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mercoledì 5 novembre 2008

Lavori in corso


Ci scusiamo con i lettori per la lunga pausa dai lavori sul blog. Problemi tecnici e non ci stanno tenendo fuori dalla rete da molto tempo.
I lavori riprenderanno assiduamente a Dicembre.
Il blog resta comunque attivo e disponibile a qualsiasi commento o intervento.

Se qualcuno volesse scrivere un articolo può mandarlo a gemelli.neri@hotmail.it. Sarà nostra premura leggerlo e, se in linea con lo spirito del nostro blog, lo pubblicheremo senza difficoltà.

martedì 26 agosto 2008

Martiri

E' guerra anche in India. Una guerra che non ha fame di terra, ma di anime.
E' guerra di religione e le prede sono cristiane.
I fanatici indù hanno dato alle fiamme un orfanotrofio.
Gli obiettivi erano i bambini.
Il lavoro affannoso delle suore e dei sacerdoti ha salvato tutti i bambini, ma nulla si è potuto fare per un uomo e una suora.
Lei, di soli 22 anni, è stata l'ultima ad andare verso l'uscita, preoccupata di salvare tutti i bambini che la struttura ospitava. Non ha fatto in tempo. Le fiamme hanno divorato le sue carni dandole una morte atroce.

Le agenzie parlano di suore stuprate. L'infamia dello stupro, già immensa su una laica, su una suora che ha dedicato a Dio la sua castità, riecheggia come un grido infernale.

Colpire un orfanotrofio suscita una rabbia difficile da arginare. Proprio l'India, che tanto ha avuto dalle religiose cattoliche. Servizio ospedaliero gratuito per i malati, scuole per bambini poveri e orfanotrofi per i più sfortunati. Gente che serve i poveri dal basso, non con le elemosine a migliaia di chilometri di distanza, ma sporcando l'abito di fango, sangue e merda.
Piccole donne, consacrate a Dio, che hanno commosso il mondo col loro servizio ai poveri d'India. Nobel per la Pace nel 1979.
Può un odio essere così acceso da far dimenticare tutto questo?

Ancora Orissa brucia di fiamme e odio.
I teschi di Osura, feroce ornamento della collana di Kali, vomitano ancora sangue.
Un orfanotrofio si consuma sotto i morsi di un fuoco pagano.
Restano su terra arsa lacrime di bimbi, orfani di padre, di madre e di tetto.
Restano su terra arsa carni di cristiano, incoronate dalla grazia del martirio.

sabato 19 luglio 2008

Anniversario della morte di Borsellino



In ricordo di chi ha lottato contro la mafia non dai salotti bene della tv, ma lavorando sul territorio.

Adesso siamo in molti, con diversissimo credo politico, a manifestare assieme contro la mafia. Impensabile fino a 20 anni fa.

Un ringraziamento per aver acceso nei cuori dei siciliani la fiaccola della speranza e per averci dato il coraggio di camminare a testa alta senza mai piegare il ginocchio al padrino.

sabato 5 luglio 2008

Berlusconi nella trappola del suo inferno


Dunque Berlusconi ha appeso il governo – un governo che fa benino – alla sua erezione. Oltretutto pericolante, è dato capire. Erezione da settantenne, dipendente quindi da molti accorgimenti.

Rispondo a quei lettori fanatici cui la definizione di Berlusconi come «Salame» pare ancora filo-berlusconismo mascherato, e continuano a ripetere che quello è un mascalzone, un disonesto e un dittatore (1).

Un disonesto normale, un dittatore o aspirante tale, regala all’ennesima velina o passerina con cui va a letto un brillante a 22 carati, pellicce di zibellino, un attico a Montparnasse. Solo un Salame assegna alla passerina un ministero, si fa inoltre intercettare mentre ne vanta le qualità saffiche, mettendo così nelle mani dei suoi nemici la conferma del loro argomento principale: Berlusconi usa la politica per suo privato piacere, per lui è un tutt’uno.

Solo un Salame può strillare sul «gossip», ossia non capire che s’è reso indifendibile: sulle questioni «di gnocca» (per dirla alla Feltri), gli italiani sono indulgenti. Ma quando l’amante delle «gnocche» le mette al ministero a comandarci, allora non è più gossip, è la vergogna politica, la perdita di ogni minima autorità. Non ha più scuse. Deve anzi scusarsi coi suoi elettori.

Escano o no le intercettazioni, di cui tutti i media hanno almeno qualcosa e tutti ormai sanno tutto, Berlusconi – per un’erezione – s’è politicamente castrato. E ha castrato il tentativo di Tremonti e di Brunetta, e degli altri ministri non da letto, di riformare l’amministrazione pubblica inadempiente, di mettere al suo posto la casta giudiziaria.

S’è impiccato da sè alle sue ossessioni sessuali da persona anziana, gettando via un’occasione che all’elettorato italiano non si presenterà mai più. Il che conferma l’assunto di Talleyrand: essere un Salame, in politica, è peggio che essere un delinquente.

Mi si darà atto che avevo diagnosticato nel Salame una turba psichiatrica. Molti dei suoi atti si spiegano, avevo scritto, come sindrome maniaco-depressiva, con accento sul «maniacale»: facilismo euforico, eccessiva sicurezza di sè, vanterie sessuali, ottimismo immotivato, sventatezza da sottovalutazione dei problemi (già visto per Alitalia).

Oggi si manifesta il lato depressivo: sotto forma di pusillanimità. Dopo aver minacciato decreti e grandi battaglie mediatiche (andando a Matrix...) contro i giudici che lo perseguitano, rinuncia, si fa piccolo, si mette nelle mani di Napolitano che ha promesso di far sparire le intercettazioni, se lui lascia la Casta al potere reale.

«Con un capo impaurito dalle chiacchiere hard la maggioranza non avrà la forza di attuare il programma», scrive Feltri, e coglie il punto politico essenziale. Una notevolissima maggioranza di elettori l’avevano votato per quel programma necessario. Ora, letteralmente, il Salame ha rovinato tutto, anche se stesso.

Resta solo da decidere se quella del Salame sia più una malattia mentale o una malattia morale. Forse, l’una e l’altra. O l’una dipendente dall’altra.

Chiaramente, quell’assatanamento continuo, quel parlarne incessante e quel vantarsi ossessivo delle sue performances – tanto, si dice, da minargli la salute - è un modo infantile, patologico-salamesco, di esorcizzare il pensiero della morte, inevitabile e quotidiano dopo i 70: guardatemi, sono forte! Macchè vecchio, sono ancora giovane, guardate quanto mi tira! Mi tira tantissimo! Ogni donna mi cede! Brambille e Carfagne, le bastono tutte! (ma poi deve pagarle con un ministero, non basta nemmeno uno zibellino).

Addio riforme, separazione delle carriere, abbassamento della tutela indebita che il sindacato giudiziario si è arrogato sui poteri legislativo ed esecutivo.

Avvertimento per i lettori fanatici che mi accusano di berlusconismo: Berlusconi, il bersaglio del loro odio psichiatrico, cadrà, forse entro pochi mesi. Politicamente è già defunto. La Casta, che ha vinto, ce l’avremo sul collo per i secoli dei secoli; compresa quella magistratura di Napoli che non ha mai intercettato un camorrista sì che ha fatto di Napoli una discarica, ma ha trovato urgente intercettare le vanterie «di «Silvio» a «Fedele» sulle ragioni postribolari dell’ingresso di qualche ministra nel governo, sulle virtù di una giovane signora passata dallo «spettacolo alla politica». Via Silvio, la spazzatura fisica e morale di questo Paese resterà, vittoriosa, anzi invincibile.

A quei lettori che possono accoglierlo, fornisco – essendo la politica perdita – un consiglio spirituale: convertitevi da giovani, finchè la natura è flessibile. Come vedete dal lugubre esempio di «Silvio», da vecchi è quasi impossibile. Solo molto ipoteticamente la vecchiaia è saggezza, è seria e serena preparazione al giudizio eterno. Una vita lunga, mal vissuta, costruisce attorno ai vecchi malvissuti un muro di abitudini, vizii, ossessioni, che diventa sempre più duro e imperforabile; il karma, per dirla con i buddhisti, nell’età senile diventa un binario di ferro verso l’inferno, da cui ogni deviazione è impossibile salvo un miracolo.

Lo dico per esperienza anche personale. A parte che mi sono morti amici, che ho visto arrivare impenitenti all’agonia, incapaci di perdonare, di pentirsi, di smettere di fare ciò che facevano, fosse lavoro folle e ormai insensato, fosse sesso o altro vizio. Vedo la stessa rigidità in me. Prego per quei miei amici, spero – anche per loro – la chiara visione che la Misericordia divina può dare negli ultimi istanti. Ma se fossi in voi, non ci farei conto; imparate da giovani a morire bene.

Vedete Berlusconi, come s’è intrappolato nel suo labirinto, che s’è costruito a forza di «successi» e di «veline»: quello è già il suo inferno personale, il suo eterno lager, e solo perchè è un Salame lo scambia per un quasi-paradiso.



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1) Come esempio di uno di questi lettori accecati, e offensivi, eccon una lettera che ho ricevuto dopo l’articolo «CSM come la Comune»: «Con questa analisi lei perde molta credibilità signor Blondet. La credevo più intellettualmente onesto, e che la sua logica fosse immune da interferenze di natura ideologica. Invece non è affatto così. Anzi probabilmente antipatie, simpatie, affinità politiche, sono i principali motori e assiomi che le fanno costruire i suoi articoli. Questo la porta spesso a centrare il bersaglio, ma per puro caso, e comunque, evidentemente con una logica fallace. Questo articolo ad esempio è mosso da una cecità selettiva. Non posso credere a quello che ho letto. Come posso poi affidarmi ai suoi articoli sulle malefatte dell'America, di Israele, sull'undici settembre (argomenti su cui tendenzialmente la penso come lei. Ma spero di avere certe convinzioni non in base a simpatie o antipatie, quanto piuttosto criteri oggettivi...)? La verità è che Berlusconi le piace, le piace (per ovvie ragioni) la figura dell'uomo forte, non riesce a vedere le cose come stanno (o se le vede non le trova così deplorevoli, e per di più le omette) per le molte affinità che questo signore ha con la figura del dittatore. Anche se si tratta di un dittatore moderno, che usa metodi moderni, e si nasconde dietro i simulacri di istituzioni democratiche. E se non riesce a negare la sua natura, perché non esiste logica che lo permette, allora lo fa passare per non abbastanza forte, per vittima di un attacco, che, al di là dei moralismi, è figlio di una semplice lotta politica... non c'è che dire... Qui per fortuna non stiamo parlando di Iran, Israele, o USA, qui ci vivo anche io, e ho vari strumenti per farmi un'idea della realtà in cui vivo. Questo mi da modo di confrontare la sua logica con la mia, i suoi assiomi con i miei. Mi permette di giudicarla. Cosa che, quando si parla di geopolitica, non ho la capacità di fare. Con questi articoli posso capire chi è lei veramente... Sono sconvolto dalla sua analisi... A questo punto spero che lei si concentri su questi temi e la smetta di scrivere articoli sulla situazione internazionale. Lei dimostra di non essere onesto (intelletualmente parlando), per cui non può fare un buon servizio alla causa».
La disonestà intellettuale è tutta del lettore. E’ lui che è mosso da «affinità politiche» che non si confessa, e in più non capisce che il nodo politico italiano centrale è lo scontro fra poteri, in cui il potere non-eletto ha preso il controllo dei poteri eletti. Spero per lui che sia in malafede. Altrimenti devo invitarlo a frenare la sua naturale stupidità. Si occupi d’altro, in ogni caso. Il suo moralismo anti-berlusconiano nasconde la volontà di difendere i privilegi della Casta parassitaria. Si dice: sarei d’accordo sulle riforme della giustizia, se non le facesse un disonesto, uno che è pieno di scheletri nell’armadio. Insomma, si accetteranno le riforme solo quando, a farle, scenderanno in campo San Michele Arcangelo e l’Immacolata. Campa cavallo, naturalmente. Nel frattempo, si lascia tutto il potere ai non-immacolati che intercettano chi vogliono loro, e non intercettano chi devono.



Maurizio Blondet da www.effedieffe.com

Superiorità morale


Mi viene segnalato un articolo tratto da Ma'ariv, un giornale ebraico.
A Betlemme un ragazzo palestinese di 18 anni ha subito il fuoco delle armi ebraiche.
A dispetto della tregua, da poco firmata, ma ormai più volte violata dal popolo eletto.
I soccorsi sono stati inutili, il ragazzo è deceduto, ma dalla sua morte nasce uno straordinario gesto d'amore che commuove.

Il padre ha deciso di procedere con la donazione degli organi. Questo gesto ha salvato la vita di 6 ebrei.
La dichiarazione del padre: All'inizio è stato difficile per me, ma Dio m'ha ispirato a prendere la decisione giusta di aiutare i pazienti con la donazione degli organi di mio figlio. Sono felice di questa decisione e non v'è differenza tra paziente arabi o ebrei. La mia sola intenzione è aiutarli e non voglio neanche sapere la loro identità.

E' questo quello che fa grande un popolo. Rispondere alla morte con la vita non ha nulla di naturale. E' molto di più.

Un giorno il mondo capirà dov'è la ragione in Palestina. Basta solo sperare che ci sia ancora una Palestina da dover salvare.

venerdì 4 luglio 2008

Sessismo a bordo vasca


La plurititolata squadra di pallanuoto femminile di Catania, l'Orizzonte Catania, ha appena esonerato Giusi Malato, l'allenatrice, esclusivamente perchè è rimasta incinta!

L'Orizzonte Catania ha iniziato nel campionato nazionale nel 1985 con una giovanissima Giusi Malato in piscina.
I primi 7 anni vedono l'Orizzonte classificarsi sempre seconda.
Dopo Giusi cresce e diventa la più grande giocatrice di pallanuoto della storia. Più di quello che fu Pele o Maradona per il calcio.
Dal 1992 al 2006 lo scudetto non si è più mosso da Catania, sponda Orizzonte! Giusi trascinava la sua squadra a suon di gol!
Lo stradominio nel suolo italiano è supportato dalla superiorità in europa: l'Orizzonte mette in bacheca numero 8 Champions League!

L'abilità di Giusi è contagiosa: trasforma le ragazze dell'Orizzonte nel Setterosa. Setterosa che vincerà numerosi titoli europei e le Olimpiadi.

Giusi Malato è l'unica giocatrice femminile a vincere la calottina d'oro, trofeo paragonabile al pallone d'oro, solo che MASCHI E FEMMINE CORRONO INSIEME PER IL TITOLO!

Quest'anno è stata l'allenatrice dell'Orizzonte. Durante l'anno è rimasta incinta. Quando l'ha saputo, la società gli ha affiancato un allenatore in seconda per farle sentire il fiato sul collo.
Lei ha dato alla luce Diego tramite parto cesareo per riprendersi prima.
Alla fine dell'anno, come allenatrice, Giusi vince SCUDETTO E CHAMPIONS LEAGUE!

Eppure la società la esonera lo stesso. Una vergogna. Un esempio di mobbing che, probabilmente, avrebbe spinto all'aborto un'altra donna.

L'intera città di Catania si sta rivoltando contro la dirigenza della squadra.
Nonostante lo sport non sia certo un argomento principe di questo blog, è necessario dare massima visibilità all'accaduto.
Il presidente dell'Orizzonte deve nascondersi la faccia con le mani quando cammina per le strade di Catania.

Allego la lettera di Giusi.

Dopo qualche giorno di silenzio, durante il quale ho smaltito la delusione per il trattamento subito dalla società Orizzonte Catania di pallanuoto, ho deciso di dire la verità sull’esonero comunicatomi da parte della dirigenza.

Da donna, da mamma e da sportiva che conosce e rispetta i sani principi della competizione agonistica, non posso che restare sorpresa, delusa, esterrefatta nel rileggere le motivazioni per le quali sono stata allontanata.

Sorpresa perché, se non sbaglio, in questa stagione, l’Orizzonte ha vinto sia lo scudetto che la Coppa Campioni.
Delusa perché non mi aspettavo, sul piano umano, soprattutto, un trattamento simile da gente con cui ho condiviso un sesto della mia giornata. Esterrefatta nel leggere le dichiarazioni sulla mia colpevole maternità. Colpevole di aver dato alla luce mio figlio. Colpevole e, dunque, non in grado di gestire una stagione agonistica ai massimi livelli.

Mi chiedo, allora: i 24 anni in cui ho dato tutto, ma proprio tutto alla mia società, da atleta innamorata dei colori di Catania, sono stati dimenticati? Spero almeno che sia accaduto questo nella mente di persone che da un lato mi sorridevano e gioivano con me dopo ogni successo. Dall’altro, evidentemente, covavano un tradimento che non ritengo grave sul piano sportivo, ma quasi esclusivamente sul piano umano.

In questi anni, in acqua o a bordo vasca, sono stata orgogliosa di portare in alto non solo la pallanuoto, ma anche il nome della mia città. Tanto orgogliosa che ho sacrificato anche tutti i mesi della mia gravidanza, fino al momento del parto. Addirittura, ho deciso di far nascere Diego, d’accordo i medici, con un parto cesareo per tenere fede ai miei impegni professionali e per continuare, orgogliosa più che mai, la rincorsa verso il successo in Coppa Campioni.

Non vi dico cosa provo da donna: nascondere i propri pensieri reali dietro un evento, per me e per i miei amici veri, lietissimo, come la nascita di mio figlio Diego, è una vigliaccheria: non si può costruire un castello solido sulla sabbia.

Ai dirigenti dico soltanto una cosa: ai vostri figli spero diate un esempio diverso, certamente più educativo, di quello che ho ricevuto io. Sul piano sportivo, visto che vivo in questo mondo da molti anni, so benissimo che la scelta di incaricare un altro allenatore covava da tempo e che l’incarico a Formiconi è stato pensato prima della fine della stagione, quando io sono stata affiancata da Pier Luigi. Mi è stato detto che era una piccola precauzione per non restare scoperti nel caso in cui avessi partorito nei giorni della partita. Invece sono stata trattata come la peggiore persona al mondo.
Tradita dagli amici più sorridenti e gentili, almeno dinanzi a me. Tanto gentili che mi avevano proposto di allenare il vivaio. Incarico nobilissimo, ma altrettanto dispendioso sul piano dell’impegno e durissimo su quello tecnico. Per dirla in altre parole: l’applicazione per un allenatore è massima sia in A1 che con i ragazzi che arrivano in piscina il primo giorno. Io la penso così.

Insomma, bugie su bugie per coprire mosse strategiche che, per carità, sono più che legittime. Quel che mi preme ribadire è che, dopo molti anni di impegno (a prescindere dai successi, grazie al cielo arrivati in gran numero) pensavo di meritare un trattamento diverso. Non solo io, ma soprattutto la mia famiglia, offesa, anche derisa pubblicamente se è vero che io avrei dovuto lasciare la squadra per occuparmi 24 ore su 24 dei miei affetti.

Ringrazio innanzitutto i catanesi, commossa ancora oggi, per quell’applauso di tutto lo stadio Massimino tributato a Giusi Malato in quanto simbolo della città che trionfava. Grazie ai dirigenti per l’opportunità che mi è stata concessa: allenare l’Orizzonte di Catania è stato un onore e mi ha arricchito sul piano tecnico e umano, nonostante questo trattamento finale.
Alle ragazze rinnovo il grazie per l’impegno e il sostegno, ma anche per il grande affetto che mi unisce ancor oggi a tutte loro e ribadisco il più grande in bocca al lupo per le successive stagioni. A Formiconi, che è stato mio allenatore, auguro buon lavoro.
Ai dirigenti chiedo di essere umanamente più onesti, in futuro, ma rinnovo la mia sfida. Forse ci rivedremo, stavolta da avversari.

Giusi Malato

martedì 1 luglio 2008

Sulle impronte dei bambini ROM


Maroni (inteso come il nostro ministro dell'Interno) propone di prendere le impronte digitali dei bambini ROM che risiedono sul suolo italiano.
Il censimento inizierà il 10 Luglio.
La teoria è quella di tenere sotto controllo l'emergenza ROM.

E' chiaro che stiamo parlando dei deliri di un folle.
I bambini, che innegabilmente commettono dei reati, sono vittime degli adulti della comunità che li costringono (anche sotto minacce) a perpetrarli.
Mi chiedo che vantaggi possa portare schedare i bambini.
Esclusivamente quello di rendere ancor più vittime, le vittime.

In Romania il 10% della popolazione è di etnia ROM eppure non avvertono la nostra stessa emergenza.
Il segreto sta nella loro politica interna (loro hanno David, non maroni).
La romania importa cervelli e lavoratori onesti. Esporta criminali e impedisce la formazione di campi nomadi.

Se i nomadi entrano e si stabilizzano compiono reati. Non è difficile arrivarci.
La soluzione è impedirne l'ingresso.
Che entrino solo quelli che hanno un lavoro.
Chi ha un lavoro può permettersi un affitto. E vivere in una comunità civile consente una sana integrazione.

La proposta di Maroni non è solo razzista, ma anche
1) INUTILE in quanto non darebbe alcun vantaggio oggettivo
2) CONTROPRODUCENTE, si creerebbe infatti un clima di odio. I bambini crescerebbero in odio al paese che li ospita diventando dei pericoli sociali.

Il problema ROM esiste ed è concreto. Il problema è l'organo con cui risolverlo.
I più, ai maroni, preferiscono il cervello.

martedì 24 giugno 2008

Quanto vale la parola di Israele?

Pochi giorni fa si era stabilita la tregua di 6 mesi in Terra Santa. L'incontro tra Israele e Hamas era moderato dall'Egitto e ambedue le forze avevano accettato di buon grado.

Ieri sera, l'esercito dei circoncisi ha fatto irruzione a Nablus in Cisgiordania uccidendo 2 studenti Palestinesi di 21 anni.
La notizia non suscita molto interesse da parte dei media. I pochi che ne parlano si affrettano a dire che, però, dopo l'arresto è stato lanciato un razzo qassam (un cilindro di 15 cm spesso privo di tritolo) in Israele. Non ci sono state vittime nè feriti, ma va ricordato per giustificare la violenza di Israele.

E' ormai da ingenui fidarsi della parola dei semiti. Nessuno di noi credeva ad una tregua duratura, ma non credevo nemmeno in un periodo così breve.

La strategia è chiara: la guerra innanzitutto è psicologica. Tutti devono temere di morire da un momento all'altro. Non deve esserci un attimo di serenità, anche quando questa viene promessa. L'obiettivo non è la conquista della Palestina, ma l'annientamento dei palestinesi.

L'occidente tollera e copre. Complice di uno sterminio che non accenna a finire.

domenica 15 giugno 2008

L'uomo indesiderato

Uno studio del 2007 mostra come il finanziamento pubblico aumenta la richiesta degli aborti.
Secondo alcuni studi sociologici l'aborto illegale si traduce nella riduzione di 1/3 del numero di aborti.
Secondo questa stima quindi nel 2004
45571 feti non sarebbero stati abortiti e quindi 45571 bambini sarebbero nati
91144 donne avrebbero comunque abortito in clandestinità.

Secondo L'Organizzazione Mondiale della Sanità, nei paesi sviluppati, l'aborto clandestino si correla ad una mortalità materna pari allo 0,03%. Una donna ogni 3700 aborti.

Delle 91144 ne sarebbero quindi morte 25 contro 45571 bambini nati.
Una donna per 1823 bambini.
Tradotto in termini bellici l'aborto clandestino sarebbe un pò come un colpo di pistola. L'aborto legale è invece paragonabile ad una strage 3 volte superiore a quella delle fosse Ardeatine.
E pensare che la soluzione ad ambedue queste tragedie sarebbe solo aiutare psicologicamente ed economicamente la donna a portare avanti la gravidanza.

Tutto questo potete trovarlo nel libro di Renzo Puccetti "L'uomo indesiderato". I Gemelli Neri ne consigliano la lettura.

sabato 14 giugno 2008

La buona battaglia

Sollecitato da un blogger irrispettoso nei confronti della Chiesa e della religione cattolica, apro questa discussione. Sono pronto alla discussione, sull'argomento che si vorrà scegliere.

Prometto che non ci saranno censure, ma si gioca in casa mia perchè devo tutelare la discussione.
Verrà cancellato ogni messaggio contenente una bestemmia.
Non ne voglio leggere assolutamente. Sul mio blog sono in grado di impedirne la presenza.
Educazione e civiltà poi sono le regole principi che spero verranno rispettate.

Ripeto, non voglio certo pubblicità. Me ne frego, ho già la mia visibilità e non ho alcun interesse ad avere più accessi al blog: non ci becco una lira. Ma questo blog è stato aperto anche per poter dare un minimo di insegnamento e testimonianza alla gente.
Il dibattito che ne nascerà potrà essere utile.

Mi sembra che tutto sia nato da una discussione sull'aborto.
Bene, la buona battaglia può aver inizio.

mercoledì 7 maggio 2008

Lezioni di neolingua

L'ignoranza è forza, la schiavitù è libertà e la guerra è pace...
Berlusconi ha scritto:
«Il compleanno di Israele è il compleanno di tutti noi».


Il potere di Israele è il potere di tutti noi

Berlusconi ha scritto:
«Si tratta di una memoria del tutto particolare - scrive - che non accusa e non cerca vendetta, che viene anzi proposta al prossimo come tradizione comune di tutta l’umanità. Ciascuno di noi che ha con sé ricordi, principi e speranze è un discendente di Abramo e in tutti noi c’è un poco dei figli di Israele».


Si tratta di una memoria del tutto particolare - scrive - che accusa e cerca vendetta, che viene anzi imposta al prossimo come colpa collettiva di tutta l’umanità. Ciascuno di noi che ha con sé ricordi, principi e speranze è un discendente non sprituale di Abramo e in tutti noi c’è un poco di pensiero massonico e filosionista, ossia anticristico.


Berlusconi ha scritto:
«Questa è la storia di un popolo che lavora in continuazione sia nei momenti felici, sia nelle traversie - aggiunge Berlusconi - e che ha saputo preservare le tradizioni e costumi antichi in ogni tempo e in ogni luogo. Pur essendo uno Stato giovane (“democrazia nel cuore del Medio Oriente”) è difficile pensare a un Paese che abbia simile consapevolezza della profondità delle proprie radici e egualmente rifletta una sofferenza indimenticabile e una speranza che non si affievolirà».


Questa è la storia di un popolo che lavora in continuazione sia nei momenti felici, sia nelle traversie e che ha saputo preservare le tradizioni e costumi gnostico sincretisti in ogni tempo e in ogni luogo. Pur essendo uno Stato giovane (“plutocrazia nel cuore del Medio Oriente”) è difficile pensare a un Paese che abbia simile consapevolezza della profondità delle proprie radici anticristiche ed egualmente rifletta una sete totale di odio ed una speranza di conquista e sottomissione.


Berlusconi ha scritto:
«Come tale può essere oggetto di studio e metro di paragone per i vicini. Libertà e democrazia non sono mete acquisite una volta per tutte e vanno curate con dedizione quotidiana. Questo Paese rappresenta una lezione e un esempio che, pur tra le difficoltà e la logica delle lotte politiche, si sta diffondendo in Medio Oriente».


Come tale deve essere oggetto di venerazione e paragone per i vicini. Schiavitù e demagogia non sono mete acquisite una volta per tutte e vanno curate con dedizione quotidiana (nel controllo mentale e nella faslificazione della storia). Questo Paese rappresenta una lezione e un esempio (su come attuarli) che, pur tra le difficoltà e la logica delle lotte politiche, si sta diffondendo in Medio Oriente...

Berlusconi ha scritto:
«Con la sua dialettica tra i partiti, gli accesi dibattiti parlamentari, le crisi di governo, Israele rappresenta una sfida e un termine di paragone per i vicini, ancora alla ricerca di una identità che non sia frutto di sopraffazione»


Con la sua dialettica di facciata tra i partiti, gli accesi dibattiti nel chiuso delle logge, le finte crisi di governo, Israele rappresenta una minaccia e un ultimatum di sottomissione per i vicini, ancora alla ricerca dell'accetazione della loro identità di sopraffatti.


l'ambasciatore Gideon Meir ha scritto:
presentando le manifestazioni artistiche e culturali che si svolgeranno nel nostro Paese per festeggiare lo Stato «amico». «Vogliamo mostrare il vero volto d’Israele diverso dalle immagini di guerra dei telegiornali. Il volto di un Paese che in 60 anni di vita ha saputo creare un miracolo economico, tecnologico, scientifico e di fioritura artistica».


presentando le manifestazioni artistiche e culturali che si svolgeranno nel nostro Paese per festeggiare lo Stato «canaglia». "Vogliamo mostrare il vero volto d’Israele, identico alle immagini di guerra dei telegiornali. Il volto di un Paese che in 60 anni di vita ha saputo creare attraverso il furto della terra altrui, ed il tarpamento economico dei paesi vicini per mezzo di indiscriminati attacchi militari, una supremazia economica, tecnologica, scientifica e di mostruisità artistico-massonica."

Filius Mariae

venerdì 25 aprile 2008

Sul 25 Aprile


Come da copione, domani 25 Aprile si ripeteranno in tutta Italia le
celebrazioni della cosiddetta festa della Liberazione. La solita
retorica ed ipocrita celebrazione di quella che in realtà fu una
sconfitta militare, fatta da gente che avrebbe ben poco da vantarsi,
da dar lezioni, e molti scheletri nell'armadio da nascondere.
Non ce ne vogliano ex-comunisti e democristiani, ma proprio non
riusciamo a far parte di questo carrozzone, proprio non riusciamo ad
adeguarci al coro dei "politicamente corretti" che vorrebbero
festeggiare l'epilogo tragico di una guerra, combattuta proprio contro
coloro che chiamano liberatori...pensiamo che solo un popolo "schiavo"
può chiamare liberatori gli occupanti.


Non riusciamo a chiamarli liberatori perchè sappiamo che dietro la
loro partecipazione alla guerra c'erano enormi interessi di una
minoranza di potenti, e non la volontà di liberare l'Italia(e da cosa
poi? dal governo con più consenso della storia?). E la storia seguente
la seconda guerra mondiale ce ne da la conferma, da li in poi gli
americani hanno continuato a far guerre in giro per il mondo, sempre
per interessi poco economici, come per il petrolio del medio-oriente,
cercando di mascherare il tutto con le parole libertà e
democrazia(alla faccia...).


Parliamo degli americani e non dei partigiani, perchè se proprio ci ha
"liberato" qualcuno, questi son stati gli alleati. Alla storia dei
partigiani liberatori ci auguriamo che nessuno dotato di buon senso
creda più....anche se continuano purtroppo ad essere osannati come
tali, come continuano ad essere chiamati eroi, quando molte delle loro
gesta sono associabili come minimo alla vigliaccheria.


No non abbiamo proprio nulla da festeggiare il 25 aprile, come ha poco
da festeggiare l'Italia dei precari, dei mutui usurai, della gente col
problema casa, dei salari bassi, dell'insicurezza, del popolo che se
ne frega dei valori costituzionali e della liberazione, perchè ha
altre cose a cui pensare, perchè non tutti percepiscono le pensioni
milionarie di Ciampi, Scalfaro e Napolitano, c'è anche chi deve
pensare a tirare avanti in qualche modo nonostante tutto.


Ci auguriamo quindi che questa "festa" venga abolita quanto prima, ne
gioverebbero anche le casse statali, e sarebbe l'unico modo per
avvicinarsi ad una pacificazione tra vincitori e vinti di cui spesso
si è parlato.


Nell'attesa non possiamo non ricordare i caduti "dalla parte
sbagliata", quelli le autorità non ricordano: i tanti innocenti caduti
sotto i bombardamenti americani ed inglesi, le 60 mila donne e bambine violentate dagli alleati, gli infoibati e tutte le vittime della
ferocia comunista e partigiana, e tutti i soldati della Repubblica
Social caduti per difendere l'onore tradito, la loro patria ed un'idea
assoluta, continuando a combattere anche quando tutto ormai era
perduto.
Per loro: Onore e Gloria!

mail segnalata da Kattoliko.

venerdì 18 aprile 2008

Elezioni 2008


Alla fine delle elezioni è tempo di tirare le somme. Berlusconi stravince, Veltroni perde, gli altri straperdono.
Probabilmente la vittoria di Berlusconi si rivelerà il male minore.
Comunque non posso dirmi soddisfatto visto che se da un lato verranno tutelati di più (ma senza troppa enfasi) i valori etici, dall'altro possiamo prepararci al servo-sionismo più vergognoso ed alle politiche filoamericane che ormai sono poco rappresentate negli stessi USA.
La Lega trionfa su tutti. Ed è un successo pericoloso. Il cosiddetto federalismo è una patata bollente. Se mal realizzato può consegnare il meridione nelle mani della criminalità organizzata. E di certo i leghisti con la loro volgarità sguaiata e le frasi violente non mi fanno certo credere che si possa affidare nelle loro mani una così delicata questione.
Veltroni subisce una batosta che non mi ha sorpreso. Ripresentava gli stessi uomini del ridicolo governo Prodi. Ha puntato tutto sull'amnesia del popolo italiano, ma stavolta le ferite lasciate dallo scorso governo sono veramente profonde e dolorose. Il popolo ha valutato e ha punito.
Casini e la sua "cosa bianca" ha subito una sconfitta importante. Ma comunque ha avuto modo di trovare un comodo posto a sedere per Cuffaro. No comment.
Peggio è andata agli opposti.
La Destra della Santanchè affonda. Mi risulta realmente difficile vedere nella Santanchè i valori del fascismo che ha cercato di pubblicizzare. Il risultato delle elezioni dimostra che non sono stato il solo a non essersi convinto.
Giuliano Ferrara si aspettava il 7%. E' arrivato allo 0,3%. Non c'è bisogno di aggiungere altro. A lui comunque l'onore delle armi per aver smosso le coscienze su un argomento importante come l'aborto.
Fiore con FN prende la stessa percentuale. Paga la cattiva fama (spesso ingiustificata) del suo partito. Gli auguriamo le migliori fortune come neo-europarlamentare.
Sinistra Arcobaleno, non pervenuta. Per la prima volta non ci saranno comunisti al governo. Molto più interessati alle loro battaglie contro i valori morali, hanno abbandonato i lavoratori operai ed eccone le conseguenze.
Vi sorprenderò: la cosa non mi fa affatto piacere. E' evidente che questo governo non sarà rappresentativo della popolazione.
Sicuramente non ha aiutato la frammentazione in partitini. Il partito comunista dei lavoratori da un lato e la sinistra critica dall'altro si sono separati per mantenere nel simbolo la falce e martello. Ambedue hanno raggiunto la stessa percentuale di sodio nell'acqua Lete.

Eccoci quindi con Berlusconi3. Aspettiamo di vedere all'opera questo governo: il tempo delle critiche verrà.

giovedì 10 aprile 2008

Orgia gay nell'Ultima Cena

E' il tema di un quadro esposto nel museo diocesano di Vienna. L'artista è Alfred Hrdlicka, autodefinitosi stalinista e ateo.
Non voglio certo pubblicare l'immagine di un quadro del genere: non voglio dargli alcuna visibilità e poi la mia ignoranza in campo artistico me lo fa giudicare una merda.
Di parere opposto è l'autore che, dopo essersi paragonato a Leonardo da Vinci, ha detto che sono secoli che nessuno crea un crocifisso meglio di lui.
Alla domanda del pubblico che chiedeva il perchè della scelta di rappresentare scene di orgia omosessuale nell'Ultima Cena, il vecchio blasfemo ha risposto: perchè non c'erano donne.
Assurdo il comportamento irresponsabile del vescovo di Vienna, il card. Schönborn: permettere l'esposizione di uno stalinista nel museo diocesano è già vergognoso. Si aggiunga che non ha avuto neanche l'accortezza di valutare le opere prima di esporle.
Erich Leitenberger, portavoce dell'arcidiocesi di Vienna, dopo lo scoppio del caso, si è affrettato a dire che la scelta di esporre certi quadri non significa approvare il contenuto delle opere.
Poi si supera con una frase trionfo di stupidità: ritengo un fatto positivo che artisti che non credono oppure che cercano ancora la risposta della fede si occupino di tematiche bibliche.
Leggendo una cosa del genere mi chiedo se il cardinale ci stia prendendo in giro o sia del tutto impazzito.
Michelangelo si è occupato di tematiche bibliche e i suoi nudi sono nella Cappella Sistina.
L'opera blasfema di Hrdlicka è indegna di un giornaletto pornografico da due lire.
Che Hrdlicka dipinga tutto ciò che vuole negli ultimi mesi che Dio vorrà concedergli. Ma che un cardinale commetta l'errore di esporre feccia del genere non può passare impunito.

mercoledì 9 aprile 2008

Ufficio di Collocamento



UDC:Ufficio di Collocamento e non certo unione democratici cristiani. Perchè più passa il tempo e meno credibile diventa la parola "cristiano" quando si parla del partito di Casini. Lui stesso incluso, il plurisposato con la faccia tosta di parlare della sacralità della famiglia nel più classico del predicare bene e razzolare male.
E che dire dell'ex governatore della Sicilia Cuffaro,da lui protetto dall'accusa di favoreggiamento mafioso e premiato con la promessa di rappresentare i senatori UDC al prossimo governo per essere stato condannato al favoreggiamento di mafiosi e non direttamente di cosa nostra.
Non dimentichiamoci nemmeno le perle d'uomini che sono Vito Bonsignore,condannato a 2 anni per lo scandalo della banca Antonveneta e Aldo Patriciello,condannato in via definitiva per finanziamento illecito e rinviato a giudizio per truffa aggravata in concorso, abuso d'ufficio e malversazione ai danni dello Stato.
Tutti certamente non perle come cristiani,ma ben collocati: chi al senato,chi alla camera,chi al parlamento europeo.
E adesso eccoci qua,con questa nuova perla: tale Maximo,un candidato gay sedicente convertitosi. Non sappiamo certamente a che punto sia la sua conversione,ma certamente sappiamo da che punto partiva: per accertarsene basta cliccare qui.

Quindi,prima di sperperare il voto cristiano votando solo chi dice di esserlo,guardatevi in giro:la coerenza e la testimonianza con la propria vita prima di tutto.

martedì 8 aprile 2008

Importazioni dalla Romania


Dai telegiornali di oggi apprendiamo che:
1) E' stato arrestato un RUMENO che,ubriaco,ha ucciso un turista travolgendolo con la macchina per poi andare tranquillamente in discoteca

2)4 RUMENI sono stati arrestati per aver torturato per 5 ore un anziano al fine di estorcergli i codici segreti di bancomat e carte di credito

3)Un ladro RUMENO querela un italiano per 100.000 € per giustificare la quarta diversa versione della modalità della sua ferita alla schiena: si è partiti da una puntura di insetto e si è arrivati ad un colpo di fucile che avrebbe fatto esplodere l'anziano vittima del furto per far scappare lui e il suo complice(versione assolutamente negata anche dai vicini che non hanno sentito alcuno sparo,ma solo le urla di paura della moglie della vittima del furto)

4)Un ladro dell'est europeo(non necessariamente rumeno) lega un'anziana 75enne nel proprio ristorante,la ferisce con una forbice e le ruba 1500€ e un cellulare. Fortunatamente i suoi camerieri questa mattina l'hanno salvata,ma non si è ritrovato il ladro.


Questo paese fa adesso parte della Comunità Europea. Un paese dal futuro ben più florido dell'Italia. Noi infatti esportiamo cervelli(negli USA o inghilterra) e industrie (in romania dove la tassazione è circa il 40% di quello che paghiamo in italia,essendo il paragone circa 50% per l'italia e 19% per la Romania). Importiamo in compenso ogni sorta di delinquenti immigrati.
E per evitare le accuse di razzismo siamo costretti a lunghi giri di parole che tendano a scindere i clandestini dai regolari,i rumeni dagli zingari e questi ultimi tra rom e sinti,che dicono essere poetici e georgici girovaghi.

La verità è che siamo il ventre molle d'europa,dove questi delinquenti la cui disperazione sembra per alcuni essere addirittura diventata una scusante per le loro indicibili violenze vengono a banchettare con furti,omicidi e stupri.

Di contro la Romania importa industrie ed esporta tutti i subumani. Loro si che hanno futuro.



Serve un governo forte che elimini questo falso umanitarismo che mostra carità verso i delinquenti e nessuna forma della stessa verso le vittime se si eccettua qualche lacrimuccia di coccodrillo e un telegramma di condoglianze.
Auguriamoci che tale sia il prossimo.

Ma diamo un'adeguata dimostrazione dei nostri bisogni. Non abbiate la perbenistica paura degli estremi,votate tutti in coscienza.
Ogni deviazione che "moderi" la Verità è una menzogna ed uno stupro della propria coscienza proporzionale a quanto ci si è discostati.

domenica 6 aprile 2008

Cultura vitale,democrazia e altro


«La vita deve essere colta ma la cultura deve essere vitale»: la frase di Ortega y Gasset è piaciuta a vari lettori. «In tutte le scuole si dovrebbe reintrodurre la filosofia... l’arte del porsi le domande», dice ad esempio il lettore Lorenzo, stimolato da quella frase. Ma aggiunge: «Poi magari è una mera illusione perche se insegnata da maestri ottusi in pochi avrebbe un barlume di effetto».

Eh sì, è questo l’effetto: abbiamo scuole e specie università che uccidono ogni desiderio di cultura. Giovani schiacciati da tomi (basta vedere quelli di medicina) di cui non si sa quanto resterà nella memoria, assillati da corsi su autori o temi marginali e minori, del tutto superflui, dalla moltiplicazione di «scienze specializzate»che sono solo moltiplicazioni di cattedre, da torreggianti saperi intimidatori e scoraggianti. Tutto questo «sapere» indigeribile e inassimilabile è fra le cause della regressione alla barbarie.

Trasmettere una cultura vitale dovrebbe cominciare con lo sfrondamento, la semplificazione, lo sforzo di fornire un senso unitario, che la mente umana, limitata, possa comprendere in sé. La missione dell’università, oggi, dovrebbe essere quella di strappare gli strati di cultura morta, le cortecce, le scorze e le concrezioni che si sono accumulate in un tronco antico di tremila anni, per giungere al midollo umido, dove ancora pulsa la linfa che porta le sostanze vitali.

Dice bene Lorenzo: la filosofia come originaria «arte di porsi le domande» è esattamente quel che viene trascurato dalle facoltà di filosofia. Certe domande, poi, furono vive e urgenti per la generazione che le formulò, ma oggi sono morte. Per fare un esempio, la pretesa di Cartesio di creare una scienza perfetta e integrale di tutto l’universo «dedotta dalle cause prime», a priori.
Un tentativo fatale, che per secoli ha impegnato il pensiero europeo nella costruzione di «sistemi» chiusi e totali.

Kant «deduce» le categorie, Hegel fa «passare necessariamente» lo Spirito da un «momento» all’altro con la dialettica, Marx spiega la storia e la società con la dialettica delle forze materiali… E s’intende ad ogni passo che questi filosofi ci pongono l’intimazione: l’umanità scelga tra me, oppure, la fine del pensiero. Tutto questo è, credo, defunto per questa generazione.

La fine dei sistemi totalitari - filosofie che hanno figliato ideologie e regimi totali - ci ha lasciati con una fascina di scorze e cortecce, e senza orientamento nel mondo. Forse bisogna ricominciare da Socrate, là dove pulsava la linfa: e non per porre le stesse domande che poneva Socrate (urgenti ai suoi tempi), ma per porre quelle che ci assillano «oggi». Per infondere negli studenti quel primordiale entusiasmo della scoperta di una nuova idea, di un nuovo principio o applicazione.

Ciò vale anche per l’arte. Quando costruì il campanile a Firenze, Giotto era subissato dalle osservazioni che i passanti, da sotto, gli facevano, dandogli consigli e criticando. Evidentemente, la gente sentiva il campanile come cosa propria. Com’è che oggi l’arte non interessa a nessuno? Che la gente - non pochi individui, ma la gente nel suo complesso - sopporta, nella propria città, il sorgere di mostri edilizi, sbilenchi e irridenti all’uomo, ordinati dal municipio?

Già il fatto che il committente di «arte» oggi sia il Comune, o insomma la burocrazia (il mostro freddo) oppure il Capitale la dice lunga sull’esproprio che abbiamo lasciato fare ai nostri danni. Per secoli, la committtenza dell’arte fu religiosa. Il tempio, la cattedrale e la chiesa «attraevano» a sé le arti, pittura, scultura, arazzi, arte del vetro, oreficeria, musica d’organo, in una pulsione unitaria e coerente, ciò che si dice lo stile.

Da molto tempo ormai il pittore di genio è senza committenti: il disperato Van Gogh provava a vendere i suoi quadri nelle osterie, ci pagava la pigione delle stamberghe. Più furbi, i suoi successori commerciali producono direttamente per le case d’asta. Hanno formato «avanguardie di massa» che vendono bene sul «mercato». Andy Warhol si vende per miliardi, ma tutti capiscono che con qualche macchina fototecnica ciascuno può farsi dei Warhol a decine.

Gli scultori producono per il cimitero, e sempre meno (la scultura costa). A cosa «serve» infatti una scultura? Chi se la mette nel trilocale biservizi? Magari qualche Goldman Sachs la ordina per l’atrio fastoso-templare della banca. Ma insomma questa forma d’arte è morta, insieme al tempio o al palazzo principesco. L’Europa non ha più arte.

Il suo linguaggio musicale, sviluppato per secoli, è ora abbandonato, lo sfrondo un po’ noioso
della «radio culturale», RAI3. Persino nel cinema dà poco o nulla, schiacciata dal linguaggio cinematografico americano egemone. Questa sterilità è un sintomo spaventoso, terminale: è come il moribondo che si volta contro il muro, non ha più niente da dire, niente da sperare.

L’espressione ben temperata ha ceduto all’afasia o al grido, per di più in una «lingua» straniera: la musica dal rap, la pittura ridotta a graffito del degrado newyorkese, l’architettura a un «decostruttivismo» che intenzionalmente vuole avvelenare chi passa nei paraggi. Vi si esprimono «personalità» incomplete, malevole, petulanti, patologiche e demoniache come quelle che ossessionano i malati mentali quando sentono le «voci». Ciò che ripetono infinitamente i graffiti e le musiche giovanili è il grido di Lucifero: «Non serviam», non servirò.

E infatti, a forza di rifiutarsi a servire Dio e l’uomo, l’arte non serve più a nulla. Anche per questo bisognerebbe recuperare il senso che la cultura, per essere vitale, deve essere «funzionale». La cultura viva è quella che «ci serve». Attenzione: non nel senso della pittura del realismo socialista, che serviva la propaganda del regime. In un altro senso, più profondo e immediato. Come dirlo?

Provo a dirlo così: ciascuno di noi è stato gettato nella vita come il naufrago è sbalzato fra le onde. Deve nuotare per sopravvivere. A ciò, gli occorrono buoni muscoli e buona salute organica, adrenalina dalle surrenali, insomma le funzioni vitali.

Orbene, la cultura è una di queste funzioni vitali, e va ricompresa tra le funzioni vitali. Non è un arredamento di lusso per anime belle, è qualcosa che ci serve per nuotare - per sopravvivere - nel complicato mondo odierno in tempesta.

In questo senso, non mi pare colga nel segno il lettore che scrive: ricordare Roma «è dire di fronte ai falsi maestri d’oggi: abbiamo una radice, non ci avete tolto la memoria». E’ un’idea accademica, ornamentale della cultura. Dobbiamo ristudiare continuamente Roma, certo: per capire, poniamo, come mai poteva dominare il suo vastissimo impero con così pochi soldati (quelli che gli americani hanno in Iraq); per capire cosa «funzionò» nell’impero, e come mai smise di «funzionare»; per capire le lotte del potere romano, che tanto possono illuminare le lotte del potere d’oggi; per capire come mai, nella decadenza, Roma seppe condurre la gestazione di un’altra civiltà, diversa ma a lei collegata come figlia. Insomma, lo studio è funzionale alle nostre urgenze vitali, o altrimenti è mitologia, posa o noia.

Recuperare la cultura come funzione vitale significa anche liberarla dai divieti. Oggi ci sono imposti divieti di pensare, in gran quantità: il fascismo fu il «male assoluto», quindi non pensatelo; la democrazia è sacra, non criticatela; Israele non è discutibile, altrimenti siete «antisemiti»; l’unione Europea non deve essere sottoposta a critica e nemmeno a referendum…

Questi divieti sono come l’asportazione delle surrenali: senza adrenalina, fiacchi, non ci arrabbiamo più, anzi ci sentiamo deboli e impotenti. E ci lasciamo condurre in carrozzzella dalla badante del potere costituito.

Dovrebbe diventare più chiaro che la cultura - in quanto funzione vitale - non si apprende solo sui libri e a scuola. Anzi, per secoli a trasmettere la cultura, infiniti saperi e segreti del mestiere, sono stati gli artigiani e i capi-operai.

Di recente sono stato invitato a parlare ad Udine, in un ottimo istituto tecnico professionale di salesiani. Il preside, salesiano, mi ha raccontato che l’assessore regionale alla pubblica istruzione e cultura, di sinistra, è contrarissimo all’istituto, vuole che i giovani passino tutti per una generica scuola media superiore e libresca: e ciò per una residuo fossile della sua maldigerita ideologia. Considera la scuola tecnica una discriminazione «di classe», tutti avrebbero diritto al liceo…

Naturalmente, con ciò rivelando un disprezzo molto classista (piccolo-borghese) per gli operai. Ma i ragazzi che approdano a quella scuola tecnica, mi diceva il preside, sono «già» passati per la scuola generale, e ne sono stati scacciati, bocciati per demotivazione e impreparazione. Arrivano lì come ripetenti e drop-out, e con grande sforzo, ma con successo, imparano ad imparare: come la maggior parte di noi, infatti, è più facile imparare «vedendo fare».

Il contatto con le macchine utensili, il rigore che impone il loro uso, fa baluginare in quelle menti ignoranti (rovinate dalla scuola e spesso dalla famiglia), la coscienza che è il caso di andarsi a leggere sui libri la parte teorica che serve al funzionamento delle macchine. Ora sanno «il perché» devono studiare algebra, matematica, geometria, disegno tecnico, CAD-CAM, Linux. Capire il «perché» è appunto giungere, sotto gli strati di scorza morta, alla linfa della cultura.

E la cultura dei tecnici non è affatto inferiore a quella dei latinisti; ha la dignità di una funzione vitale, di un servizio reso alla società che di tecnici ha bisogno (più che di latinisti eruditi e morti); è la dignità loro che quei giovani apprendono, attraverso le macchine utensili, vedendo «come si fa».

Devo infine avvertire: il recupero della cultura vitale non è affatto facile. Quell’assessore (che una cultura vitale mai avrebbe messo a quel posto) è solo un esempio degli ostacoli che il potere in generale porrebbe a un tentativo di instaurare una cultura per la vita. Gli esempi più numerosi sono nella cultura stessa.

Sulle scorze morte pullulano una quantità di saltimbanchi e ciarlatani culturali, moltiplicatori di «scienze» e di «linguaggi», di «avanguardie» inutili (non esistendo più «accademie» contro cui battersi), e proprio questi sono ritenuti - dai media - i Venerati Maestri. Figurarsi se quelli vogliono arrivare là dove pulsa la linfa vitale della cultura funzionale: perderebbero stipendi, cattedre, premi, seggi di senatori a vita. A scanso di querele, accennerò a due esempi un po’ datati.

I più giovani, per loro fortuna, non avranno mai sentito parlare di Roland Barthes: ma fu un «philosphe» molto seguito e alla moda una trentina d’anni fa. Quale cultura portava? Basta citare una delle frasi della sua lezione inaugurale al College de France: «La lingua non è ne reazionaria né progressista; è semplicemente fascista; perché il fascismo non è impedire di dire, ma obbligare a dire. Dal momento in cui è profferita, fosse anche nella profondità più intima del soggetto, la lingua entra al servizio del potere».

Questa frase è, puramente e semplicemente, insensata. Ma con quanta albagia e sicumera fu pronunciata! E quante tesi di laurea produsse! Altro esempio, Lacan.

Uno psicanalista semi-filosofo che poteva scrivere sentenze come questa: «Se la psicanalisi abita il linguaggio, non potrebbe senza alterarsi, misconoscerlo nel suo discorso». E’ inimmaginabile con quanto rispetto e compunzione frasi simili venivano accolte e commentate. C’è tutto un mondo che vuol considerare «cultura» solo l’oscurità e la difficoltà; che ci ha fatto entrare nell’epoca dove «cultura» è sinonimo di «noia», ma peggio, dove questa noia è rispettata in quanto «culturale».

Nei grandi giornali, le «pagine culturali» sono le pagine noiose. Alla TV, quando l’annunciatrice annuncia un «programma culturale», abbassa il tono, fa la faccia seria e appuntisce compunta le labbra come se stesse accompagnandoci a un funerale in chiesa. Tutta questa gente, che tratta la cultura come noia e funerale, ha potere oggi. Sono accademici, giornalisti, «opinion leader» di qualche tipo, oppure saltimbanchi promossi come tali dalla stampa, come Oliviero Toscani o Odifreddi.

E’ questa gente che, lo voglia o no, impedisce coi suoi trucchi, divieti e tabù lo sfrondamento necessario, la necessaria separazione dell’essenziale dal superfluo e dal ciarlatanesco, quella che schiaccia i nostri studenti svogliati sotto i tomi e le specializzazioni.

Questi studenti provano a seguire corsi che per i nomi - «Scienze politiche» o «Scienze della comunicazione» - promettono ciò di cui sentono il bisogno loro: un po’ di cultura generale, una serie di categorie e concetti per capire il mondo. Non trovano nulla, e finiscono magari nelle feste rave. O comunque, privi di riferimenti che non siano i conformismi e i luoghi comuni dominanti, da cui credono per giunta di essere liberi. Ne darò un solo esempio fra i tanti, per ragioni di spazio.

Nel mio pezzo su «Essere autentici prima di essere cristiani» (cioè: se non si è autentici umanamente, non si può nemmeno essere cristiani) citavo, come opera religiosa, il film Blade Runner.

Il lettore Mario ha scritto: «Quello che va notato a proposito di Blade Runner è che si tratta di un film tratto da un romanzo del 1968 di Philip K. Dick (1928-1982) intitolato ‘Do Androids Dream of Electric Sheep?’ vale a dire: ‘Ma gli androidi sognano pecore elettriche?’ e che il suo autore non disdegnava di ricorrere a discrete dosi di ‘acidi’, specialmente anfetamine, per eccitare l’immaginazione, causa per la quale alla fine morì. Era anche lui vittima di una moda compulsiva? Allora, dal ‘pattume’ può nascere una luce di speranza? Non ritengo che si debba tracciare un rigo sopra i ragazzi dei raduni ‘rave’». Eh no, caro Mario: non si può fare questa equazione «democratica».

Philip Dick era un rarissimo artista contemporaneo assillato dalla teologia e creatore di una teologia, il solo che abbia osato parlare dell’uomo come bisognoso d’immortalità, nel ventesimo secolo; un tormentato esploratore di luoghi in cui avanzava per primo e solo, senza vie tracciate. Uno che - come gli artisti autentici - si ammala in anticipo delle patologie del mondo umano, che le preconizza e le segnala, lanciando l’allarme. La parte essenziale e autentica dell’arte contemporanea è infatti questa: di essere un sintomo precoce.

Simili uomini sono in continuo pericolo; possono ricorrere a «conforti» chimici, nella loro solitudine profetica che li spaventa e li brucia; sono sciamani nell’epoca della secolarizzazione, profeti allucinati della rovina che attende i gaudenti e i consumisti, gli inautentici che siamo tutti. Non li si può giudicare come fai tu; soprattutto, non li si può mettere sullo stesso piano degli impasticcati alle feste «rave».

Questi possono farsi a morte di LSD, ma non riusciranno mai a scrivere «Androids». «Gli uomini non sono uguali», Mario. Ci sono uomini superiori, la cui caduta o i cui abisssi vanno guardati con l’orrore e la pietà con cui il coro greco assistè alla caduta di Edipo Re. La convenzione dell’uguaglianza ha cittadinanza solo nella democrazia politica, ma non nell’arte, nella cultura e nella profezia.

Oggi, la pretesa di estendere la «democrazia» dove non deve stare è uno dei problemi della cultura. E’ la confusione tra l’essenziale e il subordinato o il superfluo, tra il superiore e l’inferiore. Un esempio.

Giorni fa ho sentito alla radio Veltroni che parlava del suo programma: abolire leggi che ostacolano la produzione, le imprese, le opere pubbliche… Il giornalista, esponente della «cultura» vigente, lo interrompe e gli chiede: è a favore della fecondazione in vitro? O vorrebbe impedire che due genitori talassemici abbiano un figlio sano? «Per come mi pone la domanda, le dico: no», ha risposto Veltroni. Ma si capiva che era seccato.

Sono convinto che - se avesse potuto dire la verità - avrebbe detto: «Caro giornalista, la politica non si occupa di tutto. Può a malapena promettere che farà in modo che dallo studio preliminare per un’autostrada alla sua realizzazione non passino dodici anni ma solo tre, e già questo è difficile da realizzare. Si figuri se può garantire la soddisfazione di tutti i bisogni privati, la cura di tutte le infelicità personali di ciascun elettore, o men che meno il diritto alla felicità individuale di ognuno. Non confondiamo i piani: ho il massimo rispetto per le sofferenze dei genitori talassemici, ma ho
il dovere di dire che non è il mio campo. Il campo della politica è più modesto, è (al massimo) l’organizzazione dei mezzi della vita collettiva».

Perché Veltroni non ha potuto dire questa umile verità? Perché il giornalista Santalmassi gli aveva teso un tranello («Ti metto nei guai coi cattolici che militano nel tuo partito»), e se avesse risposto altrimenti avrebbe detto una cosa non progressista, non politicamente corretta, che i giornali avrebbero ripreso a suo danno.

Direte: che cosa c’entra in questo discorso sulla cultura vitale? C’entra eccome. Il giornalista ha fatto quello per cui è stato elevato a direttore: il guardiano dei «limiti del pensare» attuale; egli veglia che non si dica tutta la verità ma solo quella accettabile ai gruppi e alle lobby egemoni «culturalmente». Tutte queste lobby e gruppi che, quando si propone l’essenziale, pretendono il superfluo e il secondario; che rifiutano di dinstinguere tra priorità e no; che impediscono di sfrondare e semplificare il discorso, e di concentarsi sulle poche questioni vitali urgenti, che i mezzi limitati possono (e non è detto) risolvere.

Il «dibattito» è oggi così, nella cultura come nella politica. Scorza, e non linfa.

di maurizio blondet da www.effedieffe.com

sabato 5 aprile 2008

Al cardinale Tettamanzi non è piaciuto il modo


Sgomberato un campo di Rom naturalmente abusivo a Milano e il cardinale Tettamanzi protesta perchè a suo dire "si sono violati i diritti umani non fornendo le elementari forme di assistenza".
Più d'un motivo per gioire di ciò. Il primo motivo è ovvio: finalmente si cerca di rendere l'Italia un pò meno ospitale per questi pseudonomadi che colonizzano ben stabilmente le nostre periferie rendendole ancor più insicure di quanto già non siano con i loro continui e reiterati abusi,furti,rapine e omicidi.
In attesa di una legge che chiuda i confini ai rom e che cacci dall'Italia tutta ogni loro esponente,non possiamo che buttar giù tutto quello che costruiscano. Vadano a infestare Germania e Austria se ci riescono!
Purtroppo non sono tanto stupidi da non capire che l'Italia è il ventre molle.
Ma rendere inospitale la nostra terra a questi delinquenti è il primo passo che ci può liberare da costoro.
Votare contro la Sinistra Arcobaleno diventa quasi un dovere per gli Italiani che percepiscono il pericolo-rom:si ricordi che nelle liste della suddetta coalizione si trova una Rom. Il primo passo affinchè vengano accolti per quello che non sono.
Ammesso e non concesso che faccia parte di quella percentuale pari all'errore statistico che non abbia mai ucciso,rubato o accattonato per quale motivo dovremmo votare una non italiana? A chi concederà poi la lealtà? Alla Romania,alla Polonia,a qualche nazione della ex-Jugoslavia,all'Italia o solo alla propria famiglia nomade in pieno stile mastelliano?


E il cardinale Tettamanzi si lamenta per il modu operandi. A suo dire i diritti umani sono stati negati.
Mi auguro che si sbagli e che abbia ragione la Moratti quando dice che invece sono stati concessi tutti gli aiuti elementari. Non riuscirei a immaginare come possano aver sofferto i bambini in perenne stato di narcosi o al freddo per fruttare di più in termini di accattonaggio. Ci mancherebbe solo che durante lo sgombero non siano garantiti un minimo di diritti.
Ma questo è un punto positivo: evidentemente la Chiesa vede ancora le ruspe che buttano giù abitazioni. E denuncia anche quando accade.
Mi fa piacere veramente.
Ora il passo successivo è di interessarsi laddove le ruspe sono di uno stato straniero e le case di una nazione legittima. Si denunci quello piuttosto che la distruzione di baracche illegali in territorio italiano.
Che Tettamanzi rivolga il suo cannocchiale sulla striscia di Gaza e abbia il coraggio di parlare di quello piuttosto che della distruzione di un illegale quartier generale di delinquenza.

tirane uno anche per me!


Premettiamo subito che di Ferrara condivido quasi esclusivamente le idee antiabortistiche e che il mio candidato premier è ben altro.
Ma quello che è successo a Bologna merita ogni tipo di indignazione nei confronti della teppagna dei centri sociali.
Ferrara,nello svolgimento di un suo diritto costituzionale(ergo da difendere a tutti i costi)è stato aggredito e costretto ad allontanarsi dalla piazza,non senza essersi però levato la soddisfazione di ritornare qualche pomodoro in faccia ai cialtroni giunti a contestarlo.
Centri sociali,piaga delle città. Dove i cani del maiale capo Napoleon vengono nutriti a droghe e scagliati poi contro i nemici di chi alla democrazia crede solo con le labbra e con i pugni fa ben altro.
E chi sono i maiali che governano questa fattoria? E' facile capirlo:basta vedere chi è andato a "trattare con le forze dell'ordine": due esponenti della Sinistra Arcobaleno, il rifondarolo Valerio Monteventi e il Verde Carlos Bottòs. Chiediamo pure a loro perchè si sono fatti portavoce di questo gruppo di teppisti. Sarà un buon metodo per misurare la loro democraticità.
E il sindaco e il ministro Amato? Conniventi. Non c'è altro termine per chi permette questo attacco alla democrazia.
I manganelli della polizia vengono lucidati e risparmiati per ben altre occasioni.
Si permette addirittura che il palco venga carpito da questi subumani che,emettendo il loro fetido alito alcolico,si gloriano della loro impresa dando vita anche ad una manifestazione non autorizzata che va ad aggiungersi anche all'aggressione premeditata.
per quale motivo non si è fatta una carica? Dov'è finita la "flagranza di reato"? perchè si permette a questi cialtroni ogni cosa che contrasti con le regole democratiche?
Elettori,accendiamo il cervello.
Che si voti un partito forte e puro,che dia un attacco chiaro a questo malcostume dilagante.
I centri sociali vanno chiusi. Ferrara ha più diritto di parlare dei subumani che rappresentano il pericolosissimo braccio armato dei comunisti in italia.
Nella cabina elettorale ricordate di cosa è capace la sinistra al governo

mercoledì 2 aprile 2008

Sul maschilismo


Ho scelto di non essere femminista per essere umanista; perchè il mondo non si divide in maschi e femmine, ma in stupidi e no. Sono parole di Marjane Satrapi, scrittrice di successo iraniana.
Una frase che denuncia la situazione femminile al giorno d'oggi.
Siamo pronti a puntare il dito contro il mondo musulmano, ma non ci rendiamo conto che anche tra di noi il più ottuso machismo prende piede ed è difficile da eradicare.
Se un maschio va con molte donne è un puttaniere (ed è bene), se una donna va con molti uomini è una puttana (ed è male). Questo fulgido esempio di stupidità è una frase detta non da chissà quale becero imbecille, ma da un imbecille studente di medicina.
Sarebbe da mettersi a ridere se non fosse che non è una barzelletta.
Stentavo a credere a quello che sentivo.
Mi sono impegnato in lunghe discussioni in cui portavo avanti la teoria che il maschilismo fosse ormai un problema del passato, invece devo ricredermi. E' quanto mai attuale, metastatizzato come un cancro in tutte le classi sociali senza grosse distinzioni.
Maschilismo che non è maschilità nè tanto meno virilità. E' solo un'accozzaglia di insicurezze che mostrano un ipogonadismo morale (non infrequentemente anche fisico).
La soluzione, perfettamente mostrata dalla Satrapi, non è certo il femminismo (che è manifestazione dello stesso grado di idiozia, solo dal lato opposto) ma la ragione.
Far funzionare il cervello: un evento da sempre rivoluzionario.
Sempre più raro.

martedì 25 marzo 2008

Ancora sul Tibet

Sembra che il mondo si stia svegliando. Il Papa ha dedicato la Via Crucis del Venerdì Santo ai tibetani, anche se a mio avviso sarebbe stato bene essere più espliciti.
D'Alema si conferma il miglior ministro degli esteri degli ultimi tempi condannando con parole dure l'operato della Repubblica Popolare Cinese.
Molto apprezzabile, visto che pochi altri politici hanno fatto altrettanto.
Nella sinistra più estrema non ci si arrischia a criticare l'operato del più grande paese comunista. Negano le foibe, baciano la tomba di Tito... non mi sorprendono per nulla.
Da destra non ne parliamo.
Gli interessi economici in Cina di Berlusconi e compagnia bella sono talmente elevati che non diranno nulla che possa inimicare il bacino commerciale cinese.

Nel frattempo il Tibet ha dovuto subire l'umiliazione del passaggio nelle sue terre della fiamma olimpica. Le proteste ci sono state, ma prontamente censurate dal regime cinese.
La Cina si è anche operata per far sgombrare dal Tibet i giornalisti. Inutili sono state le proteste di reporter-senza-frontiere.
Cosa farà il regime cinese adesso che non ci sono più testimoni? Adesso che non ci sono occhi che potranno denunciare al mondo le violenze e i soprusi del regime comunista contro il Tibet?

Boicottare queste olimpiadi diventa sempre più un dovere civile. I Giochi porterebbero degli introiti economici alla Cina da far paura. Ed ogni soldo sarà messo a disposizione per sopprimere il Tibet, censurare la stampa e cancellare anche i più basilari diritti umani sul territorio cinese.
Appoggiare la liceità di queste Olimpiadi ti rende complice.

domenica 23 marzo 2008

Buona Pasqua

I gemelli neri augurano una Santa Pasqua a tutti i lettori.

sabato 22 marzo 2008

"Obama giuri fedeltà ad israele"



Persino il Washington Post presenta l’incredibile evento come «fin dove arriva la Chutzpah». Si tratta di un incontro in cui l’United Jewish Committee (1) ha convocato i rappresentanti dei tre candidati presidenziali - McCain, la Clinton e Barak Obama - per mettere alla prova la «fedeltà ad Israele» di ciascuno. Il termine usato, «fealty», indica l’atto di fedeltà del vassallo al signore.

Un vero processo, con i candidati in veste di imputati (in contumacia), ma rappresentati da tre avvocati difensori: l’ex segretario di Stato Lawrence Eagleburger per McCain, la ex dirigente della Casa Bianca Ann Lewis per Hillary Clinton. Quanto ad Obama, ha mandato come suo difensore un pezzo grosso della comunità, uno col curriculum più kosher che ci sia: Dan Kurtzer, ex ambasciatore in Israele, oggi docente a Princeton.

Kurtzer, secondo il resoconto del Washington Post, è andato subito al cuore dell’argomento in nome del suo cliente-imputato: «Nella comunità circolano voci che dicono che c’è qualcosa di sbagliato nell’atteggiamento di Obama verso gli ebrei e verso Israele. Voci che circolano in e-mails, allusioni che appaiono sui giornali… lo stesso tipo di cose che la nostra comunità ha subito da parte degli antisemiti».

Gli ebrei che voteranno democratico sono contro Obama, e non da oggi. Perché è negro. Perché ha espresso simpatie per i palestinesi e antipatia per il Likud. Perché s’è scelto come consigliere in politica estera Zbigniew Brzezinski (Council on Foreign Relations), che definisce la politica americana in Medio Oriente «moralmente ipocrita», ossia sempre dalla parte di Israele anche quando Giuda ha torto.

Ma il peggio è arrivato con la rivelazione che il capo carismatico della «chiesa» fanta-cristiana e negra che Barak Obama frequenta, il «reverendo» Jeremiah Wright, ha accusato Israele di «terrorismo di Stato contro i palestinesi», e per di più, alludono, è amico di Farrakhan, il capo dei black muslims, «antisemita» dichiarato. Invano Obama ha preso le distanze dal «reverendo»; egli è sospetto e dunque non avrà soldi ebraici, né sostegno propagandistico.

Gli ebrei gli preferiscono Hillary, a cui fanno avere appoggi e denaro. «Su Israele non ci sono differenze fra i tre candidati», ha cercato di dire Kurtzer, il difensore del negretto: risate, urla di «comunista»! dalla platea ebraica. Kurtzer ci ha riprovato.

A proposito degli spropositi del reverendo Wright di cui Obama è una pecorella, ha detto: «Anche molti di noi e di voi, che apparteniamo alla comunità e alla sinagoga, non vorremmo essere giudicati dalle parole di certi rabbini che a volte dicono cose ridicole» (come che gli altri uomini sono animali parlanti?). E’ stato subissato di proteste.

Anne Lewis, l’ebrea che rappresentava Hillary, è sbottata: «Ma se Obama ha dichiarato che nel suo primo anno di presidenza s’impegna a incontrare Ahmadinejad!». Lawrence Eagleburger, il difensore di McCain, ha rincarato: «McCain non parlerà coi siriani, non parlerà con gli iraniani, non parlerà con Hamas né Hezbollah… E non farà pressioni su Israele». Il giuramento di fedeltà-vassallaggio non poteva essere più esplicito.

Uno degli esponenti della comunità, tale Daroff: «Ho sentito dire nei corridoi che Obama non vede la questione di Israele come la vede la comunità ebraica o come il Senato». Altri hanno ricordato che Obama, di recente, ha detto: essere per Israele non significa essere per il Likud. Kurtzer ha cercato di difenderlo: «Ciò significa solo che vuol sentire una pluralità di voci» da Sion. Gelo in sala.

Poi Anne Lewis, la giudea che controlla Hillary, ha scandito: «Il compito del presidente degli Stati Uniti è di sostenere le decisioni che sono prese dal popolo d’Israele. Non spetta a lui distinguere o scegliere fra i partiti politici israeliani». Ecco il programma di vassallaggio dichiarato. Non spetta al presidente USA impicciarsi nella politica interna israeliana, ma gli ebrei possono impicciarsi della politica interna americana, distinguere e scegliere fra i candidati quelli che più sono sottomessi a Sion. Vivissimi applausi dalla platea kosher.

La decisione è presa: Obama non è abbastanza sottomesso agli ebrei, come hanno dimostrato con zelo non solo i giudei presenti, ma anche i rappresentanti della Clinton e di McCain. Qualcosa ci dice che Obama non vincerà le elezioni.

Ultimo particolare fornito dal Washington Post: «Addetti alla sicurezza con accento israeliano mandavano via la gente in quanto la stanza era sovraffollata». La stanza del Washington Hilton dove si è svolto il processo al negro che osa candidarsi e qualche volta criticare il Likud. Processo sommario, con guardie del Mossad alla porta. Forse non ci crederete. Chi sa l’inglese, legga per credere: Dana Milbank, «The audacity of Chutzpah», Washington Post, 18 marzo 2008, pagina 2.

Il giornalista Milbank, ovviamente ebreo, è noto per aver sobriamente definito «nazisti» i professori Walt e Mearsheimer, colpevoli di avere stilato il noto saggio «The Israeli Lobby». Milbank approva, naturalmente, la sottomissione (fealty) di McCain e della Clinton, e sbatte in prima pagina Obama come insubordinato.

E a proposito: il Dipartimento di Stato americano ha diffuso il suo annuale rapporto dal titolo «Contemporary Global Anti-Semitism», in cui espone la seguente tesi: ogni critica ad Israele è un atto di antisemitismo; oggi, l’antisemitisamo si cela nelle critiche allo Stato sionista. Strano, ma il nostro amato presidente Giorgio Napolitano aveva già detto la stessa identica cosa prima. Quando il vassallo indovina ed anticipa i desideri del suo signore, questa sì è vera fedeltà (fealty, sottomissione).

Ma c’è sempre qualcuno che ti supera in fealty: Roma, 19 marzo - (Adnkronos): Silvio Berlusconi condivide personalmente la sofferenza per gli attacchi terroristici in Israele. «Sento personalmente la sofferenza della gente in Israele, e questo mi fa sempre sentire più vicino», afferma il leader del PdL in un’intervista esclusiva al quotidiano israeliano Yedioth Ahronot. Ecco tra chi siamo chiamati a scegliere, noi occidentali.



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1) Dal sito dell’organizzazione: «The United Jewish Communities represents and serves 155 Jewish federations and 400 independent Jewish communities across North America. It reflects the values
of social justice and human rights that define the Jewish people. The values of caring that transform lives and perform miracles». Esiste anche una filiale della UJC in Israele: «UJC Israel acts as the liaison between Israel and the American Jewish community, interfacing with the government, the Jewish Agency for Israel (JAFI) and the Joint Distribution Committee (JDC), the business community, the voluntary sector, opinion makers, the media, and the general public».

Maurizio Blondet da www.effedieffe.com

martedì 18 marzo 2008

Tibet libero!


Tempo fa discutevo con un idiota che aveva l'ardire di negare le centinaia di milioni di morti di cui il comunismo deve rispondere alla Storia. Bisogna proprio essere idioti per far affermazioni del genere.
Il comunismo non ha mai smesso di mietere vittime. L'ultima è il Tibet.
Da tempo la Cina ringhia sbavante contro il Tibet. Ne vuole l'annessione. La scusa ufficiale sa di ridicolo: rivendicano la proprietà del Tibet in quanto, dopo l'invasione e l'unificazione di Tibet e Cina ad opera dei mongoli (1279), i cinesi si ribellarono e cacciarono via gli invasori nel 1368 dando vita alla dinastia Ming che regnò per 300 anni circa.
I cinesi non ricordano però che nel 1358 (dieci anni prima) erano stati i tibetani, al comando di Phagma Drupa a cacciare dal Tibet i regimi Sakya.
La verità è che la Cina comunista non può tollerare la presenza nel suo cuore di uno stato indipendente dal regime, mantenente una sua autonomia politica e religiosa.
Ecco quindi partita la stategia d'azione: debellare il Tibet.
Si arriva a dire che il Dalai Lama stia fomentando un gruppo di ribelli tibetani. Ormai non si sa più cosa inventare.
Così è stato oscurato internet, tolta l'energia elettrica, istituito il coprifuoco e la Repubblica Popolare ha schiantato il suo maglio contro Lhasa.
La furia comunista non mostra pietà. Centinaia di ragazzi e monaci sono caduti sotto i colpi dei soldati che sparano a vista e senza alcun motivo.
Da occidente il silenzio.
Un silenzio colpevole. Si teme di incrinare i rapporti con la Cina che, essendo diventata una potenza economica e militare, comincia a suscitare i pavidi timori di questo occidente smidollato. E quindi il Dalai Lama diventa un personaggio scomodo. Nessun paese lo ha ospitato. Solo Grillo e Letizia Moratti sono andati a stringergli la mano.
Nessuna carica dello stato, nessun politico.
A malincuore sono costretto a criticare anche il Papa. Neanche lui ha voluto accogliere il Dalai Lama. Il rischio era di incrinare i rapporti con la Chiesa cinese.
Quale Chiesa cinese? Gli unici sacerdoti obbedienti alla Chiesa di Roma sono tutti nei Lao-gai, i campi di concentramento e lavoro forzato cinesi. Gli altri sono servi del governo: da loro non si possono sentire parole di condanna contro il regime. Il governo cinese cerca di tenere buono il popolo. La spiritualità è una componente propria dell'essere umano. Non si può negare per sempre impunemente ad un popolo la sua naturale propensione al trascendente. Allora il governo ha piazzato uomini di fiducia anche dentro le chiese. Uno stile orwelliano.

Adesso si avvicinano le Olimpiadi. Una grande festa di sport, ma accompagnata da un ingentissimo business economico.

BISOGNA BOICOTTARLE! Ogni moneta va ad arricchire un regime che va fermato!

Che i nostri atleti non vadano a giocare in uno stato che vuole cancellare il Tibet sterminando i tibetani.
Uno stato che obbliga all'aborto. (1)
Uno stato maschilista, dove la donna è meno di un oggetto.
Uno stato senza libertà di parola o di stampa.
Uno stato che mantiene campi di concentramento dove gli internati sono costretti a lavorare senza essere retribuiti. Questo consente alla regime comunista di esportare materiale a prezzi concorrenziali.
La condanna deve essere ferma e forte. E che la gridino tutti: capi di stato e autorità religiose!


Chiedo
1. che vengano boicottate le olimpiadi di Pechino
2. che vengano ritirati gli ambasciatori italiani in Cina
3. che arrivino condanne e sanzioni severe da parte delle nazioni unite
4. che, se necessario, si costituisca un esercito che prenda le difese del popolo tibetano.
Perchè esistono guerre giuste. Difendere il debole, ultima ratio anche con l'uso delle armi, è un dovere che non può lasciare indifferenti.

Tornerà a garrire la bandiera di Thubten Gyatso, per un Tibet LIBERO!

(1) Per chi volesse approfondire: cercate nel motore di ricerca interno "miserere nobis"

domenica 16 marzo 2008

Il dialogo che non vogliono


Una delle pochissime cose che ricorderò con piacere del governo Prodi è la volontà del ministro degli esteri D'Alema a portare avanti il dialogo con Hamas.
Una dichiarazione coraggiosa che nessuno della combriccola di Berlusconi porterà mai avanti. Troppo schiavi di USrAele.
In un conflitto le parti sono due ed il dialogo deve essere affrontato con entrambe. Hamas è stato regolarmente eletto dal popolo palestinese, ma non ha mai potuto governare perchè scomodo per Israele. Così nascono sanguinosi conflitti che bagnano di sangue la Terra Santa.
D'Alema sapeva bene a cosa andava incontro. Le comunità ebraiche e i media gli danno addosso. Fiamma Nirenstein vomita su di lui i suoi deliri.
In realtà c'è ben poco da fare: se si vuole ottenere la pace in Palestina il dialogo deve passare per Hamas. Il servilismo nei confronti di Israele ci rende complici dello sterminio che lo stato ebraico sta perpetrando nei confronti dei palestinesi e, naturalmente, ci inimica a questi.
Quì non si parla di trattare con i terroristi. Quella in Palestina è una vera e propria guerra portata avanti nell'unico modo con cui può farlo un paese del terzo mondo contro la terza potenza militare mondiale: colpisci e scappa.
I telegiornali hanno parlato per giorni e giorni della bomba nella scuola rabbinica, ma dimenticano i raid che Israele compie nella striscia di Gaza e negli ormai esigui territori rimasti sotto l'Autorità Palestinese. Ogni giorno decine di persone muoiono di stenti, quando non sotto i modernissimi missili israeliani, magari sganciati da elicotteri Apache che sorvolano il territorio senza dare un minimo di pace alla popolazione.
E poi ci sentiamo dire che i missili sono stati sganciati in risposta al lancio degli ormai famosi razzi Qassam.
La gente pensa a chissà quale arma di sterminio di massa quando sente parlare di razzi Qassam. Sono solo dei cilindri di ferro, spesso privi di esplosivo. Armi naturalmente inferiori anche ai peggiori pezzi dell'arsenale giudaico.
La soluzione per la pace non può passare unicamente per Israele perchè Israele non vuole la pace.
La sua politica nei confronti dei palestinesi mostra la precisa volontà di sterminarli.
Non possiamo permetterlo.
Quindi complimenti a D'Alema e speriamo che il suo successore sia in grado di portare avanti il lavoro che è stato cominciato.

mercoledì 12 marzo 2008

fascismo che ci consentono

Ecco il pericolo che incombe sull’Italia: Ciarrapico il fascista confesso. «La rabbia del leader di AN», scrivono i giornali, «Bossi: faccia un passo indietro». I TG strapieni di mal trattenuta indignazione, l’Unità figuriamoci. C’è un fascista nelle liste del Salame. Scandalo.

Almeno per un giorno, come richiede l’ammuina pre - elettorale, la sinistra regressista ritrova il suo riflesso condizionato preferito. Ciarrapico fascista? Per favore. Il fascismo fu un movimento combattentistico, esito della Grande Guerra, fu un movimento di massa, fu un movimento giovanile e giovanilista. Oggi non ci sono né combattenti, nè masse, né giovani: non fosse per la demografia calante, il fascismo sarebbe impossibile.

Ciarrapico è un senile miliardario un po’ losco, intimo in affari con Berlusconi, messo in lista, pare per togliere le «masse» a Storace, qualche decina di voti. Per favore, un minimo di serietà. L’incidente tuttavia è stato istruttivo.

«Le leggi razziali del ‘38» sono state ripetutamente indicate come il delitto massimo e delegittimante del fascismo; nessuna menzione all’entrata in guerra in totale impreparazione, evento alquanto più grave per l’Italia, che infatti è morta dall’8 settembre del ‘43. Istruttivamente, Il Messaggero s’è precipitato a intervistare Fiamma Nirenstein, candidata nelle liste del Salame accanto al Ciarra, sperando di raccogliere il suo sdegno o almeno imbarazzo.

Imbarazzo nessuno: «Sono perfettamente a mio agio», dice subito. Ma come, non dice a Berlusconi «o lui o io»? «Assolutamente no. Mi candido convintamente. Farebbero bene a imbarazzarsi nel PD, dove c’è D’Alema che ha come obiettivo il dialogo con Hamas e con l’Iran. Questa sì è una cosa grave». Ma molti altri ebrei dicono che una convivenza con Ciarra è impossibile per un ebreo, boccheggia il giornalista.

«Parole strumentali», replica la Nirenstein. E subito dopo: «Mi riconosco nel PDL perché sulla questione del Medio Oriente non si è fatto influenzare dalla propaganda anti-israeliana. Qui non c’è chi è andato a braccetto con un deputato Hezbollah in Libano. Io sono stata candidata da Fini, un politico che stimo enormemente perché è andato in Israele, con la kippà in testa, a riconoscere le colpe del fascismo».

Insomma Berlusconi ci fa votare una cittadina israeliana la cui sola preoccupazione è Israele, non l’Italia. Per la quale, di tutti i problemi e le sciagure che incombono sull’Italia, il solo discrimine che conta è: essere filo-israeliano. Essere andati in Israele con la kippà in testa. D’Alema che «ha come obiettivo il dialogo con Hamas e con l’Iran», questa sì «è una cosa grave». Dobbiamo intendere: più grave del fascismo.

E insiste: D’Alema «è andato a braccetto con un Hezbollah in Libano». Ciò che è veramente grave, male-assoluto, imperdonabile, è non appiattirsi sulle posizioni di Sharon, di Olmert. Nessuna minima autonomia è permessa. Altrimenti si è peggio che fascisti. Ma c’è di più. Fiamma Nirenstein è fascista.

Lo disse lei stessa, tutta giuliva, in un’intervista alla Jewish World Review del 15 luglio 2003. Dove spiegava «How I became an unconscious fascist», come sono diventata una fascista inconscia (eh già, gli ebrei hanno l’inconscio), abitando in Israele e prendendo parte alle lotte contro la razza inferiore. Una fascista così fanatica, raccontò, «che un famoso scrittore israeliano mi ha detto al telefono un paio di mesi fa: tu sei diventata una estremista di destra».

Naturalmente, il fascismo della Nirenstein non è quello di Ciarrapico. E’ il fascismo israeliano, venato di razzismo talmudico, che deriva direttamente da Vladimir Jabotinsky e dal suo partito cosiddetto revisionista: un partito armato, che già propugnava la guerra e l’espulsione dei palestinesi, e le cui milizie («Legione ebraica») furono addestrate da Mussolini, di cui Jabotinsky era un fiero ammiratore.

Il movimento di Jabotinsky è stato fertile di personaggi neri, o meglio bruni. Nel 1940 la Lehi (Banda Stern) contattò il Terzo Reich offrendo il suo aiuto nell’«evacuare» gli ebrei d’Europa, e proponendo «l’instaurazione di uno storico Stato ebraico su base nazionale e totalitaria, connesso al Reich germanico con un trattato». Non si tratta di elementi marginali nella storia sionista.

Yabotinski fu eletto membro del Congresso Sionista Mondiale (1921-23). Un esponente di primo piano della Banda Stern, terrorista attivo e promotore della alleanza coi nazisti, Yitzhak Shamir, fu capo del governo israeliano nell’83; era a destra persino di Sharon; entrambi esponenti del Likud, il partito nato dal movimento di Yabotinski. Il Gush Emunim, il movimento la cui yeshiva è stata colpita dal recente attentato, nido di coloni armati, è omogeneo alle idee razziste di Jabotinsky: simpatizzano per il Gush Emunim il 52% degli israeliani.

Movimento armato, che propugna la violenza come mezzo di affermazione politica, con milizie giovanili, assetato di «terra», di «spazio vitale» da portar via ai palestinesi con il sangue. Sembra qualcosa di più seriamente fascista di Ciarrapico. Dopo l’attentato, i militanti della yeshiva hanno gridato «Morte agli arabi». Provate solo a pensare se qualcuno gridasse «morte agli ebrei»…

Ma questo è il punto: c’è un solo fascismo legittimo, oggi. Potentemente armato, e intento ad espandere il suo «spazio vitale» con continue provocazioni e attacchi preventivi ai vicini. Su cui non si leva nessuno scandalo, e che non subisce alcuna discriminazione.

Le vedute di Fiamma Nirenstein sono, non si sa quanto «inconsciamente», perfettamente coincidenti con il nazifascismo israeliano. Lo ammette lei stessa, nella rivista ebraica sopra citata. Magari a forza di lapsus linguae, come insegna Freud, quando il subconscio rigurgita: «Solo perché mi identifico con un paese continuamente attaccato dal terrore sono diventata una estremista di destra?», protesta lei.

«Ogni Paese ha diritto a difendersi. Solo agli ebrei nella storia è stato negato il diritto all’autodifesa, e così è anche oggi».

«La parola d’ordine degli ebrei deve essere ‘Orgoglio ebraico’, nel senso dell’orgoglio
per la nostra storia e la nostra identità nazionale».

E ancora: «Orgoglio ebraico significa che dobbiamo rivendicare l’unicità identitaria del popolo ebraico e il suo diritto ad esistere: dobbiamo agire come non sia mai stati riconosciuto, perché oggi, di nuovo, non è più riconosciuto. Nella difesa della nostra identità dobbiamo essere, come dice Hillel Halkin, più duri che possiamo e più liberali di chiunque altro».

«Né destra né sinistra. Non diamo alla sinistra il potere di decidere dove collocarci. Noi decideremo le nostre alleanze da soli, secondo l’attuale posizione dei nostri partner potenziali».

Tutte queste frasi, camerata Fiamma, sono puro fascismo. Anche i tedeschi, negli anni ‘30, protestavano: ci chiamate estremisti di destra solo perché ci identifichiamo con il nostro Paese, attaccato da tutte le parti? La nostra parola d’ordine dev’essere «orgoglio ariano», orgoglio per la nostra identità nazionale. In questa difesa della nostra identità - sempre minacciata dalla «pugnalata alla schiena», dalla «vittoria mutilata», dallo «spazio vitale» che ci viene negato dal complotto demo-pluto giudaico, dobbiamo essere i più duri.

Anche gli italiani pensavano così, negli anni ‘30: che c’era una congiura mondiale che impediva alla razza italiana colonizzatrice di conquistare il suo spazio vitale. Anche il fascismo non volle essere «né destra né sinistra».

Solo che dalle nostre parti - se sia un bene o un male decida il lettore - queste cose non si possono più dire. Non si può identificarsi con la propria nazione. Non si può mostrare orgoglio per le armi della nazione e le sue vittorie, la storia e l’identità sono cancellate, o motivo di colpa. Quello era il fascismo «nostro». Se fu un errore o un delitto, fu un «nostro» errore o delitto - come una malattia di famiglia, che non dovrebbe essere negata ma semmai studiata, capita.

Invece no: il fascismo nostro ci è stato asportato. E in quel vuoto, ci trapiantano il fascismo ebraico. Potete ancora essere fascisti senza vergogna, purchè lo siate per Giuda.

La falsificazione della politica italiana, della stessa natura e storia italiana, non potrebbe avere sintomo più chiaro: ci è permesso di vivere politicamente solo dopo aver subìto il trapianto, di esistere solo con organi altrui, per scopi altrui. Oggi israeliani, ieri atlantici o sovietici, russi o americani. Italiani mai più.

Maurizio Blondet
www.effedieffe.com

sabato 8 marzo 2008

Una mimosa

Una mimosa per quelle donne che combattono contro l'aborto. Perchè riconoscono l'immenso valore della vita umana e la difendono con coraggio.

Una mimosa per le donne vittime di violenze domestiche e non. Che possano avere il coraggio di denunciare i loro aguzzini e possano avere una vita felice.

Una mimosa per le donne vittime di discriminazioni sul lavoro. Ormai il valore professionale delle donne è stato dimostrato: negarlo è da stupidi.

Una mimosa per le donne che hanno scelto di fare il lavoro più bello e importante, quello delle mamme. Formano le fondamenta per una società sana.

Una mimosa per le donne che ricordano la morte sul posto di lavoro di quelle ragazze 100 anni fa. E non lo fanno certo gridando dentro un pub, bevendo come spugne, sparlando di uomini e mettendo banconote nelle mutande di uno spogliarellista. Che si lascino queste cose ai più squallidi tra gli uomini.


Mentre i movimenti veterofemministi cercano di riempire piazza Navona, portando avanti i loro "diritti" bagnati nel sangue del nascituro, s'alza la voce di quelle donne forti, non conformi, che difendono nel migliore dei modi il valore più grande: la Vita.