sotto occupazione militare e questo fa la differenza. Le follie, le violenze, i crimini che si stanno commettendo tra palestinesi in questa ultima fase e di cui chi li commette è interamente responsabile, non possono farci dimenticare il contesto nel quale sono cresciuti: mancanza di libertà, privazione dell'identità e della terra, oltre che negazione palese di ogni diritto. Tutti questi elementi, questo contesto, naturalmente non li assolvono. Ma non assolvono neanche noi, rappresentanti di una Comunità internazionale che non ha saputo rispondere ai bisogni di giustizia e di sicurezza per palestinesi ed israeliani né è stata capace di mostrare al mondo che non abbiamo due pesi e due misure e che due popoli due stati potevano essere una realtà.

PER info Luisa Morgantini 0039 348 39 21 465 o Ufficio PE Roma 0669950217

Da www.corriere.it

domenica 8 luglio 2007

Ma cos'è il terrorismo?


Una bella domanda a cui tutti propongono questa risposta:
Il terrorismo è una forma d’azione violenta “indiretta”, cioè non rivolta contro un obiettivo specifico definito,ma verso bersagli indeterminati e indifesi con lo scopo di produrre terrore.
La cosa fondamentale,è non fare confusione col termine "guerriglia",che invece,posti due fronti di cui uno decisamente inferiore all'altro,prevede uno scontro bellico "nascosto",ma comunque diretto contro le forze armate nemiche.

Il terrorismo va sempre e comunque condannato,come atto infame contro gli inermi. Va semmai appurata la responsabilità degli atti,avendo negli stati uniti e in israele fulgidi esempi di stati tendenti al "false flag".
Informandosi(per fare un rapido esempio) sull'11 settembre 2001,ci sono 2 modi soli per credere alla versione ufficiale degli stati(canaglia) uniti
1)Essere stupidi
2)Essere pagati per crederci

Questa condanna non si può avere per gli atti di guerriglia,da considerare addirittura legittimi. Alcuni facili esempi sono le aggressioni al popolo eletto invasore lungo la striscia di Gaza o in Cisgiordania.
Altri esempi sono gli attacchi in Afghanistan o Iraq (quelli contro le forze militari).


Certamente,nella lotta contro il famigerato Asse del Male(zuppo di petrolio) è considerato valido ricorrere alla propaganda più falsa e vergognosa:
1)Non c'è differenza tra terrorismo e guerriglia(avete mai sentito il termine "guerriglieri" legato ad Hezbollah,Hamas o simili?mai,sono tutti terroristi).
Gli islamici(se ne fa un discorso etnico,culturale e religioso) sono tutti inevitabilmente sanguinari assassini e naturalmente propensi al terrorismo.
Impossibile trattare con loro,come ci indottrina la propaganda kazara
2)Il musulmano non combatte per i soprusi che subisce in Iraq,Afghanistan,Palestina o quant'altro. Lo fa perchè ha fastidio della florida e superiore cultura occidentale.
3)Va di moda,dopo gli studi sull'11 settebre,ricorrere al cosiddetto fenomeno dell'"incestuous amplification",che consiste in "una condizione bellica dove uno ascolta solo quelli che sono già d’accordo con lui, rinforzando determinate opinioni e creando una situazione matura per una valutazione delle azioni errata."
In pratica,si crea il panico nella popolazione e si infervora la stessa zittendo o ridicolizzando chi la pensa in modo diverso.
D'altro canto non penserete di essere in un paese liberale laddove l'informazione è in mano a Vespa,Mentana, Ferrara,Magdi Allam o Lerner, no?
Chi la pensa in modo diverso è pazzo,svalvolato e -logicamente- antisemita.
Così si crea un circolo vizioso di ignoranza e odio che infervora la popolazione e crea consensi.

Ma quindi,a fronte di quello che abbiamo scritto, la definizione di terrorismo esula dai contenuti religiosi,etnici o politici.
Non importano le armi utilizzate,ma le modalità di utilizzo. Anche i militari,laddove colpiscano in modo strategicamente inutile la popolazione inerme,diventano terroristi.
Quindi
TERRORISTA è anche l'America e il bombardamento di Nagasaki del 1945
TERRORISTA è anche l'Inghilterra a Dresda nello stesso anno
TERRORISTA è anche il popolo eletto nelle incursioni a gaza e cisgiordania
TERRORISTI sono anche tutti gli stati che fanno vittime tra la popolazione civile quale che sia la nomenclatura della missione

Chi tace o asseconda(come ho detto) non è un terrorista.
Al limite o è ignorante o è complice,a il risultato è lo stesso.


Ps. in foto il gratuito fungo atomico di Nagasaki.
Chissà che tra qualche anno non ci venga detto che a lanciare la bomba sia stato Osama Bin Laden. Nella orwelliana fattoria degli animali in cui viviamo,la verità è solo quello che viene pubblicizzato

giovedì 5 luglio 2007

Un giorno qualunque a Gaza


Anche questo,articolo di Blondet, foto dall'archivio

PALESTINA - Al valico di Rafah, il punto di passaggio tra Gaza e l’Egitto, da tre settimane centinaia di palestinesi aspettano di tornare a casa.
Gli israeliani negano loro il passaggio (si stanno solo difendendo).
A ridosso del posto di blocco, in centinaia aspettano, dormono all’aperto e passano il giorno, giorno dopo giorno, nell’area di confine senza servizi.
I più hanno finito il cibo e i soldi che s’erano portati con sé.
Non hanno acqua per lavarsi e per bere.
Il 4 luglio, lì al blocco di Rafah, è morta una donna palestinese di 31 anni, madre di cinque figli, di nome Taghreid Adeaed.
Era stata in Egitto per cure mediche (a Gaza ormai impossibili), è arrivata al posto di blocco grave e non ha retto all’attesa.
Gli eroici soldati di Tsahal ora negano il passaggio anche del cadavere per la sepoltura a Gaza.
Devono pur difendersi.
Le donne specialmente si vergognano.
«Non mi lavo da settimane, puzzo», dice una signora di 49 anni, Umm Rami, bloccata sul lato egiziano del confine.
Ha una gamba fasciata, era stata in Egitto per sottoporsi a un intervento chirurgico al ginocchio.
E’ lì con una figlia giovane.
«Non sappiamo dove andare, non abbiamo più denaro, né cibo né acqua né medicine. Siamo stanche e affamate».
Né possono ricevere denaro dai parenti a Gaza.
L’Occidente è mobilitato infatti minuziosamente per difendere Israele: anche la DHL e Western Union, le multinazionali dei trasferimenti di moneta, hanno interrotto il servizio a Gaza per ordine di Sion.
Non che a Gaza se la passino meglio.

Sono in corso incursioni del piccolo popolo minacciato nella sua stessa esistenza, carri armati sono penetrati simultaneamente da sud, nel villaggio di Khan Youni, e da nord.
Il risultato: 13 morti contati dal dottor Mawia Hassanen dell’ospedale di Al Shifa, molti civili fra cui un bambino di 9 anni.
Molti corpi sono impossibili da identificare, fatti a pezzi e ustionati dai grossi calibri dei cingolati eroici.
Venti palestinesi sono feriti, sette in condizioni critiche, e scarseggiano medicinali.
Ovviamente, Israele ha di mira i terroristi.
L’attacco ha liquidato a Khan Younis tre terroristi, dicono, del Jihad Islamico: tre razzi dai caccia
F-16 hanno centrato la Subaru bianca dove viaggiavano, e ovviamente hanno fatto strage anche fra i passanti.
Bisogna pur difendersi.
Altri raid stanno uccidendo qua e là, a volte i «terroristi» colpiti sono non identificabili come tali. Sabato, sono stati sette i morti, sicuramente terroristi, e il numero dei feriti è non accertato.
Nell’estate torrida, l’acqua manca in modo estremo.
Nel campo dei rifugiati di Bader, sul versante palestinese del posto di blocco di Rafah, arriva da quattro giorni un’autocisterna con acqua razionata.
Non si sa se domani il camion tornerà.
L’embargo economico è diventato ancora più severo, in pratica - comunica il Centro Legale per la Libertà di Movimento «Gisha» - la striscia di Gaza, abitata da 1,4 milioni di perone, è totalmente chiusa al mondo esterno da giugno.
Ogni attività economica è spenta e impossibile.
Il piccolo debole popolo che si sta difendendo ha chiuso del tutto il valico di Karni, attraverso cui arrivavano da Israele tutte le «importazioni» e partivano tutte le «esportazioni» palestinesi.
Merci, alimenti e materiali per le poche attività industriali e artigianali mancano.
Il 75% delle fabbrichette e officine artigiane di Gaza sono chiuse.
Le rimanenti lavorano finchè i materiali che hanno in magazzino finiranno.
Il prezzo della farina è aumentato del 34%, quello del latte in polvere del 30% e quello del riso, del 20%.
Farina e zucchero sono quasi introvabili, del resto.
L’85% della popolazione campa di aiuti alimentari delle organizzazioni internazionali; la percentuale si accresce, ovviamente, di giorno in giorno.
Israele si sta solo difendendo.

A Gaza governa Hamas, e la popolazione deve essere ridotta in ginocchio perché deve cacciare Hamas.
Lo Stato ebraico ha cancellato dai computer il codice doganale che identificava le merci in entrata a Gaza, e ha dato disposizione di non rimetterlo in attività fino a nuovo ordine.
In sole due settimane di blocco estremo, i palestinesi di Gaza hanno accumulato perdite per 1,5 milioni di dollari.
Fra queste perdite vanno calcolati non solo le merci avariate (quasi tutta l’attività esportatrice era di generi agricoli) dalla permanenza nei magazzini, ma anche le multe: multe per l’impossibilità di restituire i container affittati, multe per inadempienza contrattuale (i terroristi non hanno consegnato la merce pattuita).
Il solo lager al mondo soggetto alle leggi del mercato.
L’importazione di articoli umanitari è consentita attraverso i valichi di Kherem Shalom, Sufa e Erez, ma - secondo Gisha, la capacità di questi valichi è fortemente limitata.
Altre soste di giorni, per medicinali e cibi che cuociono nei camion sotto il sole.
Gisha ha una strana idea del diritto: sostiene che, nonostante il «ritiro da Gaza», Israele è tuttora l’occupante del territorio, in quanto ne blocca tutti gli accessi terrestri e vieta l’entrata anche dal mare e dal cielo.
Dunque, secondo il diritto internazionale, Israele continua ad essere responsabile della popolazione che ha chiuso lì.
Obbligata per legge a proteggere i civili.
«Invece ha adottato una politica di punizione collettiva, in violazione delle norme internazionali che esplicitamente vietano di punire le persone per fatti che non hanno commesso».
La fonte di queste informazioni non è un blog dei «terroristi islamici» o della propaganda terroristica di Hamas.
E’ un giornale non famoso per la sua cordialità verso i palestinesi.
Il Jerusalem Post. (1)
Il Jerusalem Post è scritto in inglese.
Ma l’Europa ha preoccupazioni più urgenti che la sorte di un milione e mezzo di prigionieri palestinesi.

Ha infatti avuto successo - più di critica che di pubblico - la manifestazione «Salviamo i cristiani!», voluta da Magdi Allam e radunatasi a piazza Santi Apostoli.
Il pubblico era per lo più composto, dice l’Ansa, da gente «orgogliosa nel rivendicare l’identità cristiana come valore da proteggere e tutelare».
«Su questo, continua l’agenzia, ha fatto leva lo stesso Magdi Allam nel suo intervento dal palco, parlando ai presenti ‘uniti dall’imperativo di difendere la libertà religiosa di tutti, in tutti i Paesi del mondo’ e in particolare invitando a ‘elevare la nostra voce per denunciare la discriminazione, la persecuzione e l’esodo forzato dei cristiani nei Paesi del Medio Oriente’ ».
Il vice direttore del Corriere della Sera ha denunciato, in toni estremamente risentiti, «i sostenitori di un Dio trasformato in un simbolo di morte» e si è richiamato, tra gli applausi della folla ai «principi sostenuti da Benedetto XVI nel dialogo con le altre fedi».
Allam ha parlato anche contro «questa Europa ammalata di relativismo e accecata dall’ideologia del multiculturalismo, che tradisce i propri valori e rinnega la propria identità», un’Europa «lassista sul principio della libertà religiosa sia fuori che dentro i propri confini».
Parole sante, sullo sfondo di ciò che stanno subendo i palestinesi a Gaza.
Sì, ci sono «i sostenitori di un Dio trasformato in un simbolo di morte».
Sì, l’Europa «tradisce i propri valori e rinnega la propria identità».
Tutto vero.
Tutto giusto.
Quest’Europa era lì in piazza.
Fra questi cristiani finalmente orgogliosi di esserlo c’era Abraham Foxman, il capo della Anti Defamation League americana: «La nostra voce sarà sempre forte dove ci sono cristiani oppressi e intimiditi», ha proclamato.
C’era il rabbino Di Segni, forte tempra di devoto di Benedetto XVI.
E c’era Riccardo Pacifici, portavoce della comunità ebraica romana, che ha detto: partecipare alla manifestazione significa «riaffermare valori che fanno parte della nostra Costituzione».
Quindi, chi non ha partecipato è un terrorista.
Pacifici riafferma ogni giorno i principi della Costituzione mantenendo ai suoi ordini le squadre di pestaggio ebraiche.
Ebraiche ma orgogliosamente cristiane, legali, costituzionali, divorate dalla passione per la libertà religiosa.

C’erano, ovviamente, molti politici.
Li segnala l’Ansa: «In prima fila, per il centrodestra, Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Rocco Buttiglione, Daniela Santanché, Sandro Bondi, Fabrizio Cicchitto, il governatore della Lombardia Roberto Formigoni con il gonfalone della Regione, Luca Volonté, Roberto Castelli, Marcello Pera, Paolo Bonaiuti, Antonio Tajani, Valentina Aprea, Enrico La Loggia, Elisabetta Gardini, Sandro Giovanardi, Maurizio Lupi tra gli altri; per il centrosinistra i presidenti di commissione Umberto Ranieri ed Ermete Realacci, Pierluigi Castagnetti, Khaled Fouad Allam, Enzo Carra, Mauro Fabris, Roberto Villetti, Luigi Bobba. C’é anche Savino Pezzotta».
Segnatevi i nomi di questi orgogliosi della loro ritrovata identità cristiana.
Sono i complici del genocidio di cui la nostra generazione è testimone, e che avviene sotto i nostri occhi.
Se migliaia di palestinesi non possono rientrare dall’Egitto e bivaccano da tre settimane al valico di Rafah senz’acqua, soldi né cibo, è anche grazie a loro.
Se il cadavere di una trentunenne madre di cinque figli non può essere sepolto a casa, è per loro merito.
Ricordateli, questi cristiani, almeno al momento di votare.

Se poi si voterà: ormai è Pacifici a vegliare sui «valori della nostra costituzione».
Pacifici e le sue squadre d’azione.
La piena democrazia ebraica, finalmente.

Maurizio Blondet




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Note
1) Dan Izenberg, «Israel ruining economy on Gaza strip», Jerusalem Post, 4 luglio 2007.




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mercoledì 4 luglio 2007

Università cattolica caccia docente ebreo


Articolo di Maurizio Blondet, immagine dall'archivio

Maurizio Blondet
04/07/2007
Ma non temete: nessun antisemitismo, nessuna discriminazione.
Il professore licenziato è Norman Finkelstein, il noto autore del saggio «L’industria dell'olocausto», dove il docente (che è storico di professione) ha documentato che la lobby ebraica strumentalizza la Shoah per giustificare le politiche (e le atrocità) di Israele.
L’università è la Ron Paul Catholic University, che ha dimesso Finkelstein nonostante le proteste di professori e studenti.
La Ron Paul, beninteso, non è una università pontificia, sotto il diretto controllo di Roma.
Tuttavia non è nemmeno una istituzione genericamente «cattolica» nel vago senso che è fondata è gestita da cattolici, e dunque indipendente dal Vaticano.
Infatti dal 1991, quando Giovanni Paolo II ha emanato la costituzione apostolica sulle università cattoliche (Ex Corde Ecclesiae), tutte le università che si dicono cattoliche sono obbligate ad obbedire al Vaticano sui temi «di morale e di fede».
E’ grazie a questa costituzione che l’università di Tubinga ha rimosso Hans Kung.
Ma Kung negava l’infallibilità pontificia, un punto dottrinale centrale.
Norman Finkelstein non nega l’olocausto (evidentemente, anche questo un dato divenuto centrale, per potersi dire cattolici).
Egli obietta, per citare le sue parole, «la dottrina che sostiene: poiché gli ebrei hanno sofferto in un modo unico, Israele non deve essere tenuta alle stesse norme morali e legali a cui sono tenuti gli altri popoli… ossia, l’olocausto nazista viene usato come strumento politico per far tacere le critiche sulle azioni di Israele nei Territori Occupati».
Non sembra una materia «di fede e di dottrina» sulla quale la libertà accademica di ricerca debba essere limitata dall’autorità dogmatica.
Non sembra che Finkelstein abbia sfidato un dogma cattolico.
Al massimo, ha esercitato la sua ricerca su un tema che un tempo la Chiesa diceva «opinabile», ossia discutibile - nel senso che è consentito discuterlo.

Di fatto, altri grandi storici hanno difeso Finkelstein dichiarando di condividere le sua opinione. Basti citare per tutti Avi Shlaim, israeliano e docente di relazioni internazionali ad Oxford, una delle massime autorità sul conflitto arabo-israeliano, e Raul Hillberg, considerato il fondatore degli studi sulla shoah (la sua opera principale è «The destruztion of european jews»).
Anche la maggioranza dei membri di facoltà alla Ron Paul ha votato a favore di Finkelstein.
Ma il professor Charles Sugar, membro del consiglio che all’università decide su promozioni e conferme, ha raccomandato la dismissione del docente, con la motivazione che i lavori di ricerca di Finkelstein, benchè «adeguati», sono scritti in uno stile «spesso incivile, irrispettoso, acceso». Ragion per cui Finkelstein mancherebbe ai «valori della collegialità».
La American Association of University Professors ha ribattuto che il criterio della mancata «collegialità» è spesso usato per scopi punitivi, disciplinari e pregiudiziali, essendo il termine soggetto alle più vaste interpretazioni.
Invano: Finkelstein è stato cacciato, senza una motivazione scritta.
La realtà è che l’università ha ceduto ad una ben precisa intimidazione.
Alan Dershowitz, ebreo, professore di diritto ad Harvard (è il più autorevole promotore della legalità giuridica della tortura contro i sospetti di «terrorismo islamico») ha montato, anche sulle pagine del Wall Street Journal, una campagna forsennata contro Finkelstein.
Ha accusato Finkelstein di antisemitismo.
Inoltre, ha spedito una lettera ai membri di facoltà della Ron Paul chiedendo loro di votare contro il loro collega.
Evidentemente non è stata la sola missiva che ha raggiunto l’università; secondo l’uso nella nota lobby, una profluvie di telefonate, lettere, minacce di ritirare fondi e donazioni è seguita al segnale di Dershowitz.
«E’ stata una vera e propria campagna», ha dichiarato Raul Hillberg.
Ha partecipato alla campagna diffamatoria anche il MEMRI (Middle East Media Research Institute), una nota agenzia che traduce articoli da giornali arabi e iraniani in inglese, sì da offrire ai media occidentali le pezze d’appoggio per una «informazione corretta» sulla barbarie musulmana.

Finkelstein ha replicato che il MEMRI è praticamente il Mossad.
Pura verità, essendo l’agenzia di informazione veridica fondata dal colonnello Ygal Carmon, già ufficiale dell’intelligence israeliana.
La replica dev’essere stata considerata «incivile e irrispettosa» ed ha precipitato la decisione dell’università vicina al cuore della Chiesa (Ex Corde Ecclesiae).
Ciò vuol dire che la fede nell’unicità dell’olocausto è diventata un dogma cattolico, e Finkelstein un ebreo cattivo perché eretico.
Aspettiamo con ansia la revisione del «Credo»: «Io credo in una sola Shoah…».
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domenica 1 luglio 2007

Diritto al voto?


Confrontandomi con un amico di idee quasi totalmente opposte,abbiamo recentemente trovato un punto di unione che mi ha fatto riflettere.
Il diritto al voto deve essere considerato naturale o acquisito?
In effetti riflettendo sulla società attuale,non è difficile vedere la dilagante maleducazione,la crassa ignoranza, la sfacciata menzogna legalizzata e il crescente imbarbarimento.
Ragionavamo sulla necessità di arginare la forza politica delle scimmie antropoidi,ma siamo arrivati alla conclusioni che ad esempio il consorzio di 5 ultrà teppisti coalizzati a votare hanno il potere di coprire in modo tale il mio voto da non permettermi voce nemmeno in opposizione.
I nuovi barbari odierni(stragrande maggioranza della popolazione),inevitabilmente attratti dai loro simili di spicco,tendono a votare loro.
Il problema è che codeste bestie,essendo totalmente incapaci di vedere quale sia il loro bene,si autodanneggiano danneggiando altresì anche coloro che hanno un'idea,una strada da seguire per il bene comune.
Costoro,evidentemente di spicco,vengono invece emarginati,derisi per la propria eventuale cultura e tacciati di denigrazione pubblica.
Di recente questa persona è stata tacciata di "intellettualismo" mentre in piazza spiegava il concetto di "classe aurea" di Platone. Il bucolico avventore,brandendo la spada della libertà ha osato dire "Non puoi imporre le tue idee agli altri!Devi rispettare le idee altrui!".
Idee? Quali idee? Il concetto quello è,che cosa vuoi discuterci di sopra? Cosa significa tutto ciò?

Questo ragazzo prospettava una sorta di patente di voto,ma la cosa potrebbe risultare un'arma a doppio taglio. La mia proposta invece è diversa,e si fonda sul fatto che tali bestie sono facilmente confuse.
1)Concedere il diritto al voto esclusivamente ad individui con titolo di studio pari almeno alle medie superiori con un valore di 61/100 (in modo da escludere le promozioni regalo a gente culturalmente o mentalmente poco dotata o a comuni fancazzisti)
2)Tolto vita natural durante il diritto al voto a chiunque sia condannato in via definitiva e all'ultimo grado per un qualunque reato penale
3)Voto Ponderato: partendo dalla base di un voto,potremmo aumentare la voce in capitolo per persone evidentemente più capaci quali
a)titoli di studio maggiori
b)Produttività lavorativa
c)Comportamenti socialmente esemplari
e quant'altro fino ad un valore massimo di 5.
Per potersi presentare come candidato bisognerebbe poter smuovere da soli quanto meno 4 voti personali.

Pensate che in questa maniera Mastella si sarebbe trovato così facilmente Ministro?
Previti e Dell'Utri percepirebbero ancora lo stipendio da parlamentari?