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sabato 19 luglio 2008

Anniversario della morte di Borsellino



In ricordo di chi ha lottato contro la mafia non dai salotti bene della tv, ma lavorando sul territorio.

Adesso siamo in molti, con diversissimo credo politico, a manifestare assieme contro la mafia. Impensabile fino a 20 anni fa.

Un ringraziamento per aver acceso nei cuori dei siciliani la fiaccola della speranza e per averci dato il coraggio di camminare a testa alta senza mai piegare il ginocchio al padrino.

venerdì 25 aprile 2008

Sul 25 Aprile


Come da copione, domani 25 Aprile si ripeteranno in tutta Italia le
celebrazioni della cosiddetta festa della Liberazione. La solita
retorica ed ipocrita celebrazione di quella che in realtà fu una
sconfitta militare, fatta da gente che avrebbe ben poco da vantarsi,
da dar lezioni, e molti scheletri nell'armadio da nascondere.
Non ce ne vogliano ex-comunisti e democristiani, ma proprio non
riusciamo a far parte di questo carrozzone, proprio non riusciamo ad
adeguarci al coro dei "politicamente corretti" che vorrebbero
festeggiare l'epilogo tragico di una guerra, combattuta proprio contro
coloro che chiamano liberatori...pensiamo che solo un popolo "schiavo"
può chiamare liberatori gli occupanti.


Non riusciamo a chiamarli liberatori perchè sappiamo che dietro la
loro partecipazione alla guerra c'erano enormi interessi di una
minoranza di potenti, e non la volontà di liberare l'Italia(e da cosa
poi? dal governo con più consenso della storia?). E la storia seguente
la seconda guerra mondiale ce ne da la conferma, da li in poi gli
americani hanno continuato a far guerre in giro per il mondo, sempre
per interessi poco economici, come per il petrolio del medio-oriente,
cercando di mascherare il tutto con le parole libertà e
democrazia(alla faccia...).


Parliamo degli americani e non dei partigiani, perchè se proprio ci ha
"liberato" qualcuno, questi son stati gli alleati. Alla storia dei
partigiani liberatori ci auguriamo che nessuno dotato di buon senso
creda più....anche se continuano purtroppo ad essere osannati come
tali, come continuano ad essere chiamati eroi, quando molte delle loro
gesta sono associabili come minimo alla vigliaccheria.


No non abbiamo proprio nulla da festeggiare il 25 aprile, come ha poco
da festeggiare l'Italia dei precari, dei mutui usurai, della gente col
problema casa, dei salari bassi, dell'insicurezza, del popolo che se
ne frega dei valori costituzionali e della liberazione, perchè ha
altre cose a cui pensare, perchè non tutti percepiscono le pensioni
milionarie di Ciampi, Scalfaro e Napolitano, c'è anche chi deve
pensare a tirare avanti in qualche modo nonostante tutto.


Ci auguriamo quindi che questa "festa" venga abolita quanto prima, ne
gioverebbero anche le casse statali, e sarebbe l'unico modo per
avvicinarsi ad una pacificazione tra vincitori e vinti di cui spesso
si è parlato.


Nell'attesa non possiamo non ricordare i caduti "dalla parte
sbagliata", quelli le autorità non ricordano: i tanti innocenti caduti
sotto i bombardamenti americani ed inglesi, le 60 mila donne e bambine violentate dagli alleati, gli infoibati e tutte le vittime della
ferocia comunista e partigiana, e tutti i soldati della Repubblica
Social caduti per difendere l'onore tradito, la loro patria ed un'idea
assoluta, continuando a combattere anche quando tutto ormai era
perduto.
Per loro: Onore e Gloria!

mail segnalata da Kattoliko.

giovedì 14 febbraio 2008

Quando la democrazia fu esportata a Dresda

Il bombardamento di Dresda (13-14 febbraio 1945).

Spaventoso cinismo di un’azione militare del tutto ingiustificata. Nel febbraio del 1945 la Germania era sconfitta ma gli angloamericani decisero ugualmente … (Ndr: l’azione e lo stesso carico di bombe fin dal 1943 era destinato a Milano). Scene infernali. Dopo aver raccolti i miseri resti bruciati, sullo sfondo, un gigantesco falò li incenerisce del tutto. Un inutile massacro. 200.000 corpi inceneriti. Macabro record di disumanità, non eguagliato neppure dai bombardamenti atomici sul Giappone Dresda non era mai stata toccata seriamente dalla guerra, sia per la posizione geografica sia perché non aveva né industrie né impianti militari rilevanti. Ma l’importante era “terrorizzare”. Ci riuscirono!

Amburgo, ore 0.55 del 28 luglio 1943. “… Fu l’inizio di un nuovo attacco aereo. Il fosforo dilagò sull’asfalto. Bombe a benzina alzavano nell’aria fontane di fuoco alte venti metri. Fosforo già incendiato si riversò sulle rovine come un violento acquazzone. Sibilava e turbinava come un ciclone. Bombe più grosse e potenti sollevarono letteralmente in aria intere case…. Le persone uscivano urlanti dalle rovine. Torce viventi vacillavano e cadevano, si rialzavano e correvano sempre più in fretta… Alcuni bruciavano con fiamme biancastre, altri avvolti da fiamme di un rosso acceso. Alcuni si consumavano lentamente in una incandescenza giallo - blu, altri morivano in modo rapido e pietoso. Ma altri ancora correvano in circolo, o si agitavano a gambe all’aria, sbattendo la testa avanti e indietro e contorcendosi come serpi prima di ridursi a piccoli fantocci carbonizzati. Si muovevano, quindi erano ancora vivi… Il sergente, sempre così calmo, perse per la prima volta il controllo da quando lo conoscevamo. Proruppe in un acuto grido: ‘Fateli fuori, per Dio, accoppateli’… Sembra brutale. Era brutale. Ma meglio una morte rapida, data con un colpo di pistola, che una lenta, mostruosa agonia. Nessuno di loro aveva la minima possibilità di salvezza” (da Germania Kaputt , di Sven Hassel - Ed. Longanesi, Milano).
Per parlarvi di Dresda e del suo martirio abbiamo preferito parlarvi prima di Amburgo, perché fu in questa città che, come vedremo, per la prima volta si sviluppò una tecnica distruttiva che prese il nome di Feuersturm , tempesta di fuoco. Ad Amburgo successe per caso, un caso che fu studiato e analizzato, per essere poi applicato scientificamente sulla città di Dresda.
E abbiamo voluto aprire il nostro studio con le parole di Sven Hassel, soldato di un reggimento corazzato di disciplina, che combatté su quasi tutti i fronti in cui fu impegnata la Germania e lasciò, coi suoi libri, una testimonianza impressionante. I libri di Sven Hassel furono definiti, anni fa, da un critico, libri di “bassa macelleria”. E’ verissimo, ma altro non potevano essere, dati gli argomenti. Sono gli stessi argomenti che tratteremo in questo lavoro. E’ una specie di discesa nell’orrore che non si vorrebbe mai percorrere, ma che non si può evitare, se si vuole fare della Storia e non dell’iconografia, in cui quelli che vincono sono i buoni.
Dresda era, in assoluto, la più bella e romantica città della Germania, e una delle più belle e romantiche d’Europa. Aveva scorci di grande suggestione, palazzi barocchi e rococò, piccole case di legno e mattoni fulvi che risalivano al medioevo gotico, vicoli punteggiati di taverne e birrerie senza tempo. Priva di industrie primarie, Dresda viveva una vita culturale intensa e cosmopolita. Apparteneva al mondo, non solo alla Germania, e tanto meno alla Germania nazista. La distruzione arrivò su questa città nel febbraio del 45, quando le sorti della guerra erano ormai segnate. Un uomo che senza dubbio la sapeva lunga, l’architetto Albert Speer, ministro tedesco degli armamenti e della produzione bellica, eccezionale organizzatore, grande amico di Hitler, non ebbe timori ad inviare a quest’ultimo, alla fine di gennaio del 45, un memorandum in cui prevedeva per la Germania la possibilità di resistere ancora per otto settimane. Sbagliava solo di un mese.
Dobbiamo perciò cercare di capire perché una città che era considerata un vero gioiello, che non aveva impianti industriale essenziali per la produzione bellica, che non rivestiva alcuna importanza sotto l’aspetto strategico, conobbe il più crudele attacco aereo di tutta la Seconda Guerra mondiale, effettuato oltretutto quando la sua popolazione, di circa 630.000 abitanti, era raddoppiata per la grande affluenza di profughi che provenivano dalla Slesia, dalla Pomerania Orientale e dalla Prussia, incalzati dall’Armata Rossa.

Ma prima di fare ciò, cerchiamo di chiarire in cosa consista il fenomeno fisico, di spaventosi effetti distruttivi, che passò alla Storia con il nome di “tempesta di fuoco”. Dobbiamo tornare ad Amburgo, la città che ebbe l’indesiderabile onore di sperimentare per prima questo fenomeno. Amburgo era un obiettivo militare primario; su questo punto non vi era discussione. La presenza dei cantieri che producevano quasi la metà dei sommergibili tedeschi basterebbe già a giustificare questa qualifica; ma Amburgo possedeva anche molte industrie pesanti, in massima parte collegate agli armamenti di terra, ed inoltre era anche un nodo vitale di comunicazioni. Il suo porto era il più attivo di tutta l’Europa continentale. Il maresciallo dell’aria Sir Arthur Harris, comandante del Bomber Command della RAF (l’aeronautica britannica) non voleva correre rischi e pianificò una di quelle operazioni di massa che erano tipiche delle sue teorie militari, peraltro avvalorate dai risultati di terribili distruzioni già effettuate sulla Ruhr e su Aquisgrana. In quattro successive incursioni effettuate tra la notte del 24 e quella del 27 luglio 1943, 2.350 bombardieri inglesi e americani scaricarono complessivamente su Amburgo più di 9.000 tonnellate di bombe, di cui circa la metà incendiarie. I morti furono oltre 50.000.

La grande quantità di bombe incendiarie sganciate su un’area relativamente limitata e ricca di fabbricati addensati e infiammabili e la mancanza di vento naturale sulla zona, portarono alla formazione di una corrente ascensionale di aria calda di inaudita potenza e temperatura. L’aria surriscaldata, a temperature dai 600 fino a 1.000 gradi, saliva verso il cielo e l’aria fredda circostante si precipitava a colmare il vuoto lasciato a livello del suolo, surriscaldandosi a sua volta. Il fenomeno si esaurì in tre ore, durante le quali si generarono venti diretti verso il centro dell’immane fornace a velocità fino a 300 km/ora. Chi veniva ghermito da questo vento non poteva opporre alcuna resistenza, ed era scaraventato al centro della zona incendiata, a temperature che volatilizzavano tutto.

Le decina di migliaia di incendi si fusero in una sola gigantesca fiammata; dalla periferia un vento artificiale, sempre più violento, puntò verso il centro, infuocandosi e raggiungendo una velocità di 300 chilometri all’ora; chi si trovava all’aperto, sparì trascinato nel cielo; a terra, intanto, tutto bruciava con tale violenza che venne meno l’ossigeno necessario alla respirazione”. (da Mario Silvestri (fisico), La decadenza dell’Europa occidentale”, Einaudi)
Dove il soffio rovente era solo di 300-400 gradi furono ritrovati poi cadaveri carbonizzati ridotti a circa un metro di lunghezza. Via via che ci si allontanava dall’inferno la temperatura scendeva sui cento gradi e il vento non era più in grado di trascinare. Ma il calore eccessivo bruciava le vie respiratorie, uccidendo per soffocamento chi non era già morto nei rifugi per la mancanza di ossigeno causata dagli incendi. Infine, ci furono coloro che furono colpiti direttamente dagli schizzi del fosforo delle bombe incendiarie: pattuglie di soldati e poliziotti non poterono far altro che abbattere questi infelici per limitarne le sofferenze, come leggevamo in apertura, nell’impressionante testimonianza di Sven Hassel. Lo spostamento d’aria causato dalla corrente ascensionale fu di tale potenza da far oscillare i bombardieri pesanti Lancaster ed Halifax che incrociavano a 5.000 metri di quota. Circa il 70% delle vittime di Amburgo furono causate dalla tempesta di fuoco. Un orrore che sembrava giustificare il nome dato in codice al bombardamento di Amburgo: operazione Gomorra.

Le bombe incendiarie potevano essere caricate a benzina, oppure a termite, un composto di ossido di ferro e alluminio granulare, in grado di sviluppare un calore che fonde il ferro, o infine di fosforo o di fosgene. Lo sviluppo della tempesta di fuoco colse di sorpresa americani e britannici, ma quando ne fu chiara la meccanica Sir Harris, il già citato comandante del Bomber Command non si pose eccessivi problemi. Da tempo sosteneva la necessità di portare la maggior distruzione possibile sul suolo tedesco, per fiaccare la resistenza del popolo tedesco, oltre che per distruggere fabbriche ed impianti militari, e quindi il risultato della tempesta di fuoco fu per lui solo positivo. Il capolavoro di ipocrisia di questo alto ufficiale fu una dichiarazione secondo la quale egli riconosceva e rispettava l’unica convenzione internazionale in tema di guerra aerea, ossia quella stipulata dopo la Grande Guerra, che vietava il lancio di ordigni a gas da aerei e dirigibili. In effetti su Amburgo non fu lanciato alcun gas tossico: che bisogno ce ne sarebbe stato, lanciando già migliaia di tonnellate di esplosivi e di spezzoni incendiari?

Torniamo ora nel 1945; era il settimo anno in cui l’Europa era in guerra. Il mostro nazista era ormai vacillante, e leggevamo sopra la profezia del ministro tedesco Speer, che escludeva qualsiasi possibilità di vittoria e si limitava a calcolare il tempo che restava alla Germania prima di soccombere. Nel giugno dell’anno precedente la più grande operazione militare della Storia aveva visto gli alleati prender terra in Normandia e da lì iniziare a smantellare le resistenze della fortezza Europa. Da Est intanto le armate sovietiche andavano guadagnando terreno ed erano a soli centosessanta chilometri dal centro della Germania. Questo soprattutto terrorizzava le popolazioni tedesche, consce dei sentimenti dei russi che avevano sperimentato i comportamenti delle SS in territorio sovietico ed ora avanzavano in territorio tedesco con una sinistra scritta in cirillico sui carri armati: Vendetta!
In questo quadro di sfacelo generale la Germania mostrava però ancora doti di resistenza incredibile. Nel gennaio 1945 Goring riuscì ancora ad organizzare l’operazione Grande Colpo, che distrusse 196 aerei anglo-americani e ne danneggiò circa 400. bombardando campi di aviazione ormai stabilmente occupati dalla RAF e dall’ USAAF in Francia, Belgio e Olanda. All’operazione parteciparono 800 aerei tedeschi, caccia Messerschmitt 109 e Focke Wulf 190, oltre a qualche caccia a reazione. Erano canti del cigno, come un canto del cigno fu anche la controffensiva terrestre condotta dal generale von Rundstedt. Ma erano comunque fatti d’armi che davano la sensazione agli alleati di una guerra senza fine, dal finale scontato, ma che rischiava di essere ancora troppo lontano.
In questo clima Dresda viveva in una specie di limbo. Non era mai stata toccata seriamente dalla guerra, sia per la posizione geografica sia perché non aveva né industrie né impianti militari rilevanti. Un solo bombardamento, nell’ottobre dell’anno precedente, aveva causato poco più di 400 morti, una cifra quasi irrisoria nella tragica contabilità bellica. Nonostante l’affollamento di profughi di cui dicevamo, Dresda riusciva ad avere quantità di cibo abbastanza soddisfacenti. E molti profughi si dirigevano verso quella città proprio perché era ormai convinzione generale che fosse il posto più tranquillo in cui attendere la fine della guerra, nella speranza di veder arrivare gli americani, o gli inglesi, o i canadesi, o gli australiani, o chiunque fosse, prima dei temutissimi soldati sovietici. Circolava addirittura la voce, del tutto priva di fondamento ma tanto bella da poterla credere vera, di un accordo segreto tra la RAF e la Luftwaffe: gli inglesi si impegnavano a non bombardare Dresda, e i tedeschi si impegnavano allo stesso modo per Oxford. Del resto l’aviazione alleata continuava a martellare la Germania, nella quale ormai 45 delle principali città erano praticamente distrutte, ma lo faceva con una certa logica militare.
Dopo la prima fase delle incursioni vengono organizzate altre operazioni per colpire le fabbriche di carburanti sintetici e le reti di trasporti. Gli obbiettivi principali del gennaio 1945 furono le raffinerie di Dortmund, il centro ferroviario di Vohwinkel, le industrie di Norimberga e Hannover. A Dresda si poteva stare tranquilli, anche perché gli americani, più sensibili degli inglesi a considerazioni umanitarie non avrebbero mai accettato la distruzione di una città d’arte amata in tutto il mondo. Come l’accordo segreto tra RAF e Luftwafe, anche questa era una voce tanto infondata quanto bella da credere… A Dresda si poteva quindi anche festeggiare il carnevale. Il 13 febbraio 1945 era martedì grasso, e la sera il Circo Sarassini aveva dato uno spettacolo speciale, al quale erano intervenuti anche tantissimi bambini, nei loro costumi carnevaleschi. Purtroppo gli abitanti di Dresda non potevano sapere che il tempo delle considerazioni umanitarie, ma anche di quelle logiche, era passato. Diversi fattori concomitanti portarono al bombardamento della città capitale della Sassonia.
La resistenza della Germania, che aveva dell’incredibile, unita alla lunghissima durata della guerra, aveva di certo ormai portato ad una nausea psicologica anche i militari e i politici più ligi alle regole minime da rispettare anche in guerra. Ogni atto poteva essere buono per abbreviare la guerra, anche di un solo giorno. Crediamo sia legittimo affermare che lunghi anni a contatto continuo con morte e distruzione possano offuscare anche le menti più lucide. E infatti fin dall’estate dell’anno precedente RAF e USAAF avevano elaborato il piano Thunderclap (colpo di tuono), il cui scopo dichiarato era quello di portare il massimo del caos in Germania, con bombardamenti indiscriminati sulle città, in particolare approfittando dei problemi che già avevano le autorità tedesche per controllare le fiumane di profughi da Est, creando nuovi e irresolubili problemi di approvvigionamento e di ordine pubblico.

A questa visione distruttiva, sulla quale senza dubbio giocava il desiderio ormai incontrollabile di farla finita, si aggiungeva un’esigenza di cinica politica di potenza tra alleati. Inglesi e americani erano uniti in una innaturale alleanza con i sovietici, e la diffidenza reciproca si palesava sempre di più, ora che l’Armata Rossa avanzava sul territorio del Reich. I Russi dovevano vedere, bene e senza equivoci, quale fosse la potenza militare occidentale: quello che oggi poteva toccare a Berlino o a Dresda, domani poteva toccare a Mosca. Del resto i sovietici avevano già manifestato la loro contrarietà agli attacchi aerei su quelle zone della Germania che consideravano un loro territorio di caccia, e che sarebbero infatti, dopo la guerra, divenute la Repubblica Democratica Tedesca.

In questo dialogo insensato tra nemici che erano alleati solo perché c’era un nemico comune da distruggere, i cittadini di Dresda avrebbero presto pagato un conto che non era di loro competenza, vittime di cinismo e di quella malattia, lo ribadiamo, che aveva preso ormai gli alleati, anch’essi contagiati, al pari dei tedeschi, da una troppo lunga consuetudine con la morte e la distruzione. E l’avallo alla politica del massacro fu data dallo stesso primo ministro inglese Churchill, in una nota scritta al ministro per l’Aviazione, Sir Archibald Sinclair. Gli americani furono presto contagiati da questo clima, e l’Ottava Armata Aerea americana bombardò a tappeto Berlino il 3 febbraio: 937 fortezze volanti, scortate da 613 caccia, causarono 25.000 morti in una città dove c’era da stupirsi che ci fossero ancora dei vivi da uccidere. Alle ore 22.08 di martedì grasso (13 febbraio 1945) le sirene di allarme aereo vennero a interrompere i clown che si stavano esibendo nel carosello finale allo spettacolo carnevalesco del Circo Sarassini. Gli spettatori si allontanarono in ordine e quasi svogliatamente: era così ferma la convinzione che Dresda fosse esente da pericoli, che tutti credevano ad un eccesso di zelo dei funzionari del partito incaricati della protezione della città. Del resto, non c’era praticamente contraerea a Dresda; gli ultimi cannoni da 88, il miglior pezzo di artiglieria tedesco, erano stati trasferiti da diverse settimane a est, per essere usati in funzione controcarro contro l’armata sovietica.
Ma non era un eccesso di zelo. Due soli minuti dopo il cielo incominciava ad affollarsi: i primi quadrimotori Lancaster dell’83° squadriglia inglese lasciavano cadere grappoli di bengala che illuminavano a giorno la città, poi seguirono pochi Mosquitos, agili cacciabombardieri il cui compito era quello di individuare con bombe segnaletiche rosse l’epicentro del bombardamento, lo stadio sportivo. I Mosquitos fecero egregiamente il loro compito: nel centro esatto dello stadio si levava ora una luminosissima colonna rossa. I bombardieri avevano il loro bersaglio.
Dalle 22.13 alle 22.30 i Lancaster scaricano sulla città le terribili bombe dirompenti da 1.800 e 3.600 libbre. Poi si allontanano in direzione di Strasburgo, volando bassi per sfuggire ai radar tedeschi. I soccorsi iniziano ad affluire dalle città vicine, mentre gli abitanti escono lentamente dai rifugi. Erano quello che attendevano gli alleati: far uscire la gente, far arrivare i soccorsi, e tornare a colpire. La “Tecnica del massacro”.

Ore 1.28 del 14 febbraio. La seconda ondata arriva, indisturbata come la prima. Altri 529 Lancaster portano nelle stive 650.000 bombe: per lo più sono tutti ordigni incendiari. E’ l’inizio dell’inferno. Bombardando a destra e a sinistra delle zone già colpite dal primo attacco gli inglesi riescono a provocare la tempesta di fuoco. Dalle case già sventrate dalle bombe dirompenti viene aspirato ogni oggetto e ogni persona che si trovi nel primo chilometro dall’immane incendio. Si ripete Amburgo, ma questa volta scientificamente e con effetti enormemente superiori. Il vento a 300 km/ora trascina nella fornace ogni cosa, persona, animale. Persino vagoni ferroviari, distanti più di tre chilometri, vengono rovesciati. Il pilota di un Lancaster rimasto indietro racconterà: “C’era un mare di fuoco che secondo i miei calcoli copriva almeno un centinaio di chilometri quadrati. Il calore era tale che si sentiva fin nella carlinga; eravamo come soggiogati di fronte al terrificante incendio, pensando all’orrore che c’era là sotto…
Chi non ha il coraggio di uscire dai rifugi dopo il primo attacco, non per questo si salva. Molti faranno la fine dei topi, soffocati nei rifugi, privi di ossigeno, divorati dall’immane rogo. Nell’anno precedente nei rifugi antiaerei di Dresda era stata presa la precauzione di rendere abbattibile le pareti tra rifugio e rifugio, in modo da poter facilmente creare una sorta di galleria sotterranea, che permettesse una via di fuga se lo stabile sopra il rifugio in cui ci si trovava era crollato. Questa precauzione sarebbe stata efficace con un bombardamento ordinario, ma all’inferno di fuoco scatenato su Dresda non era opponibile nulla, se non il trovarsi a una distanza sufficiente per non essere trascinato dal vento e divorato dalle fiamme, o per non morire asfissiato per mancanza di ossigeno.
Il bagliore della colonna di fuoco di Dresda era visibile a oltre trecento chilometri. All’alba del 14 febbraio finalmente la tempesta di fuoco andava acquietandosi, mentre una colonna di fumo alta oltre cinque chilometri sovrastava la città. I sopravvissuti iniziavano ad aggirarsi inebetiti, ma il martirio non era ancora finito. Gli americani non potevano essere da meno degli inglesi: alle ore 12 di quel giorno 311 Fortezze Volanti B17 si presentarono nel cielo di Dresda, sganciando altre 771 tonnellate di bombe. Il nodo ferroviario era l’obiettivo ufficiale, ma di fatto il bombardamento fu eseguito a casaccio e causò pochi danni, perché ormai era rimasto poco da distruggere.
In totale su Dresda erano state sganciate 2.702 tonnellate di bombe. Un quantitativo non enorme, se confrontato con quello lanciato su altre città tedesche. Ma la preferenza data alle bombe incendiarie, che rappresentarono circa il 70% degli ordigni lanciati, causò la più spaventosa tragedia della guerra: i morti accertati furono 135.000, ma il conto più accreditato fa salire a circa 200.000 il numero delle vittime. Bisogna tener conto del fatto che non era possibile alcuna opera di identificazione per le vittime di molti rifugi antiaerei che, per ragioni igieniche, vennero spianati con le ruspe e ricoperti di calce e cemento, così come non fu possibile accertare il numero preciso delle vittime aspirate dalla tempesta di fuoco nella zona centrale dell’incendio, perché di loro non restò assolutamente nulla. Nella zona intermedia, dove la temperatura aveva raggiunto i livelli da forno (200 - 300 gradi) molti corpi si erano fusi con l’asfalto delle strade. Dresda era anche sovrappopolata per il grande afflusso di profughi, moltissimi dei quali non ancora censiti.
Gli incendi proseguirono per altri cinque giorni, poi si spensero da soli. Non esisteva la possibilità di fare alcuna opera di spegnimento, essendo distrutte le reti idriche e quelle elettriche. Per tre giorni le autorità chiusero il centro di Dresda e bruciarono i cadaveri che ancora non erano stati sepolti o interrati con calce e cemento. Il rischio di epidemie era troppo grande per dare spazio alla pietà per i defunti. Questo fu Dresda: un orribile massacro, che non trovò alcuna giustificazione dal punto di vista militare. Fu il macabro record di disumanità, non eguagliato neanche dai bombardamenti atomici sul Giappone, che causarono “solo” 150.000 morti.
Con la follia nazista il mondo conobbe senza dubbio le mostruosità più atroci, e tutt’oggi ci interroghiamo per capire, se mai lo capiremo, fino a quali abissi può arrivare l’uomo. Ma se l’abisso della crudeltà ci spaventa, non meno quello dell’ipocrisia ci lascia sgomenti. Quando nell’ottobre del 46 la Corte Internazionale di Norimberga giudicò i caporioni nazisti colpevoli di crimini contro l’umanità, su quei giudici aleggiavano dei fantasmi: erano le centinaia di migliaia di morti innocenti, che chiedevano una Giustizia che, evidentemente, non è di questo mondo.

Paolo Deotto
http://cronologia.leonardo.it/storia/a1945n.htm)

martedì 12 febbraio 2008

Come infoibare il ricordo


Ricevo notizie da un amico andato a visitare le foibe in Slovenia. Cerchiamo di darne visibilità.

Il pellegrinaggio dell'Unione degli Istriani alla foiba di Roditti e a Capodistria presso la casa che era stata sede dell'OZNA, ha avuto momenti da guerra fredda, altro che Europa Unita.

Entrati in Slovenia dal confine aperto, a Erpelle (prima di prendere la strada per Roditti) il nostro pullman è stato bloccato dalla Polizia Slovena (informata sicuramente da spie da Trieste) che ci impediva di proseguire. Alla nostra decisione di proseguire lo stesso, ci è stata comminata una multa di 312 Euro. Abbiamo proseguito a nostro rischio raggiungendo Roditti. La zona della foiba è stata volutamente recintata da qualche giorno, per cui ci è stato impedito di raggiungerla. Abbiamo però deposto la corona di alloro in una grotta (vecchia miniera abbandonata) che nel maggio 1945 è stata per qualche giorno la prigione dei finanzieri e carabinieri di Trieste, prima di essere infoibati.

A Capodistria la storia si è ripetuta. Lasciata la porta della Muda abbiamo raggiunto a piedi il piazzale Biagio Giuliani dove davanti a casa Derin (usata dopo il 1945 come sede della Polizia Segreta OZNA) abbiamo deposto la seconda corona.

Al rientro presso il pullman nuova multa di 312 Euro (sempre coma la prima, per manifestazione non autorizzata).

Un silenzioso pellegrinaggio trasformato con arroganza da gente che non è cambiata. Sessanta istriani per lo più anziani nuovamente umiliati. Abbiamo fatto colletta e all'atto del pagamento ho visto il poliziotto abbassare un po' gli occhi penso per la vergogna. Ho capito che eseguiva ordini che riceveva continuamente al telefono. Domani a Trieste ci sarà una conferenza stampa di Massimiliano Lacota (è stato magnifico nel spiegare nella loro lingua il paradosso della situazione). Spesso ho sentito la parola "Europa" per evidenziare la loro indegnità a farne parte. Il telefono del Consolato Generale d'Italia di Capodistra non rispondeva. Una vergogna che non deve passare sotto silenzio.

Un GIORNO DEL RICORDO da ricordare !!

Ricordate anche voi e riflettete.

Il martirio di Norma Cossetto

Norma Cossetto era una splendida ragazza di 24 anni di S. Domenico di Visinada, laureanda in lettere e filosofia presso l'Università di Padova. In quel periodo girava in bicicletta per i comuni dell'Istria per preparare il materiale per la sua tesi di laurea, che aveva per titolo "L'Istria Rossa" (Terra rossa per la bauxite). Il 25 settembre 1943 un gruppo di partigiani irruppe in casa Cossetto razziando ogni cosa.

Il giorno successivo prelevarono Norma. Venne condotta prima nella ex caserma dei Carabinieri di Visignano dove i capibanda si divertirono a tormentarla, promettendole libertà e mansioni direttive, se avesse accettato di collaborare e di aggregarsi alle loro imprese. Al netto rifiuto, la rinchiusero nella ex caserma della Guardia di Finanza a Parenzo assieme ad altri parenti, conoscenti ed amici tra i quali Eugenio Cossetto, Antonio Posar, Antonio Ferrarin, Ada Riosa ved. Mechis in Sciortino, Maria Valenti, Urnberto Zotter ed altri, tutti di San Domenico, Castellier, Ghedda, Villanova e Parenzo. Dopo una sosta di un paio di giorni, vennero tutti trasferiti durante la notte e trasportati con un camion nella scuola di Antignana, dove Norma iniziò il suo vero martirio.

Fissata ad un tavolo con alcune corde, venne violentata da diciassette aguzzini, ubriachi e esaltati, quindi gettata nuda nella foiba poco distante, sulla catasta degli altri cadaveri. Una signora di Antignana che abitava di fronte, sentendo dal primo pomeriggio gemiti e lamenti, verso sera, appena buio, osò avvicinarsi. Vide la ragazza legata e la udi­', distintamente, invocare la mamma e chiedere da bere per pietà

Il 13 ottobre 1943 a S. Domenico ritornarono i tedeschi i quali, su richiesta di Licia, sorella di Norma, catturarono alcuni partigiani che raccontarono la sua tragica fine e quella di suo padre. Il 10 dicembre 1943 i Vigili del fuoco di Pola, al comando del maresciallo Harzarich, ricuperarono la sua salma: era caduta supina, nuda, con le braccia legate con il filo di ferro, su un cumulo di altri cadaveri aggrovigliati; aveva ambedue i seni pugnalati ed altre parti del corpo sfregiate. Emanuele Cossetto, che identificò la nipote Norma, riconobbe sul suo corpo varie ferite d'arme da taglio; altrettanto riscontrò sui cadaveri degli altri. Norma aveva le mani legate in avanti, mentre le altre vittime erano state legate dietro. Da prigionieri partigiani, presi in seguito da militari italiani istriani, si seppe che Norma, durante la prigionia venne violentata da molti. Un'altra deposizione aggiunge i seguenti particolari:

"Cossetto Norma, rinchiusa da partigiani nella ex caserma dei Carabinieri di Antignana, fu fissata ad un tavolo con legature alle mani e ai piedi e violentata per tutta la notte da diciassette aguzzini. Venne poi gettata nella Foiba di Villa Surani."

La salma di Norma fu composta nella piccola cappella mortuaria del cimitero di Castellier. Dei suoi diciassette torturatori, sei furono arrestati e obbligati a passare l'ultima notte della loro vita nella cappella mortuaria, per vegliare la salma, composta al centro, alla luce tremolante di due ceri, nel fetore acre della decomposizione di quel corpo che essi avevano seviziato sessantasette giorni prima, nell'attesa angosciosa della morte certa. Soli con la loro vittima, con il peso enorme dei loro rimorsi, tre impazzirono e all'alba caddero con gli altri, fucilati a colpi di mitra.

sabato 9 febbraio 2008

Giorno della memoria


Oggi 10 Febbraio, ricordiamo i caduti italiani infoibati dalla furia comunista del maresciallo Tito e le sue orde rosse.
Alle 11 di oggi, per un'ora internet sarà muto in segno di lutto. Invitiamo quindi tutti i nostri lettori all'astenersi dal commentare i post tra le 11 e le 12

Giuramento di ippocrate e castronerie che sento



Giuro per Apollo medico e per Asclepio e per Igea e per Panacea e per tutti gli Dei e le Dee, chiamandoli a testimoni che adempirò secondo le mie forze e il mio giudizio questo giuramento e questo patto scritto. Terrò chi mi ha insegnato quest' arte in conto di genitore e dividerò con Lui i miei beni, e se avrà bisogno lo metterò a parte dei miei averi in cambio del debito contratto con Lui, e considererò i suoi figli come fratelli, e insegnerò loro quest'arte se vorranno apprenderla, senza richiedere compensi né patti scritti. Metterò a parte dei precetti e degli insegnamenti orali e di tutto ciò che ho appreso i miei figli del mio maestro e i discepoli che avranno sottoscritto il patto e prestato il giuramento medico e nessun altro. Scegliero' il regime per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministrerò a nessuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, e non prenderò mai un' iniziativa del genere; e neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l'aborto. Conserverò pia e pura la mia vita e la mia arte. Non opererò neppure chi soffre di mal della pietra, ma cederò il posto a chi è esperto di questa pratica. In tutte le case che visiterò entrerò per il bene dei malati, astenendomi ad ogni offesa e da ogni danno volontario, e soprattutto da atti sessuali sul corpo delle donne e degli uomini, sia liberi che schiavi. Tutto ciò ch'io vedrò e ascolterò nell'esercizio della mia professione, o anche al di fuori della professione nei miei contatti con gli uomini, e che non dev'essere riferito ad altri, lo tacerò considerando la cosa segreta. Se adempirò a questo giuramento e non lo tradirò, possa io godere dei frutti della vita e dell' arte, stimato in perpetuo da tutti gli uomini; se lo trasgredirò e spergiurerò, possa toccarmi tutto il contrario.




Avendo letto alcuni commenti in merito agli articoli “madri con la falce” e “rianimare i feti” e avendo notato che si faceva riferimento al giuramento di Ippocrate ho deciso di riportarlo. Vi prego di rileggere con attenzione la parte in corsivo e vi esorto a considerare l’epoca in cui fu scritto il suddetto giuramento.
Non era ancora nata la Chiesa e nemmeno Gesù Cristo ma i greci avevano già compreso l’importanza della difesa della vita e l’importanza che riveste la figura del medico all’interno della società.
Coloro che difendono “la necessità e il diritto” della donna di abortire possono a mio avviso essere considerati dei vigliacchi e trogloditi in quanto vorrebbero imporre la propria idea a un essere non ancora in grado di decidere e di difendersi,che non ha ancora nessuna colpa ma solo la disgrazia di avere una madre che antepone la propria identità a un diritto che, non solamente tutte le moderne costituzioni, ma anche i greci di oltre 2000 anni fa consideravano sacrosanto:IL DIRITTO ALLA VITA.
In questi tempi si accusa tanto la Chiesa di oscurantismo, si accusano i preti e Sua Santità di voler ritornare al medioevo e all’inquisizione e si osannano i filosofi illuministi.
Ma non si riesce a cogliere, a mio parere, la più grande lezione che suddetti filosofi ci hanno lasciato e cioè che ovunque nelle istituzioni,nella società,nelle scuole e nei tribunali ciò che deve primeggiare non è l’identità e volontà individuali ma il diritto. Nel senso più grande del termine.
Negare la vita a un essere umano in qualunque maniera è imporre la propria volontà sul diritto comune. E’ tirannia.

Leonardo Zappalà




Nota Gemelli Neri: cara Wonderley,ogni tanto una bastonata culturale può essere utile ad aumentare l'umiltà e la cultura personale. Oltre che ad aprire nuovi orizzonti. La lotta all'aborto non è una lotta confessionale,ma è figlia dell'antropofilia,della natura,del buonsenso.E' figlia del Diritto. Dell'Uomo.
Un pubblico ringraziamento all'autore spontaneo dell'articolo e un in bocca al lupo per i futuri studi di medicina alla "vittima" di questa berlina mediatica che spero ci scuserà. Serviva un modello.

mercoledì 30 gennaio 2008

Bloody Sunday

Sembra quasi una storia lontana, una storia di cui non parla più nessuno.
Un tempo essere cattolici nell'Irlanda del Nord era come essere musulmani in Palestina oggi.
Dall'inizio del XX° secolo venne attuata una politica di discriminazione nei confronti dei cattolici. David Trimble, protestante unionista, non esitò a definire l'Irlanda del Nord "un luogo freddo per i cattolici".
A volte si arriva ad un punto in cui sopportare ulteriormente significa umiliarsi. Così si arrivò alla divisione in due fazioni: gli unionisti, protestanti, detentori del potere politico ed economico, fedeli al Regno Unito e i repubblicani, cattolici indipendentisti.
Si formarono due eserciti: UDA (Ulster Defence Association) per gli unionisti e l'IRA (Irish Repubblican Army) per i repubblicani.
L'Irlanda del Nord cadde nella guerra civile.

Da Londra arrivarono leggi vergognose: una di queste fu il famigerato internment, la possibilità per le forze di polizia di trattenere in detenzione un sospetto a tempo praticamente indefinito, senza che vi fosse obbligo di rispettare tempi procedurali per l'apertura del processo.
Non stiamo parlando di carceri normali: gli indipendentisti venivano scaraventati negli H-block, carceri che entreranno nella storia per il trattamento disumano e per le umiliazioni fisiche che i secondini infliggevano ai detenuti.

Il 30 Gennaio 1972, a Derry, vi era una manifestazione proprio contro l'internment quando il I° Reggimento paracadutisti comandato dal colonello Wilford aprì il fuoco contro i manifestanti lasciando 13 morti al suolo, 14 i feriti.
Fu chiamata Bloody Sunday.
La violenza inglese naturalmente riversò molti giovani nelle fila dell'IRA e segnò di fatto l'inizio della militarizzazione del conflitto tra Inghilterra e Irlanda del Nord

L'Irlanda ancora piange i suoi martiri della Bloody Sunday. A noi il dovere di ricordare il giorno in cui l'Inghilterra negò all'Irlanda il diritto di autodeterminazione dei popoli tuonando dalle canne di un fucile.
Tiochfaid àr là

venerdì 25 gennaio 2008

Lettera a Spielberg


Se ne discute nel Forum Tratto da Thule-Toscana 5 maggio 1999 Questa lettera mi è stata mandata da Roger Dommergue Polacco de Menasce, un ebreo francese da me conosciuto tramite un video girato da Ernst Zundel proprio agli inizi del mio interessamento al movimento revisionista. Sfortunatamente il Dr.Dommergue parlava con un accento francese così marcato che non potei comprendere parte del contenuto di quel video, ma ricordo vividamente quanto Zundel, al ritorno dal suo viaggio in Francia, fosse rimasto affascinato dall’onestà e dall’integrità di quell’uomo. Perciò, quando ricevetti questa lettera via posta elettronica, la pescai immediatamente fuori dalla montagna di posta che aspettava di essere letta e cominciai a scorrerla. Credo di non farvi cosa sgradita nel mandarvi questa testimonianza di ciò che io chiamo “Estorsione Olocaustica S.p.A.” l’ho lasciata intatta, per cui vi chiedo di soprassedere agli errori grammaticali e al fatto che il Dr.Dommergue appaia veramente esasperato per la stridente arroganza etnocentrica mostrata dai suoi congeneri ebrei che sfruttano l’Olocausto in maniera così stridula e spietata. Non so se anche altre persone oltre a me abbiano ricevuto una copia di tale lettera. Eccovela di seguito. Ingrid Rimland [curatrice del sito di Ernst Zundel, ndt.]. “Caro amico, mi farebbe piacere sentirla di tanto in tanto. Le mando la lettera che ho scritto a Spielberg, assieme ad allegati. La prego di porre attenzione al brano “ammissione di colpevolezza di un rabbino”, sfortunatamente in lingua francese. Vale la pena di tradurla. Se ne ha una traduzione in inglese, La pregherei di inviarmela per posta elettronica. E’ qualcosa di assolutamente tremendo, oltre che affascinante e inaspettata. Toute ma bonne amitié”.
Egregio Sig. Spielberg,
Vorrei che la Sua onestà eguagliasse il Suo grande talento. L’ho vista alla televisione francese, dove Lei ha dichiarato di voler inondare di propaganda olocaustica le scuole tedesche. Lei ha ricordato che i testimoni sono in grado di convincere pienamente, riguardo alla realtà della Shoah (i 6 milioni, le camere a gas). Sento come mio dovere di ebreo e dopo 20 anni di studi sul problema storico dell’olocausto, il richiamare la Sua attenzione sui fatti. I fatti sono alquanto testardi, e visto che nessuno è in grado di negarli, molti della nostra etnia hanno dovuto far sì che disgustosi politici varassero leggi staliniste-orwelliane che proibissero di menzionare qualsiasi cosa concernente il dogma “6 milioni/camere a gas”, portando definitivamente quest’alchimia ad un culto perpetuo. In caso di mancato rispetto del silenzio e dell’adorazione del mito, si viene colpiti da multe, carcere o entrambe le cose. Il professor Faurisson, che ha studiato la materia per 20 anni, è stato praticamente massacrato. Ciò è completamente ridicolo, ma dai la polizia e la giustizia di tutti i paesi in mano al Signor Levi ed egli non sarà più ridicolo: ecco il XX secolo! Tali leggi sono, conformemente, la prova assoluta del falso prima ancora dello studio della sua impossibilità aritmetica e tecnica. No, Signor Spielberg, Lei non troverà UN SOLO testimone che vide 6 milioni di ebrei assassinati. Lei non troverà UN SOLO testimone delle camere a gas al Zyklon-B che, accanto ai forni crematori, avrebbero sterminato da 1000 a 2000 persone alla volta. Legga il mio “La Shoah sherlockholmizzata” qui allegato: è il riassunto di 20 anni di studi sulla materia. Il mito “6 milioni/camere a gas” e un nonsenso aritmetico e tecnico. In verità gli strilli e i piagnistei dello Shoah Business, a 50 anni dalla fine della guerra, sono disgustosi, degradanti : è una disonorevole mancanza di pudore. Nessun popolo nella storia è stato mai visto gemere ancora sulle sue perdite 50 anni dopo una guerra, neanche sulle sue perdite effettive e reali. Anche se i “6 milioni/camere a gas” fossero veri, sarebbe un disonore fare tale chiasso e spremere così tanti soldi ovunque: chi erano gli usurai della Repubblica di Weimar? Lei lo sa altrettanto bene quanto me. Ciò è tanto più vero in quanto sappiamo che 6 000 000 sono una rozza esagerazione e che le “camere a gas” al Zyklon B sono un’impossibilità tecnica. (V. Processo Degesch nel 1949). Nei fatti, 150 000 o 20 000 ebrei morirono nei campi tedeschi di tifo e di fame. Molti altri morirono ma da combattenti contro la Germania, alla quale noi, gli ebrei, avevamo dichiarato guerra nel 1933! (Hitler era allergico all’egemonia dell’oro e del dollaro: così poté dare lavoro a sei milioni di disoccupati, prima della messa in funzione delle industrie belliche tedesche!). Conosce il libro pubblicato in quel periodo e scritto dal nostro congenere Kaufmann: GERMANY MUST PERISH [La Germania deve morire, ndt.]? (1) Sappiamo che 80 000 000 di Goyim vennero massacrati in URSS, sotto un regime politico quasi interamente ebraico, da Marx a Warburg a Kaganovic, Frenkel, Yagoda, i boia di quel regime. Sappiamo che dopo il 1945 i russi e gli americani uccisero e violentarono comunità tedesche in tutta Europa dalla Lituania all’Albania. Sappiamo che 1 500 000 di prigionieri di guerra tedeschi furono fatti morire di fame dopo la guerra (un famoso libro è stato pubblicato qualche anno fa, ma viene ignorato). Troverà assieme a questa lettera anche un testo in francese di un rabbino: “A rabbi pleads guilty” [un rabbino ammette le colpe]: sfortunatamente non sono in possesso né dell’originale in tedesco né della sua traduzione in inglese. Dovrebbe farselo tradurre. Il rabbino condanna il comportamento ebraico in Germania 50 anni prima del nazismo e giustifica l’apparizione di Hitler. Riguardo al male che abbiamo fatto all’umanità assolutamente non redento dai Suoi eccellenti film o dal virtuosismo di un Yehudi Menuhin, o dalla bomba a neutroni di S.T.Cohen, ho scritto un libro ispirandomi da testi scritti da importanti ebrei che si collocano di gran lunga oltre i maggiori testi anti-semiti scritti da Goyim.

Simone Weil ha tratto un tragico riassunto:

“Gli ebrei, questa manciata di persone sradicate, sono stati la causa dello sradicamento dell’intera umanità”.

E George Steiner:

“Per 5000 anni abbiamo parlato troppo: parole di morte per noi e per gli altri”.

Sappiamo che tutte le città tedesche con più di 100 000 persone vennero distrutte durante l’ultima guerra, con donne e bambini: non vi è che silenzio riguardo questo vero olocausto. Se consideriamo l’andazzo preso dallo Shoah business, ciò che si intende fare in Germania è in verità la maniera più sicura per accumulare un’enorme quantità di anti-ebraismo la cui esplosione sarà unica nella storia. Discrezione e moderazione devono essere il nostro comportamento: tutte le altre cose sono un suicidio. Né il “mondialismo” né leggi orwelliane contro i “crimini di pensiero” possono prevenire l’esplosione di antisemitismo: solo il NOSTRO comportamento può. Ciò che Lei fa e tutto il frignare e il pompare denaro possono soltanto istigarlo. Esso aumenterà oltre ogni proporzione ragionevole, se vi può essere una proporzione ragionevole nell’antisemitismo. So che è praticamente impossibile controllare la nostra propensione alla speculazione e che solo l’abolizione della circoncisione all’ottavo giorno lo potrebbe (il nostro particolarismo deriva dal turbamento dei ventuno giorni della prima pubertà, che inizia precisamente all’ottavo giorno) ma dobbiamo, almeno, cercare di evitare tali gravi errori quale quello che Lei intende compiere in Germania e che sarebbe terrificante. Sono un grande ammiratore dei Suoi film (tranne che di “Schindler’s List”: chieda alla moglie di Schindler riguardo alla vera realtà storica, ma questa è la pecca minore). Spero che Lei esamini attentamente quanto Le ho mandato e rifugga dalla follia della maggioranza dei nostri congeneri. Le risponderò sempre se vorrà avere la lealtà di scrivermi.

Cordialement à vous.

Roger Dommergue de Menasce

6 marzo 1999

Ecco di seguito la II parte della lettera di Dommergue a Stephen Spielberg. Ho lasciato intatte le imprecisioni grammaticali e sintattiche perché essi aggiungono un tocco etnico e di genuina rabbia umana al pezzo. Il professore ebreo di lingua francese Dr.Dommergue ha intitolato questa seconda parte della sua lettera “La Shoah sherlockholmizzata”.
1. Abbiamo notizia, nel corso della storia, di un gruppo etnico che non sarebbe felice nell’apprendere che in una guerra finita cinquant’anni prima ha sofferto molte meno perdite di quanto pensava? Lo scopritore di tal genere di buone notizie non sarebbe ricompensato, festeggiato? O verrebbe forse sommerso con pesanti multe, e dovrebbe scampare a tentati omicidi, come nel caso del Professor Faurisson? Un tal genere di reazioni non appartengono forse ad un grave caso di psicopatia?
2. Gli scheletri viventi che possono essere visti in film come “night and fog” (di Alain Resnais) hanno qualcosa a che fare con le presunte gasazioni? Non sono forse il risultato della fame nei campi causata dal sistematico bombardamento delle città tedesche aventi più di 100 000 abitanti, cosa che provocò gli “olocausti” di centinaia di migliaia di donne e bambini che non vengono mai menzionati?
3. Dove sarebbero stati i 4 milioni di ebrei (se consideriamo che 2 milioni vennero uccisi sul campo di battaglia), quando è risaputo che un campo non poteva contenere più di 60 000 persone, e che eccetto che ad Auschwitz non vi erano camere a gas al zyklon-B? (E neanche riguardo a presunte gasazioni di massa con alcun altro gas non vi fu mai alcuna prova).
4. Valgono a qualcosa i testimoni, quando si sa che la tortura era il modo per spremere le prove incolpanti? Tale fu sicuramente il caso del Comandante Hoess le cui ridicole dichiarazioni sono diventate una leggenda. E che cosa mi dice degli oltre 100 testimoni di gasazioni a Dachau, dove è ufficialmente ammesso che non vi furono camere a gas in quel campo?
5. 130 chili di carbone sono necessari per la cremazione di un corpo morto. Ci viene detto che i tedeschi cremarono 1300 cadaveri al giorno. Gli aerei USA presero centinaia di fotografie di Auschwitz, durante il supposto periodo dell’olocausto. (1943-44). Perché non ne abbiamo nemmeno una in cui si veda una pila gigante di quel necessario carbone? Perché non una singola colonna nera di fumo?
6. Perché le radio, i film, la stampa, la tivù, continuano giornalmente a infliggerci il mito dei sei milioni/camere a gas, in un eterno frignare e lamentarsi? Perché la lobby ebraica va a caccia, 50 anni dopo la fine della guerra, di nonagenari che cercarono di riscattare la Germania dall’iniquità del trattato di Versailles, dal marcio della Repubblica di Weimar, dal collasso della gioventù tedesca, dalla disoccupazione di 6 milioni di persone che, ritornate a lavorare poterono dare pane ai 21 500 000 persone a loro carico?
7. Perché l’AMERICAN JEWISH YEAR BOOK, numero 43, a pagina 666, ci informa che nel 1941 vi erano 3 300 000 ebrei nell’Europa occupata?
8. Com’è possibile che le camere a gas potessero trovarsi proprio accanto ai crematori, quando ogni chimico vi può dire che il zyklon-B è altamente infiammabile?
9. Perché gli storici revisionisti vengono perseguitati quando dimostrano la burla della shoah? Un dialogo scientifico, un confronto forense sono stati chiesti dal 1980 su questioni che sono specificamente aritmetiche e tecniche. Ciò sigillerebbe la verità per sempre. Chiuderebbe definitivamente le bocche. Tale è stato il caso delle fosse di Katyn, di cui si è scoperta la reale paternità (sovietica e non tedesca come affermato per decenni) grazie al revisionismo di Gorbaciov.
10. Come poteva lo zyklon-B gassare 1000 persone alla volta, quando è risaputo che le camere a gas statunitensi per una persona (al massimo due) condannata a morte, sono di una complessità e di un costo inauditi? Perché, al processo contro la Degesch, che fabbricò il zyklon-B, venne dichiarato nel 1949 che gassare in quelle condizioni era impossibile e impensabile?
11. Perché l’ingegner Leuchter, che si occupava della manutenzione delle camere a gas statunitensi, diede una solida dimostrazione che non vi furono gassazioni ad Auschwitz? Perché rapporti austriaci e polacchi hanno confermato il rapporto Leuchter? (3) Perché il rapporto Rudolf, che analizza tutti i risultati, è stato proibito? Perché coloro che divulgano il rapporto Rudolf vengono pesantemente condannati dalla legge in diversi paesi europei? E contemporaneamente non ci si occupa minimamente di verificare la qualità e l’accuratezza di tale rapporto.
12. Perché, per la prima volta nella storia, la tesi con cui si è laureato uno studioso (il signor Roques, tesi sul “rapporto Gerstein”) è stata revocata? E ancora, tale rapporto a sua volta non era stato ammesso al processo di Norimberga! Oltre al conosciuto storico, un ministro socialista, Alain Decaux, affermò sulla stampa che “nessuno poteva accedere al rapporto Gerstein senza dover prima passare per l’eccellente tesi del signor Roques”. Alain Decaux ha scritto: “ho ammirato la perizia e la perfezione di un “cartista” usata dal sig. Roques nella sua tesi di laurea sul rapporto Gerstein”. (dal suo libro: “la guerre absolute”, 1998)
13. Perché Raymond Aron e Francois Furet hanno affermato ad un seminario alla Sorbona (al quale nessun revisionista è stato invitato) che non vi era la più piccola traccia di un ordine scritto o orale di sterminio degli ebrei?
14. Perché non si fa mai menzione della pianificazione dello sterminio dei tedeschi espressa nel libro di un ebreo, Kaufmann (“Germany must perish”), tramite sterilizzazione dei maschi tedeschi? E’ un dettaglio senza dubbio così piccolo?
15. Perché il zyklon-B, usato per scopi igienici dai tedeschi sin dal 1920, poté essere usato nei campi di concentramento per altri scopi che non fossero la disinfestazione e la protezione contro il tifo? Perché grandi quantità di zyklon-B poterono essere trovate in campi dove è ufficiale che non vi fu alcuna gassazione???
16. Perché essi insistono tediosamente sui “sei milioni/camere-a-gas” e mai sugli 80 milioni di Goyim sterminati nell’URSS da un regime politico interamente ebraico, i cui boia portavano i nomi di Kaganovic, Yagoda, Frenkel, Firine, Jejoff, Ourenski, Rappaport, e di altri cinquanta ebrei?
17. Perché, durante il processo Zundel in Canada, i famosi ebrei sostenitori dello sterminazionismo si infamarono da soli parlando di “licenza poetica” nelle loro rivendicazioni olocaustiche, e non tornarono mai più quando convocati dai giudici?
18. Perché la legge Fabius-Gayssot? (il cui istitutore è l’uomo dello scandalo del sangue contaminato, assieme ad un altro, un comunista giustificatore di un regime responsabile di 200 000 000 di cadaveri).
19. Non è la prova suprema del falso? Non è la prova del nove? Non abbiamo alcuna necessità di leggi stalino-orwelliane “che mettano in prigione qualcuno per le sue opinioni” (reato di pensiero in “1984”) come affermato da Toubon, prima che divenisse ministro della giustizia in Francia, per stabilire la verità. Tale legge è anti-costituzionale, anti-democratica, contro i diritti degli uomini. Fatti, prove, pro e contro, è tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Il professor Faurisson supplicò la concessione di un forum, aperto anche ad un numero illimitato di contradditori: non l’ottenne mai. L’Abbé Pierre lo chiese: essi finsero di concederlo ma rifiutarono quasi immediatamente. Il forum venne tenuto alla televisione di Lugano. Fu un completo successo per i revisionisti e venne replicato due volte. Nessuno ne ha notizia poiché i media agli ordini della lobby ebraica non muovono un mignolo se non autorizzati.
20. Come mai quando un professore dichiara che l’olocausto è una stoltezza aritmetica e tecnica, egli viene immediatamente destituito?! Ciò, per la prima volta nella storia, istituisce il concetto dissennato di un dogma religioso nella storiografia, e chi non lo adori perennemente, è condannato ad essere colpito dal fulmine inquisitorio di uno stato secolare.
21. Perché l’EXPRESS, famoso giornale francese, nel gennaio del 1995, ha affermato che la camera a gas mostrata per decenni ad Auschwitz I, fu ricostruita dopo la guerra, e che tutto ciò che la concerne è falso?
22. Vi fu veramente un olocausto di 60 milioni di persone in una guerra dichiarata nel 1933 dagli ebrei a Hitler. Hitler aveva dato pane a 6 milioni di disoccupati, aveva buttato fuori la dittatura del dollaro e il totalitarismo ebraico che inquina l’uomo e il pianeta e che è chiamato, con una mistificazione semantica, “democrazia”. Solo due partiti sono rimasti: la giudeopatia totalitaria, che stermina l’uomo e il pianeta e il nazionalismo per i Goyim non ancora infettati dall’influenza ebraica capitalistico-marxista. In “Marianne” Jean Francois Kahn esprime rabbia contro i burocrati del Congresso Mondiale Ebraico sulla spoliazione delle proprietà ebraiche, congresso che si concluse il 3 marzo 1998 a Washington. Egli scrive: “Essi hanno ridotto la Shoah ad un mercato finanziario. Così la tipica vittima della barbarie nazista, l’archetipo del più tremendo genocidio di quest’epoca, non è lo sfruttato operaio di Cracovia, l’umile artigiano di Lodz, il piccolo impiegato di Kiev, il modesto ciabattino di rue des Rosiers, o lo sconosciuto artigiano di Riga, ma il miliardario cosmopolita che collezionava Rembrandt e Rubens, dormiva su sacchi d’oro e firmava qua e là comode polizze d’assicurazione, che mandava i figli in USA per avviarli ad una carriera brillante. Questa potente lobby di oligarchi americani non si vergogna a ridurre l’olocausto ad uno Shoah-business.” Se Faurisson avesse scritto ciò che ha scritto J.F.Kahn, avrebbe un processo in più sulle spalle! Non vi è ombra di dubbio!
R. Dommergue Polacco de Ménasce
(un ebreo che si oppone fortemente alla giudeopatia totalitaria)
Note
(1) Ancora acquistabile in America; lo si può leggere in originale inglese su internet all’indirizzo http://www.codoh.com/germany/GERPERISH.HTML .
(2) Si veda in italiano : Victor Zaslavsky, Il massacro di Katyn. Il crimine e la menzogna, Ideazione Editrice, Roma 1998, acquistabile in qualunque libreria.
(3) Per il pubblico italiano si veda: Il rapporto Leuchter, Ed. All’insegna del veltro, Parma.

sabato 5 gennaio 2008

Acca Larentia

Il 7 gennaio di 30 anni fa, 3 ragazzi del FdG furono sorpresi appena fuori dalla sede di via Acca Larentia da un commando di militanti di sinistra (una cellula di Lotta Continua) che aprì il fuoco con armi automatiche.
Franco Bigonzetti, 20 anni, studente di medicina, morì sul colpo.
Vincenzo Segneri, seppur ferito, riuscì a riparare dietro la porta blindata della sede del Fronte.
Francesco Ciavatta, 18 anni, ferito cercò di scappare lungo la scalinata, ma fu raggiunto dai rossi e finito. Il padre morì suicida per la disperazione.
Due morti.
Appena la notizia si sparse per Roma, arrivarono i militanti e la polizia. Pare che un giornalista spense la sigaretta nella pozza di sangue dicendo frasi ingiuriose contro i militanti. Scoppiarono i tafferugli.
Il capitano dei carabinieri Edoardo Sivori li sedò sparando ingiustificatamente a Stefano Recchioni, 19 anni.
Tre morti.
Le indagini andarono spaventosamente a rilento, così dopo 10 anni l'unica cosa che si scoprì era che la mitraglietta che aveva ucciso i ragazzi era stata usata in altri omicidi eccellenti delle BR.
Grazie alle testimonianze di una ex terrorista pentita, Livia Todini, si risalì ai nomi dei colpevoli.
Mario Scrocca, interrogato dai giudici, si suicidò in carcere.
Daniela Dolce riuscì a darsi latitante
Fulvio Turrini, Cesare Cavallari e Francesco de Martinis furono scarcerati per insufficienza di prove.

A trent'anni dalla strage vogliamo farne memoria.
Che si mostri verso la morte di questi ragazzi il rispetto che fu negato allora da forze dell'ordine e giornalisti e ancora oggi dalla magistratura.

domenica 2 dicembre 2007

Jesse Owens:un mito antirazzista



Jesse Owen fu uno degli sportivi più importanti della storia. Riuscì a stabilire l'insuperato record di conquistare ben 4 medaglie d'oro in una sola olimpiade(come lui solo Karl Lewis nel 1984). Ma la cosa interessante è che le sue 4 medaglie d'oro arrivarono alle olimpiadi di Berlino del 1936. Di fronte ad Adolf Hitler che con le stesse voleva dimostrare la presunta superiorità razziale germanica.
E invece vinse Owens,e la stampa ricamò una storiella secondo la quale Hitler se ne andò dallo stadio per non premiarlo. Facciamo parlare direttamente Owens,citiamo le sue stesse parole: " Quel giorno, dopo essere salito sul podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d'onore per rientrare negli spogliatoi. Il cancelliere tedesco mi guardò, si alzò in piedi e mi salutò con un cenno della mano. E io feci altrettanto.
Penso che gli scrittori mostrarono del cattivo gusto nel criticare l'uomo del momento in Germania."

(Jesse Owens, The Jesse Owens Story, 1970.)


Paradossalmente fu Roosevelt,impegnato nelle elezioni e ben lontano dal volersi inimicare gli stati del sud,a non volerlo incontrare. Curioso,no?

Nello stesso libro sopra citato Owens si lamentava del fatto che sotto il terzo Reich gli era concesso di vivere in un albergo a 5 stelle,servito e riverito.
In america,fino agli anni "60(tardino,in effetti...) non gli era concesso di salire sui mezzi pubblici nè di prendere l'ascensore.


Curioso...

venerdì 12 ottobre 2007

Due facce della stessa medaglia



Himmler e Che Guevara. Identici,tragicamente speculari. Dilungarsi sul primo è inutile,tutti sanno e riconoscono lo sterminio degli ebrei nei ben noti campi di concentramento tedeschi.
Molte meno persone sanno dell'esistenza di campi di concentramento a Cuba,fortemente voluti dal Che,e ancor meno sono le persone disposte ad ammetterlo.
Nel 1960 il procuratore militare Guevara illustra a Fidel e applica un “Piano generale del carcere”, definendone anche la specializzazione. Tra questi, ci sono quelli dedicati ad attori, ballerini, artisti, anche se hanno partecipato alla rivoluzione. Non sono ritenuti “affidabili”.
Pochi mesi dopo, ai primi di gennaio, si apre a Cuba il primo “Campo di lavoro correzionale”, ossia di lavoro forzato. È sempre il Che che lo dispone preventivamente e lo organizza nella penisola di Guanaha(lo dirigerà personalmente). Poi, ancora quand’era ministro di Castro, approntò e riempì fino all’orlo quattro lager: oltre a Guanaha, dove trovarono la morte migliaia di avversari, quello di Arco Iris, di Nueva Vida e di Capitolo, nella zona di Palos, destinato ai bambini sotto ai dieci anni, figli degli oppositori a loro volta incarcerati e uccisi, per essere “rieducati” al comunismo.

Riportiamo alcune dichiarazioni di "bene informati".
Massimo Caprara,ex segretario particolare di Palmiro Togliatti: “Le accuse nei Tribunali sommari rivolte ai controrivoluzionari vengono accuratamente selezionate e applicate con severità: ai religiosi, fra i quali l’Arcivescovo dell’Avana, perfino ad adolescenti e bambini”.
Un dettagliato regolamento elaborato puntigliosamente dal medico argentino - nota ancora Caprara, sottolineando che Guevara sarebbe legato al giuramento d’Ippocrate - fissa le punizioni corporali per i dissidenti recidivi e “pericolosi” incarcerati: salire le scale delle varie prigioni con scarpe zavorrate di piombo; tagliare l’erba con i denti; essere impiegati nudi nelle “quadrillas” di lavori agricoli; venire immersi nei pozzi neri (di merda, ndr)”.

Fu il Che stesso ad opporsi alle richieste di grazia appoggiate dallo stesso Castro. Fu lui ad eseguire varie esecuzioni.
Amnesty International ha calcolato le sue vittime nella cifra di 110000,e ne lamenta la fervente attività ancora persistente.
C'erano campi anche per "accogliere" omosessuali,che non sembra siano stati grandi amici del Che. La stessa Arcigay,il cui presidente siede al parlamento accanto ai suoi estimatori, ne denuncia l'attività.

L'istituto per la memoria storica cubana contro il totalitarismo fornisce un eloquente filmato di un'ora e mezza a proposito del Che.
Certo meglio un lavoro di storici che una biografia scritta da un giornalista sportivo(alludo al libercolo di gianni minà).
Per ulteriori fonti
http://www.storialibera.it/epoca_contemporanea/comunismo_nel_mondo/comunismo_in_america_latina/articolo.php?id=755&titolo=Che%20Guevara%20sconosciuto

http://www.cubamemorial.net/

http://fainotizia.radioradicale.it/2007/03/28/cuba-non-lasciatela-sola

www.ilcannocchiale.it

http://www.arcigaymilano.org/riviste/articoli.asp?IDTestata=1432&Anno=2003

http://www.lostorico.com

E ovviamente Amnesty International,la stessa Wikipedia,i siti da noi consigliati in home e qualunque altro sito sia anche leggermente scevro dalla propaganda comunista.
Notare che tra le fonti ho inserito l'arcigay e i radicali che non sono proprio dalla mia parte politica.
Se non si può prendere questo come dato oggettvo,spero non si pretenda che si prenda in considerazione al biografia da tuttosport...

domenica 7 ottobre 2007

Che Guevara: il bandito diventato mito

Sono combattuto tra riso e rabbia quando mocciosi pseudointellettuali di sinistra innalzano lodi a Che Guevara. Riso quando realizzo la loro insulsa ignoranza che cercano di esorcizzare con una laurea; rabbia quando ricordo le numerosissime vittime del maiale (lungi dall'insultarlo: era soprannominato el Chancho per la sua particolare antipatia verso il sapone; in questo il medico argentino viene emulato da moltissimi frequentatori dei centri sociali). Potrei cominciare stigmatizzando il business miliardario che gira intorno al merchandising dei gadgets del Che, lui che aveva lottanto contro il consumismo. Invece mi preme sottolineare la difficoltà che ho trovato per trovare delle fonti che mostrino la figura del Che senza perdersi in retorica ridicola, assenza di apparato critico, pubblicazioni agiografiche o spudorato leccaculismo.
Mai perdersi d'animo: notizie molto utili ce le procura l'"Instituto de la memoria històrica cubana contra el totalitarismo" il quale ha prodotto un film molto interessante dove mostra la vera faccia di Che Guevara.
Già nei "diari della motocicletta" (quelli veri, non quel film ridicolo prodotto per affascinare i bambocci) il Che scrive "il negro è indolente e sognatore; spende il suo magro stipendio in frivolezze o nel bere". Non è un segreto infatti che il Che fosse razzista nei confronti dei neri. Guevara aveva in antipatia Juan Almeida Bosque, quello che poi sarebbe diventato comandante dell'esercito rivoluzionario, e soleva chiamarlo "el negrito".
Ma il Che non ce l'aveva solo con gli uomini di colore. Se solo quei caproni dei suoi ammiratori avessero letto i "diari della Bolivia" saprebbero che il Che definiva gli abitanti del luogo "animali" e i messicani "banda di indios analfabeti". Non aveva opinioni migliori verso i cubani.
All'assemblea generale dell'ONU, l'11 Dicembre 1964 il Che si presentò in divisa militare agli ambasciatori di tutto il mondo e dichiarò:"Fucilazioni, sì. Abbiamo fucilato, fuciliamo e continueremo a fucilare finchè sarà necessario. La nostra lotta è una lotta a morte". Questo dovrebbe far capire gli stermini che ci sono stati prima e dopo la Rivoluzione del 1959. Ma come aspettarsi altro da uno che soleva firmarsi "Stalin II"? (1)
Comunque molti del "Che" ammirano le virtù eroiche. Bene, vediamo di ridimensionare pure quelle.
Per evitare un rimpatrio forzato in Argentina, il 24 giugno del 1956, con le sue delazioni permette l'arresto di un gruppo di compagni. Le voci di questo tradimento furono poi tacitate con i soliti metodi rivoluzionari: promozioni ai vertici o, in alternativa, carcere o eliminazione fisica. Non vi fate sorprendere dalla violenza della prassi rivoluzionaria, Che Guevara era assetato di sangue. In una lettera alla prima moglie Hilda Gadea il 28 gennaio 1957 scriveva:"vivo nella foresta cubana, vivo assetato di sangue".
E per spegnere questa sete uccideva, anche tra gli stessi rivoluzionari come capitò a Guerra e Pèrez accusati di delazione così come capitò a 2 contadini accusati di collaborazionismo senza uno straccio di prova.
Senza considerare le migliaia di morti tra i presunti collaboratori del regime batistiano o tra gli ex funzionari di stato, condannati a morte dopo processi sommari.
A tanta crudeltà non fanno seguito valore e prodezze militari. Molti, anche tra le sue fila, gli negano la paternità dei sui scritti sulle battaglie. E' opinione comune infatti che era privo di doti belliche. Invece gli si confermano le "doti" di terrorista e pare avesse una predisposizione nella persecuzione dei dissidenti. Ma la cosa più curiosa è che era responsabile della "Commissione Purificatrice" delle carceri e dei campi di concentramento comunisti cubani.
Nonostante questo continua il processo di beatificazione culturale di questo pazzo.
Come sputare sulle tombe delle sue vittime.





(1) Stalin I di vittime ne ha fatte diverse decine di milioni. Lo scrivo anche se non c'entra nulla nell'articolo perchè ho recentemente scoperto che alcuni neodiplomati negano le vittime del comunismo. Sembra assurdo ma è così.

domenica 16 settembre 2007

Pio XII e le calunnie ebraiche

Il recente viaggio in Israele mi da lo spunto per numerosi articoli. Pian piano ci occuperemo di mostrare a voi lettori le nostre esperienze.

Molti di voi sanno che lo Yad Veshem è il museo/santuario dove il popolo eletto ricorda le vittime del nazismo. E saprete anche che nella sezione delle persone "ambigue nei confronti dell'olocausto" si trova la foto di Pio XII.
Un'altra delle volgari menzogne a cui c'hanno abituato i kosherofagi. E lo dimostrerò.
Pochi sono a conoscenza degli attestati di riconoscenza nei confronti del Papa.
Nel settembre del 1945 arrivano da parte di Nathan, commissario dell'unione delle comunità israeliane (Osservatore Romano, 8-10-1945). E sempre a settembre dello stesso anno arrivano i ringraziamenti del Dott. A. Leo Kubowitski, segretario del Congresso Mondiale Ebraico (Osservatore Romano, 23-09-1945). Evidentemente non tutti gli ebrei sono ingrati.
Il 29 novembre 1945 il Papa ricevette circa 80 delegati di profughi ebrei, provenienti dai campi di concentramento in Germania, "sommamente onorati di poter ringraziare personalmente il santo Padre per la sua generosità dimostrata verso di loro durante il terribile periodo del nazifascismo" (Osservatore Romano, 30-11-1945).
Neanche il processo di Norimberga intaccò la fama del Papa.
Le più alte cariche politiche di Israele, e rappresentanti di organismi ebraici mondiali e nazionali, condividono "il lutto dell'umanità per la morte di Sua Santità Pio XII". Così in un cablogramma Golda Meir, che prosegue: "Quando venne il tremendo martirio del nostro popolo, nel decennio del terrore nazista, la voce del Papa si elevò per le vittime [...] Piangiamo un grande servitore della pace".

Ed allora da dove nascono queste calunnie?
Se in pochi conoscono gli attestati di stima a Pio XII, nessuno conosce la storia di ISRAELE ZOLLI, ai tempi della guerra, Gran Rabbino della comunità israelitica. Tutto quello che sappiamo su lui e la sua storia lo dobbiamo alla figlia Miriam, ancora in vita e residente a Trastevere.
Onde evitare di essere colmato di chissà quali insulti propongo un virgolettato tratto dal Giornale del 31 Marzo 1988. Si tratta di un'intevista a Miriam Zolli. Quando i nazisti chiesero 50 chili d'oro per risparmiare la vita agli abitanti del Portico d'Ottavia, mio padre disperato corse in Vaticano... Il Santo Padre gli fece sapere che il Vaticano avrebbe messo a disposizione i 15 chili mancanti. Da allora Israele Zolli stabilì un rapporto di simpatia umana, quasi di identificazione con Pacelli. Purtroppo il tesoro non servì a placare l'ira dei nazisti. Fra il 15 e il 16 ottobre 1943 i tedeschi rastrellarono il ghetto. "Mio padre - aggiunge Myriam - aveva capito anche questo: come sarebbe andata a finire. Lui non si fidava delle SS, e in precedenza aveva suggerito ai leader della comunità di bruciare i registri e di far fuggire la gente. Gli diedero del visionario. Anche perché avevano avuto notizie rassicuranti dall'allora capo della polizia Carmine Senise."
Sappiamo pure che papa Pacelli aveva mandato P.Pancrazio Pfeiffer a parlare col generale Stahel per fermare l'operazione, ma ottenne da Himmler solo una posticipazione del rastrellamento.
Ma torniamo a Zolli. Costui era un grande conoscitore della Bibbia. Nei suoi studi Israele Zolli aveva riconosciuto in Gesù Cristo il Volto del Servo di cui parla Isaia (Isaia cap 35 e successivi). Così Zolli chiese ed OTTENNE il BATTESIMO prendendo il nome di Eugenio in onore di Pacelli.
Ovviamente la comunità ebraica la prese malissimo e fece il vuoto attorno a Zolli fino a cingergli attorno un impenetrabile muro di silenzio (se la cavano benissimo i Giudei nell'erigere muri).
Era stato profeta Eugenio Zolli. Dice la figlia Myriam: "Subito dopo la guerra papà mi diceva spesso: Vedrai, faranno di Pio XII il capro espiatorio del silenzio che tutto il mondo ha mantenuto dinanzi ai crimini nazisti" (Il Giornale, inizio dell'intervista citata).
Il primo ad attaccare pubblicamente Pio XII fu Rolf Hochhuth (ebreo) con un testo teatrale: Der Stellvertreler (Il Vicario), pubblicato nel 1963. La sua tesi era che Pio XII non aveva fatto quel che poteva e doveva fare in difesa degli ebrei. A parte il chiasso nell'opinione pubblica, il contenuto della prova era semplicemente dilettantesco, e diversi ebrei ben informati criticarono fortemente l'autore.
Nel 1968 fu tradotto in italiano un libro scritto a New York: "Morte a Roma". Quando ne fu tratto un film, l'autore, Robert Katz (ebreo), fu condannato dalla Corte di Cassazione per diffamazione.
Bisogna segnalare due libri di storici ebrei: La Chiesa cattolica e la Germania nazista, di Gunther Lewy, e Pio XII e il Terzo Reich, di Saul Friedlander, apparsi pure negli anni '60. Ma per ambedue troviamo un giudizio fortemente negativo di uno storico di fama internazionale, il gesuita P.Robert Graham, e di un'autorità incontestabile, Robert Kempner, sfuggito al regime nazista e poi avvocato dell'accusa al processo di Norimberga: "Nessuno dei due offre ragioni per cambiare questa opinione" (di energica difesa di Pio XII).
in questi ultimi anni lo scrittore americano John Cornwell col suo libro Il Papa di Hitler, accusa Pio XII addirittura di essere fautore del nazismo, e pretende di aver documentato la sua tesi con ricerche fatte nell'archivio della Segreteria di Stato, primo ed unico a consultare tali archivi.
Gli risponde proprio uno storico ebreo, Michael Marrus: "Il libro di Cornwell? Superficiale e scandalistico... Sul piano accademico, l'opera di Cornwell non ha valore: si basa su pochi documenti già noti da anni e sostiene la sua tesi in modo superficiale" (Cf. Avvenire, 25 novembre 1999).

Il nostro appoggio va a tutti coloro che si adoperano con studi e ricerche storiche nel voler cancellare le volgari calunnie che infangano il nome di un grande Papa.

martedì 22 maggio 2007

Lezioni di squadrismo giudaico

Per chi non lo conoscesse: Robert Faurisson, storico. Nel 1989 fu rimosso dall'insegnamento nelle università francesi e privato della pensione perchè negazionista. Da quel momento è preda di numerosi attacchi fisici. Perchè negazionista. Sapeva a cosa sarebbe andato incontro, ma l'ha fatto lo stesso.
Non voglio commentare le sue idee, non sono uno storico.
Voglio invece parlare dei fatti di Teramo.
Invitato dal prof Moffa a tenere una lezione all'Università, il prof Faurisson si è visto prima chiudere la porta dell'ateneo in faccia, poi al tentativo di fare lezione in piazza è stato aggredito da un squadra di ebrei.
Questo perchè, come dice M. Blondet, siamo davanti all'ultima religione: la Shoa.
Nessun dubbio è ammesso, nessuna perplessità. E la cosa più grave è che, quella dell'olocausto, è pure una religione obbligatoria. Protetta da leggi penali (ricordo come si pronunciarono Napolitano, Amato e Mastella).
Così nessuno si fa problemi se una squadra di picchiatori ebrei massacra un vecchio di 80 anni. Anzi, ci si piega con l'ossequio che si tributa a questi "sacerdoti".
La sinistra è prontissima a stigmatizzare il fascismo, il male assoluto.
Ma se i picchiatori portano la kippà allora si chiudono tutti e due gli occhi e ci si dedica a gustarsi un bel piatto di carciofi alla giudea. Ma mi sa che i questo piatto piace anche alla destra (kippà-Fini su tutti).
Adesso si parla di far saltare la cattedra di Moffa, reo di aver invitato Faurisson.
Apprendo (fonte M. Blondet) che le squadre di manganellatori per Giuda esistono in tutta Europa, dappertutto ugualmente esentate dall'osservanza alle leggi.
In Francia si chiamano Betar, dal nome del primo gruppo d'aggressione fondato nel 1923 da Vladimir Jabotinsky, il sionista adoratore di Hitler, la cui legione ebraica sfilò con le camicie nere a Roma sotto lo sguardo di Mussolini.
In ogni caso, in ogni città con comunità ebraiche ci sono delle squadre che pattugliano il territorio per evitare che ci siano scritte o atti antisemiti. Ed Amato lo sa. Se esistessero gruppi del genere di musulmani, apriti cielo! (anche perchè esistono leggi che lo vietano positivamente).
Ma poi cosa chiediamo in uno stato in cui il presidente della repubblica confonde l'antisionismo con l'antisemitismo?
La legge ci impone di accettare le nefandezze dello stato di Israele. E chi non le accetta riceve la visita di picchiatori fascisti. Pardon, ebrei.

Per approfondimenti www.effedieffe.com

sabato 28 aprile 2007

28.4.45 - 28.4.07

Benito Mussolini, Claretta Petacci, Francesco Barracu, Nicola Bombacci, Pietro Calistri, Vito Casalinuovo, Goffredo Coppola, Ernesto Daquanno, Luigi Gatti, Augusto Liverani, Fernando Mezzasoma, Mario Nudi, Alessandro Pavolini, Paolo Porta, Ruggero Romano, Idremo Utimpergher, Paolo Zerbino, Marcello Petacci, Roberto Farinacci, Achille Starace.

Non scordiamo.

venerdì 20 aprile 2007

Strage di Bologna: smentita la pista nera


Nella serata di giovedì 19 aprile, durante la trasmissione di approfondimento “Tg2 - Dieci minuti”, gli ospiti in studio di Maurizio Martinelli sono stati Paolo Guzzanti, senatore forzista ed ex presidente della celebre “comissione Mitrokhin”, e Andrea Colombo, giornalista schierato da sempre a sinistra, a lungo firma del Manifesto oggi portavoce di Rifondazione comunista al Senato.
Nella puntata è stato presentato il libro di Colombo “STORIA NERA” che parla della strage dinamitarda avvenuta nella stazione di Bologna il 2 agosto 1980. Il libro – consigliato anche da Guzzanti durante la trasmissione – tratta delle varie ipotesi di responsabilità dell’attentato e delle tante, troppe storie che sono oscure dietro quella maledetta strage.
Guzzanti ha dichiarato che non è mai stato svelato un movente vero e proprio dietro la strage, ed ha inoltre aggiunto: “La matrice fascista è da escludere. Le tre persone che sono state condannate in questi giorni – Valerio Fioravanti, sua moglie Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, condannati con sentenza definitiva in due diversi processi – sono da ritenersi estranee alla strage. Sono certamente persone che avevano a che fare con l’estrema destra di quel tempo, ma non sono dei dinamitardi. Credo che ci sarebbe da seguire meglio la pista nordafricana o mediorientale”.
Dello stesso avviso il giornalista “rosso” Colombo: “Non vedo perché è da attribuire ai fascisti questa strage. Di certo non ho le prove per dimostrare nulla, però nel mio libro dichiaro apertamente che la pista da seguire è soprattutto quella libica, perché in quegli anni tra Andreotti e Cossiga era noto il dibattito pro-Libia o pro-Palestina, e nel nostro Paese ne sono successe di cose scandalose da attribuire ai libici e ai palestinesi che però non sono mia venute a galla”.Ad inizio trasmissione infatti, Martinelli ha riportato delle dichiarazioni di Cossiga che pronunciava alcuni anni dopo la strage di Bologna: “La verità non la sapremo noi, né i nostri figli; ma i nostri nipoti”.
Giankla R.

giovedì 19 aprile 2007

La storiografia secondo Israele


Facciamo un pò di cronaca: il Nunzio Apostolico, Monsignor A. Franco, informa il direttore del museo Yad Vashem di Israele sull'olocausto che non verrà perchè contrariato dal fatto che la foto di Papa Pacelli sia posta tra le figure ambigue riguardo l'Olocausto. E' stata un'esternazione silenziosa. Salvo il fatto che per sfida,il direttore del museo la rende pubblica ai giornali.Dichiarazione del direttore: "Lo Yad Vashem è dedicato alla ricerca storica e presenta la verità storica su Pio XII come oggi è nota agli studiosi".
Inutile chiedere chi siano questi studiosi,risposta ovvia: ebrei sionisti dal doppio passaporto (uno di israele,l'altro vario ed eventuale). Incredibile con che arroganza si possa negare l'evidente,l'impegno di quest'uomo alla salvezza degli ebrei e la sua lotta per la pace. Tra le tantissime opere di questo grande Papa, una su tutte: il 25-10-1943 ordinò a tutti i sacerdoti italiani di salvare gli ebrei dai nazisti,fosse stato necessario riaprire le catacombe. Ne salvò 600.000. Nessun altro capo di stato fece tanto,nessun'altra confessione religiosa riuscì nemmeno ad avvicinarsi a questo record di umanità reggiunto da Pio XII.
Non è difficile documentarsi a proposito,basta solo cercare tra storiografi seri.
Ma non è finita qui: il direttore del museo,con la classica arroganza evidentemente diventata costume dei sionisti,latra la seguente «altre istituzioni, anziché reagire come la Chiesa, hanno chiesto pubblicamente scusa per le loro complicità nell'Olocausto».
Cosa pretendeva? Che il Papa mandasse le guardie svizzere con le loro lucide alabarde contro i carri armati nazisti? Vuole scuse per averne salvate "solo" 600.000? No. Vuole che la Chiesa si sottometta. Anche la Chiesa deve essere colpevole di quello che è stato fatto ai nostri fratelli maggiori(biblicamente ghiotti di lenticchie). Nessuna cifra sarebbe mai bastata per loro. Quello che viene chiesto alla Chiesa è che renda omaggio,come tutti, ad un ricordo politicamente utilissimo alla nazione di Israele. Non è la Shoah. E' la politica criminale di uno stato razzista che si ostina a non riconoscere i confini con la Palestina(per continuare a rubarne le terre) che comanda l'america e promuove una politica di odio verso gli islamici.
Ma è qui che scatta la trappola. Queste ultime 3 righe mi hanno fatto guadagnare la bolla di antisemita.
La Chiesa sa bene che il rischio era grosso. E sapeva anche il direttore del museo che la sua carta sarebbe stata determinante. Così,sotto promessa di "approfondire gli studi", Monsignor Franco è andato alla celebrazione,salutando l'immagine di un Santo frammista a chissà che tipo di squilibrati fanatici nazisti.
Cosa sarebbe costato al volutamente miope e arrogante direttore,dare un "beneficio di dubbio"(incredibile...dubbio sulla bontà di Pio XII...) al Papa e fare in modo che il Nunzio non si trovasse di fronte a questo stupro della storia?
L'arroganza e la forza delle calunnie non hanno limite. Nè lo ha la sfacciataggine sionista.
Avrei voluto che il Nunzio fosse rimasto a casa. Mi si conceda la speranza,giunto in Israele questa estate a controllare, di non vedere ancora quell'immagine.
D'altro canto io non sono un sacerdote,nè tantomeno un nunzio apostolico,e posso girare le spalle e andarmene.
All'eventuale vista di quell'immagine nel settore ambiguo non esiterò a farlo.