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martedì 25 marzo 2008

Ancora sul Tibet

Sembra che il mondo si stia svegliando. Il Papa ha dedicato la Via Crucis del Venerdì Santo ai tibetani, anche se a mio avviso sarebbe stato bene essere più espliciti.
D'Alema si conferma il miglior ministro degli esteri degli ultimi tempi condannando con parole dure l'operato della Repubblica Popolare Cinese.
Molto apprezzabile, visto che pochi altri politici hanno fatto altrettanto.
Nella sinistra più estrema non ci si arrischia a criticare l'operato del più grande paese comunista. Negano le foibe, baciano la tomba di Tito... non mi sorprendono per nulla.
Da destra non ne parliamo.
Gli interessi economici in Cina di Berlusconi e compagnia bella sono talmente elevati che non diranno nulla che possa inimicare il bacino commerciale cinese.

Nel frattempo il Tibet ha dovuto subire l'umiliazione del passaggio nelle sue terre della fiamma olimpica. Le proteste ci sono state, ma prontamente censurate dal regime cinese.
La Cina si è anche operata per far sgombrare dal Tibet i giornalisti. Inutili sono state le proteste di reporter-senza-frontiere.
Cosa farà il regime cinese adesso che non ci sono più testimoni? Adesso che non ci sono occhi che potranno denunciare al mondo le violenze e i soprusi del regime comunista contro il Tibet?

Boicottare queste olimpiadi diventa sempre più un dovere civile. I Giochi porterebbero degli introiti economici alla Cina da far paura. Ed ogni soldo sarà messo a disposizione per sopprimere il Tibet, censurare la stampa e cancellare anche i più basilari diritti umani sul territorio cinese.
Appoggiare la liceità di queste Olimpiadi ti rende complice.

domenica 23 marzo 2008

Buona Pasqua

I gemelli neri augurano una Santa Pasqua a tutti i lettori.

sabato 22 marzo 2008

"Obama giuri fedeltà ad israele"



Persino il Washington Post presenta l’incredibile evento come «fin dove arriva la Chutzpah». Si tratta di un incontro in cui l’United Jewish Committee (1) ha convocato i rappresentanti dei tre candidati presidenziali - McCain, la Clinton e Barak Obama - per mettere alla prova la «fedeltà ad Israele» di ciascuno. Il termine usato, «fealty», indica l’atto di fedeltà del vassallo al signore.

Un vero processo, con i candidati in veste di imputati (in contumacia), ma rappresentati da tre avvocati difensori: l’ex segretario di Stato Lawrence Eagleburger per McCain, la ex dirigente della Casa Bianca Ann Lewis per Hillary Clinton. Quanto ad Obama, ha mandato come suo difensore un pezzo grosso della comunità, uno col curriculum più kosher che ci sia: Dan Kurtzer, ex ambasciatore in Israele, oggi docente a Princeton.

Kurtzer, secondo il resoconto del Washington Post, è andato subito al cuore dell’argomento in nome del suo cliente-imputato: «Nella comunità circolano voci che dicono che c’è qualcosa di sbagliato nell’atteggiamento di Obama verso gli ebrei e verso Israele. Voci che circolano in e-mails, allusioni che appaiono sui giornali… lo stesso tipo di cose che la nostra comunità ha subito da parte degli antisemiti».

Gli ebrei che voteranno democratico sono contro Obama, e non da oggi. Perché è negro. Perché ha espresso simpatie per i palestinesi e antipatia per il Likud. Perché s’è scelto come consigliere in politica estera Zbigniew Brzezinski (Council on Foreign Relations), che definisce la politica americana in Medio Oriente «moralmente ipocrita», ossia sempre dalla parte di Israele anche quando Giuda ha torto.

Ma il peggio è arrivato con la rivelazione che il capo carismatico della «chiesa» fanta-cristiana e negra che Barak Obama frequenta, il «reverendo» Jeremiah Wright, ha accusato Israele di «terrorismo di Stato contro i palestinesi», e per di più, alludono, è amico di Farrakhan, il capo dei black muslims, «antisemita» dichiarato. Invano Obama ha preso le distanze dal «reverendo»; egli è sospetto e dunque non avrà soldi ebraici, né sostegno propagandistico.

Gli ebrei gli preferiscono Hillary, a cui fanno avere appoggi e denaro. «Su Israele non ci sono differenze fra i tre candidati», ha cercato di dire Kurtzer, il difensore del negretto: risate, urla di «comunista»! dalla platea ebraica. Kurtzer ci ha riprovato.

A proposito degli spropositi del reverendo Wright di cui Obama è una pecorella, ha detto: «Anche molti di noi e di voi, che apparteniamo alla comunità e alla sinagoga, non vorremmo essere giudicati dalle parole di certi rabbini che a volte dicono cose ridicole» (come che gli altri uomini sono animali parlanti?). E’ stato subissato di proteste.

Anne Lewis, l’ebrea che rappresentava Hillary, è sbottata: «Ma se Obama ha dichiarato che nel suo primo anno di presidenza s’impegna a incontrare Ahmadinejad!». Lawrence Eagleburger, il difensore di McCain, ha rincarato: «McCain non parlerà coi siriani, non parlerà con gli iraniani, non parlerà con Hamas né Hezbollah… E non farà pressioni su Israele». Il giuramento di fedeltà-vassallaggio non poteva essere più esplicito.

Uno degli esponenti della comunità, tale Daroff: «Ho sentito dire nei corridoi che Obama non vede la questione di Israele come la vede la comunità ebraica o come il Senato». Altri hanno ricordato che Obama, di recente, ha detto: essere per Israele non significa essere per il Likud. Kurtzer ha cercato di difenderlo: «Ciò significa solo che vuol sentire una pluralità di voci» da Sion. Gelo in sala.

Poi Anne Lewis, la giudea che controlla Hillary, ha scandito: «Il compito del presidente degli Stati Uniti è di sostenere le decisioni che sono prese dal popolo d’Israele. Non spetta a lui distinguere o scegliere fra i partiti politici israeliani». Ecco il programma di vassallaggio dichiarato. Non spetta al presidente USA impicciarsi nella politica interna israeliana, ma gli ebrei possono impicciarsi della politica interna americana, distinguere e scegliere fra i candidati quelli che più sono sottomessi a Sion. Vivissimi applausi dalla platea kosher.

La decisione è presa: Obama non è abbastanza sottomesso agli ebrei, come hanno dimostrato con zelo non solo i giudei presenti, ma anche i rappresentanti della Clinton e di McCain. Qualcosa ci dice che Obama non vincerà le elezioni.

Ultimo particolare fornito dal Washington Post: «Addetti alla sicurezza con accento israeliano mandavano via la gente in quanto la stanza era sovraffollata». La stanza del Washington Hilton dove si è svolto il processo al negro che osa candidarsi e qualche volta criticare il Likud. Processo sommario, con guardie del Mossad alla porta. Forse non ci crederete. Chi sa l’inglese, legga per credere: Dana Milbank, «The audacity of Chutzpah», Washington Post, 18 marzo 2008, pagina 2.

Il giornalista Milbank, ovviamente ebreo, è noto per aver sobriamente definito «nazisti» i professori Walt e Mearsheimer, colpevoli di avere stilato il noto saggio «The Israeli Lobby». Milbank approva, naturalmente, la sottomissione (fealty) di McCain e della Clinton, e sbatte in prima pagina Obama come insubordinato.

E a proposito: il Dipartimento di Stato americano ha diffuso il suo annuale rapporto dal titolo «Contemporary Global Anti-Semitism», in cui espone la seguente tesi: ogni critica ad Israele è un atto di antisemitismo; oggi, l’antisemitisamo si cela nelle critiche allo Stato sionista. Strano, ma il nostro amato presidente Giorgio Napolitano aveva già detto la stessa identica cosa prima. Quando il vassallo indovina ed anticipa i desideri del suo signore, questa sì è vera fedeltà (fealty, sottomissione).

Ma c’è sempre qualcuno che ti supera in fealty: Roma, 19 marzo - (Adnkronos): Silvio Berlusconi condivide personalmente la sofferenza per gli attacchi terroristici in Israele. «Sento personalmente la sofferenza della gente in Israele, e questo mi fa sempre sentire più vicino», afferma il leader del PdL in un’intervista esclusiva al quotidiano israeliano Yedioth Ahronot. Ecco tra chi siamo chiamati a scegliere, noi occidentali.



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1) Dal sito dell’organizzazione: «The United Jewish Communities represents and serves 155 Jewish federations and 400 independent Jewish communities across North America. It reflects the values
of social justice and human rights that define the Jewish people. The values of caring that transform lives and perform miracles». Esiste anche una filiale della UJC in Israele: «UJC Israel acts as the liaison between Israel and the American Jewish community, interfacing with the government, the Jewish Agency for Israel (JAFI) and the Joint Distribution Committee (JDC), the business community, the voluntary sector, opinion makers, the media, and the general public».

Maurizio Blondet da www.effedieffe.com

martedì 18 marzo 2008

Tibet libero!


Tempo fa discutevo con un idiota che aveva l'ardire di negare le centinaia di milioni di morti di cui il comunismo deve rispondere alla Storia. Bisogna proprio essere idioti per far affermazioni del genere.
Il comunismo non ha mai smesso di mietere vittime. L'ultima è il Tibet.
Da tempo la Cina ringhia sbavante contro il Tibet. Ne vuole l'annessione. La scusa ufficiale sa di ridicolo: rivendicano la proprietà del Tibet in quanto, dopo l'invasione e l'unificazione di Tibet e Cina ad opera dei mongoli (1279), i cinesi si ribellarono e cacciarono via gli invasori nel 1368 dando vita alla dinastia Ming che regnò per 300 anni circa.
I cinesi non ricordano però che nel 1358 (dieci anni prima) erano stati i tibetani, al comando di Phagma Drupa a cacciare dal Tibet i regimi Sakya.
La verità è che la Cina comunista non può tollerare la presenza nel suo cuore di uno stato indipendente dal regime, mantenente una sua autonomia politica e religiosa.
Ecco quindi partita la stategia d'azione: debellare il Tibet.
Si arriva a dire che il Dalai Lama stia fomentando un gruppo di ribelli tibetani. Ormai non si sa più cosa inventare.
Così è stato oscurato internet, tolta l'energia elettrica, istituito il coprifuoco e la Repubblica Popolare ha schiantato il suo maglio contro Lhasa.
La furia comunista non mostra pietà. Centinaia di ragazzi e monaci sono caduti sotto i colpi dei soldati che sparano a vista e senza alcun motivo.
Da occidente il silenzio.
Un silenzio colpevole. Si teme di incrinare i rapporti con la Cina che, essendo diventata una potenza economica e militare, comincia a suscitare i pavidi timori di questo occidente smidollato. E quindi il Dalai Lama diventa un personaggio scomodo. Nessun paese lo ha ospitato. Solo Grillo e Letizia Moratti sono andati a stringergli la mano.
Nessuna carica dello stato, nessun politico.
A malincuore sono costretto a criticare anche il Papa. Neanche lui ha voluto accogliere il Dalai Lama. Il rischio era di incrinare i rapporti con la Chiesa cinese.
Quale Chiesa cinese? Gli unici sacerdoti obbedienti alla Chiesa di Roma sono tutti nei Lao-gai, i campi di concentramento e lavoro forzato cinesi. Gli altri sono servi del governo: da loro non si possono sentire parole di condanna contro il regime. Il governo cinese cerca di tenere buono il popolo. La spiritualità è una componente propria dell'essere umano. Non si può negare per sempre impunemente ad un popolo la sua naturale propensione al trascendente. Allora il governo ha piazzato uomini di fiducia anche dentro le chiese. Uno stile orwelliano.

Adesso si avvicinano le Olimpiadi. Una grande festa di sport, ma accompagnata da un ingentissimo business economico.

BISOGNA BOICOTTARLE! Ogni moneta va ad arricchire un regime che va fermato!

Che i nostri atleti non vadano a giocare in uno stato che vuole cancellare il Tibet sterminando i tibetani.
Uno stato che obbliga all'aborto. (1)
Uno stato maschilista, dove la donna è meno di un oggetto.
Uno stato senza libertà di parola o di stampa.
Uno stato che mantiene campi di concentramento dove gli internati sono costretti a lavorare senza essere retribuiti. Questo consente alla regime comunista di esportare materiale a prezzi concorrenziali.
La condanna deve essere ferma e forte. E che la gridino tutti: capi di stato e autorità religiose!


Chiedo
1. che vengano boicottate le olimpiadi di Pechino
2. che vengano ritirati gli ambasciatori italiani in Cina
3. che arrivino condanne e sanzioni severe da parte delle nazioni unite
4. che, se necessario, si costituisca un esercito che prenda le difese del popolo tibetano.
Perchè esistono guerre giuste. Difendere il debole, ultima ratio anche con l'uso delle armi, è un dovere che non può lasciare indifferenti.

Tornerà a garrire la bandiera di Thubten Gyatso, per un Tibet LIBERO!

(1) Per chi volesse approfondire: cercate nel motore di ricerca interno "miserere nobis"

domenica 16 marzo 2008

Il dialogo che non vogliono


Una delle pochissime cose che ricorderò con piacere del governo Prodi è la volontà del ministro degli esteri D'Alema a portare avanti il dialogo con Hamas.
Una dichiarazione coraggiosa che nessuno della combriccola di Berlusconi porterà mai avanti. Troppo schiavi di USrAele.
In un conflitto le parti sono due ed il dialogo deve essere affrontato con entrambe. Hamas è stato regolarmente eletto dal popolo palestinese, ma non ha mai potuto governare perchè scomodo per Israele. Così nascono sanguinosi conflitti che bagnano di sangue la Terra Santa.
D'Alema sapeva bene a cosa andava incontro. Le comunità ebraiche e i media gli danno addosso. Fiamma Nirenstein vomita su di lui i suoi deliri.
In realtà c'è ben poco da fare: se si vuole ottenere la pace in Palestina il dialogo deve passare per Hamas. Il servilismo nei confronti di Israele ci rende complici dello sterminio che lo stato ebraico sta perpetrando nei confronti dei palestinesi e, naturalmente, ci inimica a questi.
Quì non si parla di trattare con i terroristi. Quella in Palestina è una vera e propria guerra portata avanti nell'unico modo con cui può farlo un paese del terzo mondo contro la terza potenza militare mondiale: colpisci e scappa.
I telegiornali hanno parlato per giorni e giorni della bomba nella scuola rabbinica, ma dimenticano i raid che Israele compie nella striscia di Gaza e negli ormai esigui territori rimasti sotto l'Autorità Palestinese. Ogni giorno decine di persone muoiono di stenti, quando non sotto i modernissimi missili israeliani, magari sganciati da elicotteri Apache che sorvolano il territorio senza dare un minimo di pace alla popolazione.
E poi ci sentiamo dire che i missili sono stati sganciati in risposta al lancio degli ormai famosi razzi Qassam.
La gente pensa a chissà quale arma di sterminio di massa quando sente parlare di razzi Qassam. Sono solo dei cilindri di ferro, spesso privi di esplosivo. Armi naturalmente inferiori anche ai peggiori pezzi dell'arsenale giudaico.
La soluzione per la pace non può passare unicamente per Israele perchè Israele non vuole la pace.
La sua politica nei confronti dei palestinesi mostra la precisa volontà di sterminarli.
Non possiamo permetterlo.
Quindi complimenti a D'Alema e speriamo che il suo successore sia in grado di portare avanti il lavoro che è stato cominciato.

mercoledì 12 marzo 2008

fascismo che ci consentono

Ecco il pericolo che incombe sull’Italia: Ciarrapico il fascista confesso. «La rabbia del leader di AN», scrivono i giornali, «Bossi: faccia un passo indietro». I TG strapieni di mal trattenuta indignazione, l’Unità figuriamoci. C’è un fascista nelle liste del Salame. Scandalo.

Almeno per un giorno, come richiede l’ammuina pre - elettorale, la sinistra regressista ritrova il suo riflesso condizionato preferito. Ciarrapico fascista? Per favore. Il fascismo fu un movimento combattentistico, esito della Grande Guerra, fu un movimento di massa, fu un movimento giovanile e giovanilista. Oggi non ci sono né combattenti, nè masse, né giovani: non fosse per la demografia calante, il fascismo sarebbe impossibile.

Ciarrapico è un senile miliardario un po’ losco, intimo in affari con Berlusconi, messo in lista, pare per togliere le «masse» a Storace, qualche decina di voti. Per favore, un minimo di serietà. L’incidente tuttavia è stato istruttivo.

«Le leggi razziali del ‘38» sono state ripetutamente indicate come il delitto massimo e delegittimante del fascismo; nessuna menzione all’entrata in guerra in totale impreparazione, evento alquanto più grave per l’Italia, che infatti è morta dall’8 settembre del ‘43. Istruttivamente, Il Messaggero s’è precipitato a intervistare Fiamma Nirenstein, candidata nelle liste del Salame accanto al Ciarra, sperando di raccogliere il suo sdegno o almeno imbarazzo.

Imbarazzo nessuno: «Sono perfettamente a mio agio», dice subito. Ma come, non dice a Berlusconi «o lui o io»? «Assolutamente no. Mi candido convintamente. Farebbero bene a imbarazzarsi nel PD, dove c’è D’Alema che ha come obiettivo il dialogo con Hamas e con l’Iran. Questa sì è una cosa grave». Ma molti altri ebrei dicono che una convivenza con Ciarra è impossibile per un ebreo, boccheggia il giornalista.

«Parole strumentali», replica la Nirenstein. E subito dopo: «Mi riconosco nel PDL perché sulla questione del Medio Oriente non si è fatto influenzare dalla propaganda anti-israeliana. Qui non c’è chi è andato a braccetto con un deputato Hezbollah in Libano. Io sono stata candidata da Fini, un politico che stimo enormemente perché è andato in Israele, con la kippà in testa, a riconoscere le colpe del fascismo».

Insomma Berlusconi ci fa votare una cittadina israeliana la cui sola preoccupazione è Israele, non l’Italia. Per la quale, di tutti i problemi e le sciagure che incombono sull’Italia, il solo discrimine che conta è: essere filo-israeliano. Essere andati in Israele con la kippà in testa. D’Alema che «ha come obiettivo il dialogo con Hamas e con l’Iran», questa sì «è una cosa grave». Dobbiamo intendere: più grave del fascismo.

E insiste: D’Alema «è andato a braccetto con un Hezbollah in Libano». Ciò che è veramente grave, male-assoluto, imperdonabile, è non appiattirsi sulle posizioni di Sharon, di Olmert. Nessuna minima autonomia è permessa. Altrimenti si è peggio che fascisti. Ma c’è di più. Fiamma Nirenstein è fascista.

Lo disse lei stessa, tutta giuliva, in un’intervista alla Jewish World Review del 15 luglio 2003. Dove spiegava «How I became an unconscious fascist», come sono diventata una fascista inconscia (eh già, gli ebrei hanno l’inconscio), abitando in Israele e prendendo parte alle lotte contro la razza inferiore. Una fascista così fanatica, raccontò, «che un famoso scrittore israeliano mi ha detto al telefono un paio di mesi fa: tu sei diventata una estremista di destra».

Naturalmente, il fascismo della Nirenstein non è quello di Ciarrapico. E’ il fascismo israeliano, venato di razzismo talmudico, che deriva direttamente da Vladimir Jabotinsky e dal suo partito cosiddetto revisionista: un partito armato, che già propugnava la guerra e l’espulsione dei palestinesi, e le cui milizie («Legione ebraica») furono addestrate da Mussolini, di cui Jabotinsky era un fiero ammiratore.

Il movimento di Jabotinsky è stato fertile di personaggi neri, o meglio bruni. Nel 1940 la Lehi (Banda Stern) contattò il Terzo Reich offrendo il suo aiuto nell’«evacuare» gli ebrei d’Europa, e proponendo «l’instaurazione di uno storico Stato ebraico su base nazionale e totalitaria, connesso al Reich germanico con un trattato». Non si tratta di elementi marginali nella storia sionista.

Yabotinski fu eletto membro del Congresso Sionista Mondiale (1921-23). Un esponente di primo piano della Banda Stern, terrorista attivo e promotore della alleanza coi nazisti, Yitzhak Shamir, fu capo del governo israeliano nell’83; era a destra persino di Sharon; entrambi esponenti del Likud, il partito nato dal movimento di Yabotinski. Il Gush Emunim, il movimento la cui yeshiva è stata colpita dal recente attentato, nido di coloni armati, è omogeneo alle idee razziste di Jabotinsky: simpatizzano per il Gush Emunim il 52% degli israeliani.

Movimento armato, che propugna la violenza come mezzo di affermazione politica, con milizie giovanili, assetato di «terra», di «spazio vitale» da portar via ai palestinesi con il sangue. Sembra qualcosa di più seriamente fascista di Ciarrapico. Dopo l’attentato, i militanti della yeshiva hanno gridato «Morte agli arabi». Provate solo a pensare se qualcuno gridasse «morte agli ebrei»…

Ma questo è il punto: c’è un solo fascismo legittimo, oggi. Potentemente armato, e intento ad espandere il suo «spazio vitale» con continue provocazioni e attacchi preventivi ai vicini. Su cui non si leva nessuno scandalo, e che non subisce alcuna discriminazione.

Le vedute di Fiamma Nirenstein sono, non si sa quanto «inconsciamente», perfettamente coincidenti con il nazifascismo israeliano. Lo ammette lei stessa, nella rivista ebraica sopra citata. Magari a forza di lapsus linguae, come insegna Freud, quando il subconscio rigurgita: «Solo perché mi identifico con un paese continuamente attaccato dal terrore sono diventata una estremista di destra?», protesta lei.

«Ogni Paese ha diritto a difendersi. Solo agli ebrei nella storia è stato negato il diritto all’autodifesa, e così è anche oggi».

«La parola d’ordine degli ebrei deve essere ‘Orgoglio ebraico’, nel senso dell’orgoglio
per la nostra storia e la nostra identità nazionale».

E ancora: «Orgoglio ebraico significa che dobbiamo rivendicare l’unicità identitaria del popolo ebraico e il suo diritto ad esistere: dobbiamo agire come non sia mai stati riconosciuto, perché oggi, di nuovo, non è più riconosciuto. Nella difesa della nostra identità dobbiamo essere, come dice Hillel Halkin, più duri che possiamo e più liberali di chiunque altro».

«Né destra né sinistra. Non diamo alla sinistra il potere di decidere dove collocarci. Noi decideremo le nostre alleanze da soli, secondo l’attuale posizione dei nostri partner potenziali».

Tutte queste frasi, camerata Fiamma, sono puro fascismo. Anche i tedeschi, negli anni ‘30, protestavano: ci chiamate estremisti di destra solo perché ci identifichiamo con il nostro Paese, attaccato da tutte le parti? La nostra parola d’ordine dev’essere «orgoglio ariano», orgoglio per la nostra identità nazionale. In questa difesa della nostra identità - sempre minacciata dalla «pugnalata alla schiena», dalla «vittoria mutilata», dallo «spazio vitale» che ci viene negato dal complotto demo-pluto giudaico, dobbiamo essere i più duri.

Anche gli italiani pensavano così, negli anni ‘30: che c’era una congiura mondiale che impediva alla razza italiana colonizzatrice di conquistare il suo spazio vitale. Anche il fascismo non volle essere «né destra né sinistra».

Solo che dalle nostre parti - se sia un bene o un male decida il lettore - queste cose non si possono più dire. Non si può identificarsi con la propria nazione. Non si può mostrare orgoglio per le armi della nazione e le sue vittorie, la storia e l’identità sono cancellate, o motivo di colpa. Quello era il fascismo «nostro». Se fu un errore o un delitto, fu un «nostro» errore o delitto - come una malattia di famiglia, che non dovrebbe essere negata ma semmai studiata, capita.

Invece no: il fascismo nostro ci è stato asportato. E in quel vuoto, ci trapiantano il fascismo ebraico. Potete ancora essere fascisti senza vergogna, purchè lo siate per Giuda.

La falsificazione della politica italiana, della stessa natura e storia italiana, non potrebbe avere sintomo più chiaro: ci è permesso di vivere politicamente solo dopo aver subìto il trapianto, di esistere solo con organi altrui, per scopi altrui. Oggi israeliani, ieri atlantici o sovietici, russi o americani. Italiani mai più.

Maurizio Blondet
www.effedieffe.com

sabato 8 marzo 2008

Una mimosa

Una mimosa per quelle donne che combattono contro l'aborto. Perchè riconoscono l'immenso valore della vita umana e la difendono con coraggio.

Una mimosa per le donne vittime di violenze domestiche e non. Che possano avere il coraggio di denunciare i loro aguzzini e possano avere una vita felice.

Una mimosa per le donne vittime di discriminazioni sul lavoro. Ormai il valore professionale delle donne è stato dimostrato: negarlo è da stupidi.

Una mimosa per le donne che hanno scelto di fare il lavoro più bello e importante, quello delle mamme. Formano le fondamenta per una società sana.

Una mimosa per le donne che ricordano la morte sul posto di lavoro di quelle ragazze 100 anni fa. E non lo fanno certo gridando dentro un pub, bevendo come spugne, sparlando di uomini e mettendo banconote nelle mutande di uno spogliarellista. Che si lascino queste cose ai più squallidi tra gli uomini.


Mentre i movimenti veterofemministi cercano di riempire piazza Navona, portando avanti i loro "diritti" bagnati nel sangue del nascituro, s'alza la voce di quelle donne forti, non conformi, che difendono nel migliore dei modi il valore più grande: la Vita.

lunedì 3 marzo 2008

Creare testimoni

L'ebreo Sarkozy ha avuto una brillante idea: far "adottare" ai bambini francesi di 5° elementare un bambino vittima della Shoa. Una strategia ben mirata.
Presto i testimoni dell'olocausto saranno tutti morti e al movimento sionista verrà a mancare lo scudo col quale hanno difeso anni di occupazione della Palestina e coperto le loro innumerevoli vittime palestinesi.
Allora urge correre ai ripari. Bisogna creare una nuova generazione di "testimoni dell'Olocausto" per poter così continuare nella politica che sta portando il genocidio dei palestinesi.
L'opinione unanime degli psicologi francesi è che attuare un progetto del genere può essere seriamente pericoloso per l'equilibrio psichico di bambini di 10 anni che si vedrebbero caricare sulle spalle un peso insostenibile.
Non c'era certo bisogno di scomodare gli psicologi per giungere a questa conclusione.
Ma il discorso va ben oltre.
Questa "adozione" somiglia tanto ad una venerazione. Il goym che dovrebbe pregare un membro del popolo eletto è un evento auspicato nel Talmud e predicato da molti rabbini, soprattutto nella setta dei Lubavitscher.
Sarebbe la definitiva consacrazione di quella che Blondet definisce l'ultima religione rimasta e concessa: la religione dell'Olocausto.
Ad onor del vero c'è da dire che, dopo le dichiarazioni degli psicologi, anche molti membri della comunità ebraica hanno criticato l'idea di Sarkozy in quanto porterebbe ad una "banalizzazione dell'Olocausto".
Meglio così, pericolo scampato.
Resta comunque da condannare l'idea stessa che si possa attentare alla sanità mentale di bambini per portare avanti la politica di morte attuata da Israele e dal movimento sionista internazionale.
Mentre Sarkozy si accoppia con Carla Bruni, a Gaza ogni notte muoiono centinaia di bambini palestinesi sotto i missili israeliani.
Chiudere gli occhi e far finta di non vedere o non sapere ci rende complici del massacro.

Un popolo finalmente liberato


Delitti orribili avvengono in Italia, sempre più spesso.
Si abbandonano bambini nei pozzi.
Si ammazzano fidanzatine dopo aver «fatto l'amore» con loro.
Si massacrano vicini che facevano rumore, per orecchi ossessi.
Mariti ammazzano a revolverate sulla pubblica via mogli da cui hanno divorziato da anni. Ragazzini picchiano altri ragazzini fino a renderli invalidi, bulletti pestano alle gambe un loro compagno perché vuol fare il ballerino, angariano maestre e professoresse.
Si falciano cinque donne ad una fermata d’autobus, percorrendo una strada pericolosa, con obbligo di 30 all’ora, a cento.
Basta un po’ di nebbia perché decine di guidatori-pecore s’infilino, a 130 all’ora, dentro un tamponamento a catena infinito: quelli che arrivano ci danno dentro, la massa di ferraglie e sangue diventa enorme, assuma la forma di strage.
Qualcosa di mostruoso avviene in Italia.

Il lato più mostruoso è la «normalità» degli assassini e degli stragisti, la loro «medietà»: piccolo-borghesi, vicini di casa, studenti modello, lavoratori con amante, genitori separati e conviventi, guidatori che accelerano nella nebbia col telefonino all'orecchio… non è uno specifico gruppo professionalmente criminale; è, apparentemente, la società italiana ad essere colta da questa indifferenza omicida.
Ma il peggio è ciò che unisce tutti questi mostri normali, il movente.
Quasi sempre si ammazza «d’impulso», per obbedienza a una voglia, a un desiderio improvviso.
Si ammazzano ostacoli momentanei al piacere cui si ritiene di aver «diritto».
Si ammazza per togliersi la soddisfazione, per odii incontrollati, per conseguire un piacere.
Anche le stragi colpose, i tamponamenti a catena o l’eccesso di velocità assassino, ha questo carattere di «spontaneità».

Si ammazza per inavvertenza, per stupidità, per non volersi concentrare in quel che si fa, con una sorta di nonchalance, delinquenziale ma «normale» e media.
Il denominatore comune è l’irresponsabilità totale.
Che è lo stato raggiunto da una società che si sente «liberata» da ogni obbligo.
Un popolo che non ha più «né Dio né padroni», e quindi si è esentato da ogni sforzo morale. Liberato dal migliorarsi, dallo studio come dalla guida attenta.
I due fratellini di Gravina saranno pur morti «per caso», caduti nel pozzo.
Ma basta vedere la faccia del loro padre, questo ignorante prepotente che ha abbandonato la moglie non più piacente per una biondazza di paese, per intuire che quello, prima che padre, è uno che «vuole vivere la sua vita» senza ostacoli.
Il «caso» mortale, in mano a un simile padre, è dietro l’angolo.
Luoghi come Gravina un tempo condannavano socialmente un simile padre che abbandonava
la moglie; oggi non più, condona.
E’ questo il problema.

La società intera condona se stessa.
Ci siamo emancipati da ogni dovere.
Ogni sforzo, intellettuale o del vivere, lo rifiutiamo: vogliamo «vivere la nostra vita», perseguire
il nostro piacere a scapito di qualunque prossimo.
Vogliamo pestare se ci va, stuprare se ci gira, abortire quando fa comodo, fare le veline anziché le infermiere, i discotecari anziché gli ingegneri.
Attenzione: non solo alcuni.
Il fenomeno è massiccio, come è di massa il nuovo senso comune: ciascuno si sente dotato dalla «democrazia» di un fantomatico «diritto al piacere».
Sottopelle, è l’intera società che pensa così: per questo è pericoloso il vicino di casa, il fidanzatino o il compagno di un’ora, il bulletto di classe, l’automobilista su strada dissestata.
Sono tutti alla caccia della loro quota-parte di godimento, e ci mettono niente ad ammazzare. L’abuso di massa delle droghe, da parte di gente che consideriamo e si considera «normale»,
lo conferma.
Il sedimento d’inciviltà invincibile, sempre presente nel fondo della società italiana, diventa più spesso e crostoso.

Attenzione, non è un fenomeno spontaneo: è il risultato di una educazione.
Tanti intendono la «democrazia» come il rifiuto di riconoscere, di principio, una qualunque autorità che ci ponga un dovere, un compito nella vita.
Per la gente, è «democratico» il politico o il giudice di manica larga, il prete progressista che condona, l’ideologo che promuove la legalizzazione dei vizii; è «autoritario» il Papa che predica invano «non uccidere».
In questa percezione della «democrazia», la vita non ha più modelli superiori, a cui i mediocri vengano invitati (o obbligati) ad adeguarsi.
Nella «democrazia», la vita non ha più doveri; è una gran serata in discoteca, con sballo finale.
La cosiddetta classe dirigente essendosi resa irresponsabile della nazione, lavandosi le mani degli oppressi e dei poveri nella società, non ha naturalmente più compiti collettivi da indicare (sarebbe «autoritarismo»).
Del resto, è ben lieta essa stessa di non aver più compiti, di delegarli alla Unione Europea o agli altri organi sovrannazionali non-eletti; è più «libera» così, non deve mantenere le promesse che fa né la parola data, non deve rischiare il successo e i soldi per fedeltà a un principio, né farsi carico del futuro del Paese.

Ovviamente, essa fa da modello: se comanda «chi non deve comandare», è suonata per tutti la campanella delle vacanze.
Siamo in vacanza da ogni serietà, non ci si richiede più applicazione né attenzione,
né concentrazione; basta coi sacrifici, è ora di divertirsi, di godersela.
Ci siamo dati l’ideologia per diventare mostri: il radicalismo permissivo, la «legalizzazione» di tutte le trasgressioni che ci possono venire in mente.
«Trasgressioni legali» sembra una contraddizione in termini, è infatti lo è: solo la stupidità imperante può conciliare le due cose, solo la convinzione profondamente cretina che gli atti compiuti non abbiano conseguenze, che la dura realtà sia al nostro servizio di ragazzini viziati.
La «democrazia» si riduce a una legalizzazione delle trasgressioni, e dunque nella dissoluzione sociale e morale.
Non si hanno più doveri nè verso il vicino, né verso il vecchio malato, né verso il giovane brillante lasciato senza lavoro, e men che meno verso l’altro automobilista da sorpassare, o la famigliola che attraversa sulle strisce.
L’ideologia è dotata del suo apparato di propaganda, il più potente strumento dis-educativo: la TV e la pubblicità.

Esse gridano ogni minuto: Soddisfa la tua sete, segui il tuo impulso!
Compra quest’auto che non puoi permetterti, ecco comode rate!
Adocchia questa bellona seminuda, puoi prenderla!
Ti si offre, versale l’amaro!
Dovunque, palpitanti puttanone-testimonial di biscotti o di reggiseni ti invitano: siamo qui per te, per il tuo piacere.
E’ il piacere cui hai diritto, finalmente alla portata di tutti, anche di cazzoni mediocri come te!
Firma le cambiali e sarò tua, Audi, BMW o puttanona.
E a chi gridano questo messaggio?
A bambini indifesi abbandonati per ore davanti al teleschermo.
Ad adulti di provincia, facili a convincere che è finalmente passata l’epoca del dovere,
delle strettezze e dei sacrifici.
E’ passata l’epoca del timor di Dio: oggi ciò che faceva orrore alle nostre nonne e ai curati di campagna è "legale", se ne ha "diritto".
Si può prendere, anzi si deve se si vuol essere qualcuno.

Liberati dalla fede in Dio, liberati da ogni senso e compito, ci sentiamo meglio.
Sono anni di vacanza.
Nessuno a cui rispondere, nessuna vocazione a cui obbedire.
E nemmeno c’è da imparare a guidare l’auto con attenzione: l’ho comprata, sto pagando le rate, dunque «ho diritto».
Passare col rosso è vietato?
Ma se hanno legalizzato l’aborto e parlano di droga legale, cadrà anche quel divieto, un divieto minore; i politici già passano col rosso, in tutti i sensi; spetta anche a noi, siamo o no
in «democrazia»?
Vergognarsi di manifestare odio ed invidia per il vicino?
Di desiderare la sua donna, i suoi abiti firmati?
Ma in TV ci sono modelli che si vantano di cose di cui dovevano, in passato, vergognarsi, e vengono proposti alla nostra adorazione!
La secolarizzazione portata alle masse, è il diritto al piacere, all’egoismo, al cieco soddisfarsi immediato.
Il diritto all’inciviltà e alla stupidità contenta di sé, paga del suo destino zoologico.

Ripeto: questa marcescenza sociale di massa è il risultato di un’educazione, tenacemente perseguita e propagandata.
Una breve spia di quanto affermo: la TV di stato manda in onda Sanremo, e poi tutti i media si lamentano, gli ascolti sono bassi.
Dunque non è vero che la TV (di Stato) dà al pubblico «ciò che il pubblico vuole».
E’ Pippo Baudo che «vuole il suo pubblico», che esige il pieno di audience, per rifilarci la pubblicità per cui riceve miliardi occulti e palesi.
E’ la TV che ci rende «pubblico» in questo senso deteriore, che ci impone cose che nemmeno vogliamo, che ce le fa ingollare per dritto e per traverso.
E’ la TV che ci vende, e per venderci meglio, ci rende più incivili, più stupidi, più proni all’omicidio d’impulso.




Maurizio Blondet da wwww.effedieffe.com

Li stanno sterminando


Il massacro di Palestinesi sta raggiungendo cifre impressionanti. L'invasione di gaza ha causato più di 100 morti e diverse centinaia di feriti. tra i morti,anche bambini dai 6 mesi ai 12 anni. Con questi, si è sforata quota 1000 in 5 anni.
E tutto questo,in risposta(a detta del governo israeliano) al lancio di razzi qassam al di là di quel vergognoso muro.
Stavolta,insieme ai qassam(che sono razzi artigianali,spesso incapaci di esplodere o addirittura senza esplosivo all'interno)c'erano i grad,attempati missili sovietici che hanno però ucciso un israeliano di Ashkelon,a 15 km da Gaza.
La risposta Israeliana è stata devastante. Nel lager di Gaza,più densamente popolato di Hong Kong, i missili hanno ucciso,a sentire le fonti giudaiche,34 miliziani di hamas con omicidi mirati.
Peccato che quei 34 soldati gioco-forza stavano accanto a civili. E l'utilizzo di missili non è naturalmente in alcun modo selettivo. Le vittime innocenti sono più del triplo dei soldati palestinesi morti.

I giudei continuano a piagnucolare di aver agito solo come ultima ratio ai lanci di quei proiettili da catapulta che osano chiamare razzi.
Ma loro- per loro stessa ammissione- sanno chi sono i miliziani,sanno dove abitano,sanno come si riforniscono di armi,sanno i loro movimenti.
Pur con mezzi capaci di uccidere un uomo dalla stratosfera con sistemi puntatori satellitari, sembrano difettare solo nella mira.


Lo sterminio continua e non arriva nessuna chiara condanna all'operato di Giuda. E il leone continua a mordere la colomba sempre più a fondo. Presto morirà nell'indifferenza del mondo.



Riportiamo una mail di un medico palestinese,tratta da www.effedieffe.com
Il dottor Mona El Farra, spiega in una mail com’è la vita sotto Sion:
«Il mio sonno è stato per lo più interrotto la notte scorsa, e così quello di mia figlia. Pesantissime mitragliate contro diverse parti della città, e varie parti di Gaza; il suono dei caccia era spaventoso, e anche quello degli elicotteri. Questa mattina, 28 febbraio, è una guerra aperta senza proporzioni; i civili ne pagano il prezzo. 15 persone sono state uccise negli attacchi della notte, anche un bambino di 3 mesi!!!! (mille i bambini uccisi in cinque anni). Mentre camminavo verso il mio posto di lavoro, la Mezzaluna Rossa (non ho carburante nella mia auto, ma sono solo 25 minuti), ho sentito moltissime esplosioni successive, in varie zone della città; ho visto i soldati delle forze di sicurezza star fuori dalle loro caserme, perché sotto minaccia di bombardamento; ho accelerato il passo, temendo il peggio.
Arrivato al posto di lavoro scopro che non abbiamo carburante per l’ambulanza e gli altri veicoli. Non è entrata una goccia di diesel, a Gaza, da 17 giorni. Tutte le nostre riserve mediche sono finite, mio Dio, questo avrà un effetto disastroso…»


«Medici e infermieri lavorano come sempre sotto pressione; e mentre cerco di organizzare un passaggio di materiale sanitario entro Gaza (è una donazione MECA), non so come faccio a vivere in una così pericolosa situazione; e manca l’elettricità, adesso abbiamo 6-8 ore di elettricità al giorno; l’acqua pulita è un grosso problema per quasi tutti gli abitanti di Gaza.
Non ne posso più, sono esausto, svuotato dal dire e ripetervi sempre le stesse cose, e le cose che vanno di peggio in peggio. Perciò cercate di capirmi se non vi scrivo. Ora sono preoccupato soprattutto della mia vita; e di fare fronte alle necessità di forniture mediche. Il mio fine è giustizia e pace. Passate parola»


Passate parola anche voi