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sabato 5 luglio 2008

Berlusconi nella trappola del suo inferno


Dunque Berlusconi ha appeso il governo – un governo che fa benino – alla sua erezione. Oltretutto pericolante, è dato capire. Erezione da settantenne, dipendente quindi da molti accorgimenti.

Rispondo a quei lettori fanatici cui la definizione di Berlusconi come «Salame» pare ancora filo-berlusconismo mascherato, e continuano a ripetere che quello è un mascalzone, un disonesto e un dittatore (1).

Un disonesto normale, un dittatore o aspirante tale, regala all’ennesima velina o passerina con cui va a letto un brillante a 22 carati, pellicce di zibellino, un attico a Montparnasse. Solo un Salame assegna alla passerina un ministero, si fa inoltre intercettare mentre ne vanta le qualità saffiche, mettendo così nelle mani dei suoi nemici la conferma del loro argomento principale: Berlusconi usa la politica per suo privato piacere, per lui è un tutt’uno.

Solo un Salame può strillare sul «gossip», ossia non capire che s’è reso indifendibile: sulle questioni «di gnocca» (per dirla alla Feltri), gli italiani sono indulgenti. Ma quando l’amante delle «gnocche» le mette al ministero a comandarci, allora non è più gossip, è la vergogna politica, la perdita di ogni minima autorità. Non ha più scuse. Deve anzi scusarsi coi suoi elettori.

Escano o no le intercettazioni, di cui tutti i media hanno almeno qualcosa e tutti ormai sanno tutto, Berlusconi – per un’erezione – s’è politicamente castrato. E ha castrato il tentativo di Tremonti e di Brunetta, e degli altri ministri non da letto, di riformare l’amministrazione pubblica inadempiente, di mettere al suo posto la casta giudiziaria.

S’è impiccato da sè alle sue ossessioni sessuali da persona anziana, gettando via un’occasione che all’elettorato italiano non si presenterà mai più. Il che conferma l’assunto di Talleyrand: essere un Salame, in politica, è peggio che essere un delinquente.

Mi si darà atto che avevo diagnosticato nel Salame una turba psichiatrica. Molti dei suoi atti si spiegano, avevo scritto, come sindrome maniaco-depressiva, con accento sul «maniacale»: facilismo euforico, eccessiva sicurezza di sè, vanterie sessuali, ottimismo immotivato, sventatezza da sottovalutazione dei problemi (già visto per Alitalia).

Oggi si manifesta il lato depressivo: sotto forma di pusillanimità. Dopo aver minacciato decreti e grandi battaglie mediatiche (andando a Matrix...) contro i giudici che lo perseguitano, rinuncia, si fa piccolo, si mette nelle mani di Napolitano che ha promesso di far sparire le intercettazioni, se lui lascia la Casta al potere reale.

«Con un capo impaurito dalle chiacchiere hard la maggioranza non avrà la forza di attuare il programma», scrive Feltri, e coglie il punto politico essenziale. Una notevolissima maggioranza di elettori l’avevano votato per quel programma necessario. Ora, letteralmente, il Salame ha rovinato tutto, anche se stesso.

Resta solo da decidere se quella del Salame sia più una malattia mentale o una malattia morale. Forse, l’una e l’altra. O l’una dipendente dall’altra.

Chiaramente, quell’assatanamento continuo, quel parlarne incessante e quel vantarsi ossessivo delle sue performances – tanto, si dice, da minargli la salute - è un modo infantile, patologico-salamesco, di esorcizzare il pensiero della morte, inevitabile e quotidiano dopo i 70: guardatemi, sono forte! Macchè vecchio, sono ancora giovane, guardate quanto mi tira! Mi tira tantissimo! Ogni donna mi cede! Brambille e Carfagne, le bastono tutte! (ma poi deve pagarle con un ministero, non basta nemmeno uno zibellino).

Addio riforme, separazione delle carriere, abbassamento della tutela indebita che il sindacato giudiziario si è arrogato sui poteri legislativo ed esecutivo.

Avvertimento per i lettori fanatici che mi accusano di berlusconismo: Berlusconi, il bersaglio del loro odio psichiatrico, cadrà, forse entro pochi mesi. Politicamente è già defunto. La Casta, che ha vinto, ce l’avremo sul collo per i secoli dei secoli; compresa quella magistratura di Napoli che non ha mai intercettato un camorrista sì che ha fatto di Napoli una discarica, ma ha trovato urgente intercettare le vanterie «di «Silvio» a «Fedele» sulle ragioni postribolari dell’ingresso di qualche ministra nel governo, sulle virtù di una giovane signora passata dallo «spettacolo alla politica». Via Silvio, la spazzatura fisica e morale di questo Paese resterà, vittoriosa, anzi invincibile.

A quei lettori che possono accoglierlo, fornisco – essendo la politica perdita – un consiglio spirituale: convertitevi da giovani, finchè la natura è flessibile. Come vedete dal lugubre esempio di «Silvio», da vecchi è quasi impossibile. Solo molto ipoteticamente la vecchiaia è saggezza, è seria e serena preparazione al giudizio eterno. Una vita lunga, mal vissuta, costruisce attorno ai vecchi malvissuti un muro di abitudini, vizii, ossessioni, che diventa sempre più duro e imperforabile; il karma, per dirla con i buddhisti, nell’età senile diventa un binario di ferro verso l’inferno, da cui ogni deviazione è impossibile salvo un miracolo.

Lo dico per esperienza anche personale. A parte che mi sono morti amici, che ho visto arrivare impenitenti all’agonia, incapaci di perdonare, di pentirsi, di smettere di fare ciò che facevano, fosse lavoro folle e ormai insensato, fosse sesso o altro vizio. Vedo la stessa rigidità in me. Prego per quei miei amici, spero – anche per loro – la chiara visione che la Misericordia divina può dare negli ultimi istanti. Ma se fossi in voi, non ci farei conto; imparate da giovani a morire bene.

Vedete Berlusconi, come s’è intrappolato nel suo labirinto, che s’è costruito a forza di «successi» e di «veline»: quello è già il suo inferno personale, il suo eterno lager, e solo perchè è un Salame lo scambia per un quasi-paradiso.



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1) Come esempio di uno di questi lettori accecati, e offensivi, eccon una lettera che ho ricevuto dopo l’articolo «CSM come la Comune»: «Con questa analisi lei perde molta credibilità signor Blondet. La credevo più intellettualmente onesto, e che la sua logica fosse immune da interferenze di natura ideologica. Invece non è affatto così. Anzi probabilmente antipatie, simpatie, affinità politiche, sono i principali motori e assiomi che le fanno costruire i suoi articoli. Questo la porta spesso a centrare il bersaglio, ma per puro caso, e comunque, evidentemente con una logica fallace. Questo articolo ad esempio è mosso da una cecità selettiva. Non posso credere a quello che ho letto. Come posso poi affidarmi ai suoi articoli sulle malefatte dell'America, di Israele, sull'undici settembre (argomenti su cui tendenzialmente la penso come lei. Ma spero di avere certe convinzioni non in base a simpatie o antipatie, quanto piuttosto criteri oggettivi...)? La verità è che Berlusconi le piace, le piace (per ovvie ragioni) la figura dell'uomo forte, non riesce a vedere le cose come stanno (o se le vede non le trova così deplorevoli, e per di più le omette) per le molte affinità che questo signore ha con la figura del dittatore. Anche se si tratta di un dittatore moderno, che usa metodi moderni, e si nasconde dietro i simulacri di istituzioni democratiche. E se non riesce a negare la sua natura, perché non esiste logica che lo permette, allora lo fa passare per non abbastanza forte, per vittima di un attacco, che, al di là dei moralismi, è figlio di una semplice lotta politica... non c'è che dire... Qui per fortuna non stiamo parlando di Iran, Israele, o USA, qui ci vivo anche io, e ho vari strumenti per farmi un'idea della realtà in cui vivo. Questo mi da modo di confrontare la sua logica con la mia, i suoi assiomi con i miei. Mi permette di giudicarla. Cosa che, quando si parla di geopolitica, non ho la capacità di fare. Con questi articoli posso capire chi è lei veramente... Sono sconvolto dalla sua analisi... A questo punto spero che lei si concentri su questi temi e la smetta di scrivere articoli sulla situazione internazionale. Lei dimostra di non essere onesto (intelletualmente parlando), per cui non può fare un buon servizio alla causa».
La disonestà intellettuale è tutta del lettore. E’ lui che è mosso da «affinità politiche» che non si confessa, e in più non capisce che il nodo politico italiano centrale è lo scontro fra poteri, in cui il potere non-eletto ha preso il controllo dei poteri eletti. Spero per lui che sia in malafede. Altrimenti devo invitarlo a frenare la sua naturale stupidità. Si occupi d’altro, in ogni caso. Il suo moralismo anti-berlusconiano nasconde la volontà di difendere i privilegi della Casta parassitaria. Si dice: sarei d’accordo sulle riforme della giustizia, se non le facesse un disonesto, uno che è pieno di scheletri nell’armadio. Insomma, si accetteranno le riforme solo quando, a farle, scenderanno in campo San Michele Arcangelo e l’Immacolata. Campa cavallo, naturalmente. Nel frattempo, si lascia tutto il potere ai non-immacolati che intercettano chi vogliono loro, e non intercettano chi devono.



Maurizio Blondet da www.effedieffe.com

Superiorità morale


Mi viene segnalato un articolo tratto da Ma'ariv, un giornale ebraico.
A Betlemme un ragazzo palestinese di 18 anni ha subito il fuoco delle armi ebraiche.
A dispetto della tregua, da poco firmata, ma ormai più volte violata dal popolo eletto.
I soccorsi sono stati inutili, il ragazzo è deceduto, ma dalla sua morte nasce uno straordinario gesto d'amore che commuove.

Il padre ha deciso di procedere con la donazione degli organi. Questo gesto ha salvato la vita di 6 ebrei.
La dichiarazione del padre: All'inizio è stato difficile per me, ma Dio m'ha ispirato a prendere la decisione giusta di aiutare i pazienti con la donazione degli organi di mio figlio. Sono felice di questa decisione e non v'è differenza tra paziente arabi o ebrei. La mia sola intenzione è aiutarli e non voglio neanche sapere la loro identità.

E' questo quello che fa grande un popolo. Rispondere alla morte con la vita non ha nulla di naturale. E' molto di più.

Un giorno il mondo capirà dov'è la ragione in Palestina. Basta solo sperare che ci sia ancora una Palestina da dover salvare.

martedì 24 giugno 2008

Quanto vale la parola di Israele?

Pochi giorni fa si era stabilita la tregua di 6 mesi in Terra Santa. L'incontro tra Israele e Hamas era moderato dall'Egitto e ambedue le forze avevano accettato di buon grado.

Ieri sera, l'esercito dei circoncisi ha fatto irruzione a Nablus in Cisgiordania uccidendo 2 studenti Palestinesi di 21 anni.
La notizia non suscita molto interesse da parte dei media. I pochi che ne parlano si affrettano a dire che, però, dopo l'arresto è stato lanciato un razzo qassam (un cilindro di 15 cm spesso privo di tritolo) in Israele. Non ci sono state vittime nè feriti, ma va ricordato per giustificare la violenza di Israele.

E' ormai da ingenui fidarsi della parola dei semiti. Nessuno di noi credeva ad una tregua duratura, ma non credevo nemmeno in un periodo così breve.

La strategia è chiara: la guerra innanzitutto è psicologica. Tutti devono temere di morire da un momento all'altro. Non deve esserci un attimo di serenità, anche quando questa viene promessa. L'obiettivo non è la conquista della Palestina, ma l'annientamento dei palestinesi.

L'occidente tollera e copre. Complice di uno sterminio che non accenna a finire.

mercoledì 9 aprile 2008

Ufficio di Collocamento



UDC:Ufficio di Collocamento e non certo unione democratici cristiani. Perchè più passa il tempo e meno credibile diventa la parola "cristiano" quando si parla del partito di Casini. Lui stesso incluso, il plurisposato con la faccia tosta di parlare della sacralità della famiglia nel più classico del predicare bene e razzolare male.
E che dire dell'ex governatore della Sicilia Cuffaro,da lui protetto dall'accusa di favoreggiamento mafioso e premiato con la promessa di rappresentare i senatori UDC al prossimo governo per essere stato condannato al favoreggiamento di mafiosi e non direttamente di cosa nostra.
Non dimentichiamoci nemmeno le perle d'uomini che sono Vito Bonsignore,condannato a 2 anni per lo scandalo della banca Antonveneta e Aldo Patriciello,condannato in via definitiva per finanziamento illecito e rinviato a giudizio per truffa aggravata in concorso, abuso d'ufficio e malversazione ai danni dello Stato.
Tutti certamente non perle come cristiani,ma ben collocati: chi al senato,chi alla camera,chi al parlamento europeo.
E adesso eccoci qua,con questa nuova perla: tale Maximo,un candidato gay sedicente convertitosi. Non sappiamo certamente a che punto sia la sua conversione,ma certamente sappiamo da che punto partiva: per accertarsene basta cliccare qui.

Quindi,prima di sperperare il voto cristiano votando solo chi dice di esserlo,guardatevi in giro:la coerenza e la testimonianza con la propria vita prima di tutto.

martedì 8 aprile 2008

Importazioni dalla Romania


Dai telegiornali di oggi apprendiamo che:
1) E' stato arrestato un RUMENO che,ubriaco,ha ucciso un turista travolgendolo con la macchina per poi andare tranquillamente in discoteca

2)4 RUMENI sono stati arrestati per aver torturato per 5 ore un anziano al fine di estorcergli i codici segreti di bancomat e carte di credito

3)Un ladro RUMENO querela un italiano per 100.000 € per giustificare la quarta diversa versione della modalità della sua ferita alla schiena: si è partiti da una puntura di insetto e si è arrivati ad un colpo di fucile che avrebbe fatto esplodere l'anziano vittima del furto per far scappare lui e il suo complice(versione assolutamente negata anche dai vicini che non hanno sentito alcuno sparo,ma solo le urla di paura della moglie della vittima del furto)

4)Un ladro dell'est europeo(non necessariamente rumeno) lega un'anziana 75enne nel proprio ristorante,la ferisce con una forbice e le ruba 1500€ e un cellulare. Fortunatamente i suoi camerieri questa mattina l'hanno salvata,ma non si è ritrovato il ladro.


Questo paese fa adesso parte della Comunità Europea. Un paese dal futuro ben più florido dell'Italia. Noi infatti esportiamo cervelli(negli USA o inghilterra) e industrie (in romania dove la tassazione è circa il 40% di quello che paghiamo in italia,essendo il paragone circa 50% per l'italia e 19% per la Romania). Importiamo in compenso ogni sorta di delinquenti immigrati.
E per evitare le accuse di razzismo siamo costretti a lunghi giri di parole che tendano a scindere i clandestini dai regolari,i rumeni dagli zingari e questi ultimi tra rom e sinti,che dicono essere poetici e georgici girovaghi.

La verità è che siamo il ventre molle d'europa,dove questi delinquenti la cui disperazione sembra per alcuni essere addirittura diventata una scusante per le loro indicibili violenze vengono a banchettare con furti,omicidi e stupri.

Di contro la Romania importa industrie ed esporta tutti i subumani. Loro si che hanno futuro.



Serve un governo forte che elimini questo falso umanitarismo che mostra carità verso i delinquenti e nessuna forma della stessa verso le vittime se si eccettua qualche lacrimuccia di coccodrillo e un telegramma di condoglianze.
Auguriamoci che tale sia il prossimo.

Ma diamo un'adeguata dimostrazione dei nostri bisogni. Non abbiate la perbenistica paura degli estremi,votate tutti in coscienza.
Ogni deviazione che "moderi" la Verità è una menzogna ed uno stupro della propria coscienza proporzionale a quanto ci si è discostati.

sabato 5 aprile 2008

Al cardinale Tettamanzi non è piaciuto il modo


Sgomberato un campo di Rom naturalmente abusivo a Milano e il cardinale Tettamanzi protesta perchè a suo dire "si sono violati i diritti umani non fornendo le elementari forme di assistenza".
Più d'un motivo per gioire di ciò. Il primo motivo è ovvio: finalmente si cerca di rendere l'Italia un pò meno ospitale per questi pseudonomadi che colonizzano ben stabilmente le nostre periferie rendendole ancor più insicure di quanto già non siano con i loro continui e reiterati abusi,furti,rapine e omicidi.
In attesa di una legge che chiuda i confini ai rom e che cacci dall'Italia tutta ogni loro esponente,non possiamo che buttar giù tutto quello che costruiscano. Vadano a infestare Germania e Austria se ci riescono!
Purtroppo non sono tanto stupidi da non capire che l'Italia è il ventre molle.
Ma rendere inospitale la nostra terra a questi delinquenti è il primo passo che ci può liberare da costoro.
Votare contro la Sinistra Arcobaleno diventa quasi un dovere per gli Italiani che percepiscono il pericolo-rom:si ricordi che nelle liste della suddetta coalizione si trova una Rom. Il primo passo affinchè vengano accolti per quello che non sono.
Ammesso e non concesso che faccia parte di quella percentuale pari all'errore statistico che non abbia mai ucciso,rubato o accattonato per quale motivo dovremmo votare una non italiana? A chi concederà poi la lealtà? Alla Romania,alla Polonia,a qualche nazione della ex-Jugoslavia,all'Italia o solo alla propria famiglia nomade in pieno stile mastelliano?


E il cardinale Tettamanzi si lamenta per il modu operandi. A suo dire i diritti umani sono stati negati.
Mi auguro che si sbagli e che abbia ragione la Moratti quando dice che invece sono stati concessi tutti gli aiuti elementari. Non riuscirei a immaginare come possano aver sofferto i bambini in perenne stato di narcosi o al freddo per fruttare di più in termini di accattonaggio. Ci mancherebbe solo che durante lo sgombero non siano garantiti un minimo di diritti.
Ma questo è un punto positivo: evidentemente la Chiesa vede ancora le ruspe che buttano giù abitazioni. E denuncia anche quando accade.
Mi fa piacere veramente.
Ora il passo successivo è di interessarsi laddove le ruspe sono di uno stato straniero e le case di una nazione legittima. Si denunci quello piuttosto che la distruzione di baracche illegali in territorio italiano.
Che Tettamanzi rivolga il suo cannocchiale sulla striscia di Gaza e abbia il coraggio di parlare di quello piuttosto che della distruzione di un illegale quartier generale di delinquenza.

martedì 25 marzo 2008

Ancora sul Tibet

Sembra che il mondo si stia svegliando. Il Papa ha dedicato la Via Crucis del Venerdì Santo ai tibetani, anche se a mio avviso sarebbe stato bene essere più espliciti.
D'Alema si conferma il miglior ministro degli esteri degli ultimi tempi condannando con parole dure l'operato della Repubblica Popolare Cinese.
Molto apprezzabile, visto che pochi altri politici hanno fatto altrettanto.
Nella sinistra più estrema non ci si arrischia a criticare l'operato del più grande paese comunista. Negano le foibe, baciano la tomba di Tito... non mi sorprendono per nulla.
Da destra non ne parliamo.
Gli interessi economici in Cina di Berlusconi e compagnia bella sono talmente elevati che non diranno nulla che possa inimicare il bacino commerciale cinese.

Nel frattempo il Tibet ha dovuto subire l'umiliazione del passaggio nelle sue terre della fiamma olimpica. Le proteste ci sono state, ma prontamente censurate dal regime cinese.
La Cina si è anche operata per far sgombrare dal Tibet i giornalisti. Inutili sono state le proteste di reporter-senza-frontiere.
Cosa farà il regime cinese adesso che non ci sono più testimoni? Adesso che non ci sono occhi che potranno denunciare al mondo le violenze e i soprusi del regime comunista contro il Tibet?

Boicottare queste olimpiadi diventa sempre più un dovere civile. I Giochi porterebbero degli introiti economici alla Cina da far paura. Ed ogni soldo sarà messo a disposizione per sopprimere il Tibet, censurare la stampa e cancellare anche i più basilari diritti umani sul territorio cinese.
Appoggiare la liceità di queste Olimpiadi ti rende complice.

martedì 18 marzo 2008

Tibet libero!


Tempo fa discutevo con un idiota che aveva l'ardire di negare le centinaia di milioni di morti di cui il comunismo deve rispondere alla Storia. Bisogna proprio essere idioti per far affermazioni del genere.
Il comunismo non ha mai smesso di mietere vittime. L'ultima è il Tibet.
Da tempo la Cina ringhia sbavante contro il Tibet. Ne vuole l'annessione. La scusa ufficiale sa di ridicolo: rivendicano la proprietà del Tibet in quanto, dopo l'invasione e l'unificazione di Tibet e Cina ad opera dei mongoli (1279), i cinesi si ribellarono e cacciarono via gli invasori nel 1368 dando vita alla dinastia Ming che regnò per 300 anni circa.
I cinesi non ricordano però che nel 1358 (dieci anni prima) erano stati i tibetani, al comando di Phagma Drupa a cacciare dal Tibet i regimi Sakya.
La verità è che la Cina comunista non può tollerare la presenza nel suo cuore di uno stato indipendente dal regime, mantenente una sua autonomia politica e religiosa.
Ecco quindi partita la stategia d'azione: debellare il Tibet.
Si arriva a dire che il Dalai Lama stia fomentando un gruppo di ribelli tibetani. Ormai non si sa più cosa inventare.
Così è stato oscurato internet, tolta l'energia elettrica, istituito il coprifuoco e la Repubblica Popolare ha schiantato il suo maglio contro Lhasa.
La furia comunista non mostra pietà. Centinaia di ragazzi e monaci sono caduti sotto i colpi dei soldati che sparano a vista e senza alcun motivo.
Da occidente il silenzio.
Un silenzio colpevole. Si teme di incrinare i rapporti con la Cina che, essendo diventata una potenza economica e militare, comincia a suscitare i pavidi timori di questo occidente smidollato. E quindi il Dalai Lama diventa un personaggio scomodo. Nessun paese lo ha ospitato. Solo Grillo e Letizia Moratti sono andati a stringergli la mano.
Nessuna carica dello stato, nessun politico.
A malincuore sono costretto a criticare anche il Papa. Neanche lui ha voluto accogliere il Dalai Lama. Il rischio era di incrinare i rapporti con la Chiesa cinese.
Quale Chiesa cinese? Gli unici sacerdoti obbedienti alla Chiesa di Roma sono tutti nei Lao-gai, i campi di concentramento e lavoro forzato cinesi. Gli altri sono servi del governo: da loro non si possono sentire parole di condanna contro il regime. Il governo cinese cerca di tenere buono il popolo. La spiritualità è una componente propria dell'essere umano. Non si può negare per sempre impunemente ad un popolo la sua naturale propensione al trascendente. Allora il governo ha piazzato uomini di fiducia anche dentro le chiese. Uno stile orwelliano.

Adesso si avvicinano le Olimpiadi. Una grande festa di sport, ma accompagnata da un ingentissimo business economico.

BISOGNA BOICOTTARLE! Ogni moneta va ad arricchire un regime che va fermato!

Che i nostri atleti non vadano a giocare in uno stato che vuole cancellare il Tibet sterminando i tibetani.
Uno stato che obbliga all'aborto. (1)
Uno stato maschilista, dove la donna è meno di un oggetto.
Uno stato senza libertà di parola o di stampa.
Uno stato che mantiene campi di concentramento dove gli internati sono costretti a lavorare senza essere retribuiti. Questo consente alla regime comunista di esportare materiale a prezzi concorrenziali.
La condanna deve essere ferma e forte. E che la gridino tutti: capi di stato e autorità religiose!


Chiedo
1. che vengano boicottate le olimpiadi di Pechino
2. che vengano ritirati gli ambasciatori italiani in Cina
3. che arrivino condanne e sanzioni severe da parte delle nazioni unite
4. che, se necessario, si costituisca un esercito che prenda le difese del popolo tibetano.
Perchè esistono guerre giuste. Difendere il debole, ultima ratio anche con l'uso delle armi, è un dovere che non può lasciare indifferenti.

Tornerà a garrire la bandiera di Thubten Gyatso, per un Tibet LIBERO!

(1) Per chi volesse approfondire: cercate nel motore di ricerca interno "miserere nobis"

lunedì 3 marzo 2008

Creare testimoni

L'ebreo Sarkozy ha avuto una brillante idea: far "adottare" ai bambini francesi di 5° elementare un bambino vittima della Shoa. Una strategia ben mirata.
Presto i testimoni dell'olocausto saranno tutti morti e al movimento sionista verrà a mancare lo scudo col quale hanno difeso anni di occupazione della Palestina e coperto le loro innumerevoli vittime palestinesi.
Allora urge correre ai ripari. Bisogna creare una nuova generazione di "testimoni dell'Olocausto" per poter così continuare nella politica che sta portando il genocidio dei palestinesi.
L'opinione unanime degli psicologi francesi è che attuare un progetto del genere può essere seriamente pericoloso per l'equilibrio psichico di bambini di 10 anni che si vedrebbero caricare sulle spalle un peso insostenibile.
Non c'era certo bisogno di scomodare gli psicologi per giungere a questa conclusione.
Ma il discorso va ben oltre.
Questa "adozione" somiglia tanto ad una venerazione. Il goym che dovrebbe pregare un membro del popolo eletto è un evento auspicato nel Talmud e predicato da molti rabbini, soprattutto nella setta dei Lubavitscher.
Sarebbe la definitiva consacrazione di quella che Blondet definisce l'ultima religione rimasta e concessa: la religione dell'Olocausto.
Ad onor del vero c'è da dire che, dopo le dichiarazioni degli psicologi, anche molti membri della comunità ebraica hanno criticato l'idea di Sarkozy in quanto porterebbe ad una "banalizzazione dell'Olocausto".
Meglio così, pericolo scampato.
Resta comunque da condannare l'idea stessa che si possa attentare alla sanità mentale di bambini per portare avanti la politica di morte attuata da Israele e dal movimento sionista internazionale.
Mentre Sarkozy si accoppia con Carla Bruni, a Gaza ogni notte muoiono centinaia di bambini palestinesi sotto i missili israeliani.
Chiudere gli occhi e far finta di non vedere o non sapere ci rende complici del massacro.

Li stanno sterminando


Il massacro di Palestinesi sta raggiungendo cifre impressionanti. L'invasione di gaza ha causato più di 100 morti e diverse centinaia di feriti. tra i morti,anche bambini dai 6 mesi ai 12 anni. Con questi, si è sforata quota 1000 in 5 anni.
E tutto questo,in risposta(a detta del governo israeliano) al lancio di razzi qassam al di là di quel vergognoso muro.
Stavolta,insieme ai qassam(che sono razzi artigianali,spesso incapaci di esplodere o addirittura senza esplosivo all'interno)c'erano i grad,attempati missili sovietici che hanno però ucciso un israeliano di Ashkelon,a 15 km da Gaza.
La risposta Israeliana è stata devastante. Nel lager di Gaza,più densamente popolato di Hong Kong, i missili hanno ucciso,a sentire le fonti giudaiche,34 miliziani di hamas con omicidi mirati.
Peccato che quei 34 soldati gioco-forza stavano accanto a civili. E l'utilizzo di missili non è naturalmente in alcun modo selettivo. Le vittime innocenti sono più del triplo dei soldati palestinesi morti.

I giudei continuano a piagnucolare di aver agito solo come ultima ratio ai lanci di quei proiettili da catapulta che osano chiamare razzi.
Ma loro- per loro stessa ammissione- sanno chi sono i miliziani,sanno dove abitano,sanno come si riforniscono di armi,sanno i loro movimenti.
Pur con mezzi capaci di uccidere un uomo dalla stratosfera con sistemi puntatori satellitari, sembrano difettare solo nella mira.


Lo sterminio continua e non arriva nessuna chiara condanna all'operato di Giuda. E il leone continua a mordere la colomba sempre più a fondo. Presto morirà nell'indifferenza del mondo.



Riportiamo una mail di un medico palestinese,tratta da www.effedieffe.com
Il dottor Mona El Farra, spiega in una mail com’è la vita sotto Sion:
«Il mio sonno è stato per lo più interrotto la notte scorsa, e così quello di mia figlia. Pesantissime mitragliate contro diverse parti della città, e varie parti di Gaza; il suono dei caccia era spaventoso, e anche quello degli elicotteri. Questa mattina, 28 febbraio, è una guerra aperta senza proporzioni; i civili ne pagano il prezzo. 15 persone sono state uccise negli attacchi della notte, anche un bambino di 3 mesi!!!! (mille i bambini uccisi in cinque anni). Mentre camminavo verso il mio posto di lavoro, la Mezzaluna Rossa (non ho carburante nella mia auto, ma sono solo 25 minuti), ho sentito moltissime esplosioni successive, in varie zone della città; ho visto i soldati delle forze di sicurezza star fuori dalle loro caserme, perché sotto minaccia di bombardamento; ho accelerato il passo, temendo il peggio.
Arrivato al posto di lavoro scopro che non abbiamo carburante per l’ambulanza e gli altri veicoli. Non è entrata una goccia di diesel, a Gaza, da 17 giorni. Tutte le nostre riserve mediche sono finite, mio Dio, questo avrà un effetto disastroso…»


«Medici e infermieri lavorano come sempre sotto pressione; e mentre cerco di organizzare un passaggio di materiale sanitario entro Gaza (è una donazione MECA), non so come faccio a vivere in una così pericolosa situazione; e manca l’elettricità, adesso abbiamo 6-8 ore di elettricità al giorno; l’acqua pulita è un grosso problema per quasi tutti gli abitanti di Gaza.
Non ne posso più, sono esausto, svuotato dal dire e ripetervi sempre le stesse cose, e le cose che vanno di peggio in peggio. Perciò cercate di capirmi se non vi scrivo. Ora sono preoccupato soprattutto della mia vita; e di fare fronte alle necessità di forniture mediche. Il mio fine è giustizia e pace. Passate parola»


Passate parola anche voi

sabato 23 febbraio 2008

L'europa si vergogna di Gaza



Il governo israeliano «sta ricevendo forti segnali che USA ed Europa sono molto irritate dalla mancanza di progressi nei negoziati coi palestinesi».
Lo scrive il quotidiano ebraico Haaretz, che descrive come gli ambasciatori israeliani in Europa abbiamo mandato numerosi telegrammi cifrati segnalando al ministero degli Esteri (Tzipi Livni) come molti Stati europei minaccino di rivedere il loro atteggiamento verso Hamas, in relazione alla situazione umanitaria creata a Gaza dal blocco sionista.

I rapporti cifrati - alcuni dei quali l’inviato di Haaretz dice di aver letto personalmente - si appuntano con allarme sull’ultima riunione del Quartetto per il Medio Oriente, tenuta a Berlino
l’11 febbraio.
C’erano l’americano David Welch (assistente di Condoleezza Rice per il Medio Oriente),
Mark Otte, che è l’inviato della UE per la pace, Robert Serry, l’inviato dell’ONU, e il russo
Sergei Yakovlev, responsabile del Medio Oriente per Mosca.
Il Quartetto dovrebbe monitorare i progressi del «processo di pace» secondo il ruolino di marcia messo a punto ad Annapolis.

In quella riunione, si sono sentite frasi piuttosto lontane dal solito servilismo verso Sion.
Serry, l’europeo, «Ha criticato Israele fin dall’inizio della seduta», riporta Haaretz: «Siamo molto preoccupati della situazione a Gaza, specie sotto il profilo umanitario», ha esordito: «Si deve trovare una soluzione».
E ha denunciato che l’assedio israeliano impedisce persino ai soccorritori dell’ONU di portare aiuto ai palestinesi.

Otte, l’inviato della UE, è stato duro: «Non solo nulla migliora sul terreno, ma il comportamento di Israele diventa sempre peggiore, e sempre più inadempiente verso le obbligazioni della road map» che Olmert ha accettato ad Annapolis.
Otte ha sottolineato che non solo Israele ha chiuso a Gerusalemme Est le istituzioni dell’Autorità Palesinese (il futuro «governo» collaborazionista con cui Sion dovrebbe trattare), ma ha prolungato di sei mesi l’ordine di chiusura, il che non indica né buona volontà né buona fede.
«Per cui, dobbiamo considerare un cambio di politica in tutto ciò che riguarda Gaza», ha concluso Otto.
Il che significa fare qualche apertura ad Hamas, ciò che Israele assolutamente non vuole - essendo riuscita ad imporre l’equazione «Hamas eguale terrorismo islamico» - e che le sue lobby nei vari Stati si prodigano per impedire.

Il russo Yakovlev ha detto, a nome del suo Paese, che bisogna fare in modo che i palestinesi formino un governo di unità nazionale (Autorità e Hamas), altra cosa che Israele non vuole.
Ma senza una riconciliazione tra Hamas e Fatah, ha detto Yakovlev, «la striscia di Gaza diventa una bomba a orologeria che distruggerà il processo di Annapolis».

Persino David Welch ha criticato le azioni israeliane a Gaza, dicendo che gli Stati Uniti le disapprovano, anche se ha ricordato i razzi Kassam che continuano a cadere sul villaggio di Sderot, la scusa con cui Israele si rifiuta di proseguire il negoziato, e a cui risponde con bombardamenti e missili e omicidi mirati con danni collaterali di civili massacrati.
In ogni caso, Welch ha detto anche: il Quartetto deve esigere da Israele a riapertura dei valichi di Gaza.

Evidentemente gli occidentali cominciano a vergognarsi di assistere senza protestare, anzi cooperandovi, al lento sterminio per fame del milione e mezzo di abitanti di Gaza.
Haaretz rivela che solo «grazie ad una massiccia offensiva diplomatica» e lobbyistica Israele è finora riuscita a impedire che da Bruxelles parta una formale dichiarazione di disapprovazione,
da parte della UE, di ciò che gli ebrei fanno a Gaza (probabilmente la campagna della comunità contro «gli antisemiti» in Italia e la famosa lista dei professori lobbyisti definita «una nuova Notte dei Cristalli» fa parte della massiccia offensiva).

Solo forti pressioni israelo-americane sulla Svizzera hanno impedito alla Confederazione Elvetica di indire un vertice internazionale con lo scopo di forzare la riapertura dei valichi di Gaza.
Il ministro della Guerra sionista, Ehud Barak, in visita in Turchia, s’è sentito chiedere da Ankara di consentire ai soccorsi turchi di passare a Gaza, almeno una volta.
Il ministro francese Bernard Kouchner ha chiesto ad Israele, durante la sua visita, di riaprire i maledetti valichi.

Inoltre, «alti responsabili dell’Unione Europea sono stati sentiti mentre denunciavano gli atti di Israele a Gaza, e deplorazioni su questo tema sono state passate in diversi parlamenti europei».
«Tutta questa agitazione», ha scritto Ran Koriel, ambasciatore israeliano alla UE, nel suo rapporto segreto alla Livni, «è collegata alla cultura europea di esibire preoccupazione per le questioni umanitarie» (eh sì, scusateci, abbiamo questa debolezza), sicchè «nonostante la sospensione» dell’iniziativa di una deplorazione formale a Bruxelles del comportamento giudaico (grazie alle accuse di «antisemitismo» sparse a mitraglia), «i giorni sono contati» prima che venga discussa
«la legittimità internale di ciò che avviene a Gaza».
La prospettiva peggiore, per lo stato ebraico, è che - come sta pensando di fare Parigi - ciò porti a una riconsiderazione generale dell’atteggiamento europeo verso Israele, che potrebbe anche finire con un riconoscimento di Hamas.

Non avverrà, non avverrà.
State tranquilli: le vostre lobby e Frattini il Kommissario vegliano contro questo «disagio umanitario», maschera estrema dell’antisemitismo.
Ma è istruttivo sapere che questo disagio c’è e cresce in Europa.
Ed è ancora più istruttivo apprenderlo da un giornale israeliano.
I nostri media, ovvio, non ne hanno dato notizia.


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1) Barak Ravid, «Livni: palestinian people have no future under Hamas rule», Haaretz, 21 febbraio 2008.



Maurizio Blondet da www.effedieffe.com

Se così il Kosovo,perchè no anche la Palestina?


Come previsto, dichiarata dal Kosovo la sua dichiarazione unilaterale di indipendenza, gli Stati Uniti e la maggior parte dei paesi dell'Unione europea, con la quale questa dichiarazione è stata coordinata, si sono precipitati ad estendere il riconoscimento diplomatico di questo "nuovo paese". Questa linea d'azione dovrebbe colpire chiunque come un atto incredibilmente sconsiderato contro il diritto internazionale e contro il senso comune.

Le conseguenze potenzialmente destabilizzanti di questo precedente (che gli USA e la UE insistono, bizzarramente, a chiarire che non deve essere visto come un precedente), sono state molto discusse con riferimento ad altri Stati sovrani riconosciuti a livello internazionale, con forti movimenti separatisti praticanti,ma capaci di auto-governo.
Esempi sono
Abkhazia(regione de facto indipendente della Georgia)
Ossezia meridionale(tra russia e georgia)
Transnistria(separata dalla Moldova,è una regione confinante con l'ucraina)
Nagorno-Karabakh( regione interna dell' Azerbaijan)
la Republika Srpska della Bosnia
la Repubblica turca di Cipro del Nord
Kurdistan iracheno
e così via per le altre minoranze scontente altrove(normandia,baschi,scozzesi per fare rapidi esempi). Una consenguenza potenzialmente distruttiva non è stata ancora discussa.
L'incredibile impazienza americana ed europea a riconoscere la separazione di una regione da uno stato universamente riconosciuto e membro del Consiglio d'Europa (oltre che con un forte avvio diplomatico verso l'ingresso definitivo nell'UE) apparentemente perché il 90 per cento di coloro che vivono in quella porzione di territorio sostengono la separazione,contrasta con l'altrettanto incredibile e illimitata pazienza di Stati Uniti e Unione europea quando si tratta di porre fine alla quarantennale belligerante occupazione israeliana della Cisgiordania e della Striscia di Gaza (nessuno parte di questi due paesi riconosce la sovranità di Israele,dichiarata da Israele stesso unilateralmente con l'occupazione di Gerusalemme Est).
Praticamente ogni residente con diritto di voto della Cisgiordania e della Striscia di Gaza mira alla libertà, e per più da 40 anni. Per questo, sono puniti, sanzionati, assediati, umiliati e, giorno dopo giorno senza fine, uccisi da coloro che affermano di stare su un più alto piano morale.

Agli occhi di USA e UE, una dichiarazione di indipendenza del Kosovo dalla sovranità serba dovrebbe essere riconosciuta, anche se la Serbia non è d'accordo.
Tuttavia, il loro atteggiamento è stato radicalmente diverso quando la Palestina ha dichiarato la propria indipendenza dall'occupazione israeliana, il 15 novembre 1988. Quindi, gli Stati Uniti e i paesi dell'UE (che, ai loro stessi occhi, costituiscono la "comunità internazionale", pur con l'esclusione della maggior parte degli uomini) erano assenti, quindi pur se ben più di 100 paesi avevano riconosciuto il nuovo Stato di Palestina, il loro non riconoscimento ha reso questa Dichiarazione di indipendenza un atto "simbolico". Purtroppo, per la maggior parte dei palestinesi,nei fatti è così.

Per gli Stati Uniti e l'Unione europea, l'indipendenza palestinese, per essere riconosciuta ed efficace, deve essere direttamente negoziata su una base bilaterale selvaggiamente ineguale tra la potenza occupante e gli occupati con l'accento posto sul raggiungimento di un accordo finale dalla potenza occupante.
Per gli USA e l'UE, i diritti e le aspirazioni di persone occupate e brutalmente torturate nonché del diritto internazionale, sono irrilevanti.
Per gli stessi Stati Uniti e l'Unione europea, gli albanesi del Kosovo, dopo aver goduto di quasi nove anni di amministrazione delle Nazioni Unite e della protezione NATO, non possono più aspettare per la loro libertà, mentre i palestinesi, che hanno sopportato più di 40 anni di occupazione israeliana, possono aspettare in eterno .

L'inutile "trattato di Annapolis" (come inutile doveva essere fin dall'inizio per intenzione di USraele),precedente al Kosovo, offre la leadership palestinese basata su Ramallah[sede del parlamento palestinese,n.d.r.] - accettata come tale dalla "comunità internazionale" perché è percepita come israeliana e pronta a servire gli interessi americani - un'occasione d'oro per prendere l'iniziativa,cancellare l'agenda e ripristinare la sua intaccata reputazione agli occhi del suo popolo[il governo palestinese non gode di chissà quale appoggio attualmente dal popolo n.d.r.].
Se questa leadership crede veramente, nonostante tutte le prove del contrario, che una decente "soluzione-due Stati" è ancora possibile, ora è un momento ideale per riaffermare l'esistenza legale (pur sotto la continua occupazione belligerante) dello Stato di Palestina, esplicitamente In tutto il 22% della Palestina obbligatoria, che non è stato conquistato e occupato dallo Stato di Israele fino al 1967, e di chiedere a tutti quei paesi che non hanno esteso il riconoscimento diplomatico dello Stato di Palestina nel 1988(in particolare gli Stati Uniti e L'UE) di farlo adesso.

La leadership albanese del Kosovo, ha promesso protezione per la minoranza serba del Kosovo, che ora è pronto a fuggire nella paura.
La leadership palestinese potrebbe promettere un generoso accordo di un periodo di tempo per il ritiro dei coloni israeliani che vivono illegalmente nello Stato di Palestina e per le forze di occupazione israeliane.
Come pure di prendere in considerazione un'unione economica con Israele, l'apertura delle frontiere e lo status di residente permanente per i coloni illegali disposti a vivere in pace sotto il governo palestinese.

Ovviamente, per evitare che gli USA e la UE considerino tale iniziativa come uno scherzo, se sono disposti a farlo ci dovrebbe essere una significativa ed esplicita conseguenza:la fine dell'illusione dei "due Stati".

La leadership palestinese potrebbe mettere in chiaro che, se gli Stati Uniti e l'Unione europea, avendo appena riconosciuto un secondo stato sovrano albanese sul territorio di uno Stato membro delle Nazioni Unite, ora non riconosce uno Stato palestinese su una piccola porzione di terra palestinese occupata, si provvederà a Sciogliere l'Autorità palestinese (che, per legge, doveva aver cessato di esistere nel 1999, al termine dei cinque anni di "periodo interinale" sotto accordi di Oslo), e il popolo palestinese dovrà cercare la giustizia e la libertà attraverso la democrazia, attraverso il persistente, non-violento perseguimento di pieni diritti di cittadinanza in un unico Stato in tutte le terre di Israele-palestina, privo di qualsiasi discriminazione basata sulla razza e la religione e con parità di diritti per tutti coloro che vi risiedono.

La Leadership palestinese ha tollerato l'ipocrisia e il razzismo occidentale recitando il ruolo di sciocchi ingenui, per troppo tempo.
E' giunto il momento di rilanciare un tavolo di discussione costruttivo per far capire alla comunità internazionale che il popolo palestinese non tollererà ancora a lungo l'insopportabile ingiustizia e gli atroci abusi.


John Whitbeck

giovedì 21 febbraio 2008

Sottoterra, per rifare il tempio


GERUSALEMME: Gli abitanti di Silwan, quartiere arabo di Gerusalemme, hanno notato le crepe sui muri
delle loro case, qualche calcinaccio caduto: e così hanno scoperto che gli «archeologi di Geova» erano di nuovo al lavoro nel sottosuolo, sotto i loro piedi.

«Questi lavori minacciano di far crollare le nostre case», dice Fakhri Abu Diab, capo del comitato per la difesa di Silwan: «Ancora una volta, nessuno s’è degnato di avvertirci, né di farci vedere
i permessi. I coloni agiscono come se noi non esistessimo».

Sì, perché gli archeologi dediti agli scavi nel sottosuolo di Silwan, ricco di storia e di resti antichi, non sono veramente archeologi.
Sono, spiega testualmente Le Monde, membri della «associazione Elad, un gruppo di coloni fondamentalisti, a cui il Servizio Israeliano delle Antichità ha concesso il terreno (altrui) e chi
da allora è diventato maestro nell’arte di strumentalizzare il sottosuolo di Gerusalemme a fini politici. Nel giro di una ventina d’anni, a forza di persecuzioni giuridiche, falsificazione
di documenti e reclutamento di collaboratori, Elad è riuscita a impadronirsi di oltre 50 abitazioni nel centro di Silwan» (1).

Questi «archeologi» sono interessati soprattutto agli antichi tunnel di cui è traforato il sottosuolo della città.
Secondo il «Comitato israeliano contro le demolizioni di case», uno dei gruppi ebraici che cerca
di aiutare i palestinesi in questo frangente, Elad vuole collegare il tunnel detto di Ezechia (che fa parte di un parco-percorso archeologico visitabile) con un’altra antichissima galleria, attualmente murata, perché porta proprio sotto la verticale della moschea di Al Aqsa.
Ossia il luogo più santo per l’Islam fuori dalla Mecca.

Ora, da decenni potenti e ben finanziati gruppi di zeloti ebraici tentano di far crollare o esplodere
la moschea di Al Aqsa, perché su quel luogo - dove ritengono fosse il «Santo dei Santi», il luogo interno dell’antico tempio ebraico dove avveniva il sacrificio dell’agnello pasquale - vogliono far sorgere il terzo Tempio.
Ci sono stati in passato progetti, a malapena sventati, di portare tonnellate di esplosivo sotto
Al Aqsa attraverso quelle gallerie.

Nel 1996, il governo Netanyahu autorizzò l’apertura di un tunnel sotto la spianata delle moschee (Monte del Tempio per gli ebrei): in difesa di Al Aqsa, i palestinesi provocarono una sommossa che la polizia israeliana sedò a mitragliate: oltre 70 palestinesi uccisi, e 17 ebrei.
Negli anni, lo Stato sionista è diventato sempre meno laico e sempre più corrivo coi fanatici che vogliono ricostruire il Tempio, distruggendo la moschea.
Il pericolo si avvicina, per i palestinesi.

Meir Margalit, il capo del Comitato israeliani contro le demolizioni, spiega: «questi cosiddetti archeologi dell’Elad sono individui impregnati di una ideologia messianica; immaginano che
il Terzo Tempio scenderà dal cielo schiacciando e distruggendo la moschea. Basta che i palestinesi sentano ancora una volta che la moschea è in pericolo, per far scoppiare una nuova esplosione popolare. E i peggio è che il governo non tiene a freno quei pericolosi fanatici».

Lungi dal tenere a freno, come abbiamo visto, il regime sionista ha dato agli zeloti di Elad lo status di «archeologi», autorizzando i loro scavi che, oltre a rendere pericolanti le case palestinesi, mirano ad avvicinarsi ad Al Aqsa dal disotto.
La complicità fra Elad e i servizi di sicurezza israeliani è più che evidente.

Il 10 febbraio scorso quattro palestinesi hanno fatto ricorso alla Corte Suprema contro gli scavi che avvengono sotto i loro pavimenti; immediatamente sono stati arrestati dalla polizia giudaica
con l’accusa di aver «danneggiato il cantiere archeologico».
Poco prima altri due palestinesi, dopo aver presentato una denuncia al commissariato per gli scavi abusivi, sono stati arrestati con l’accusa di «violenza».
Persino Yossi Beilin, il deputato israeliano del partito Meretz (di sinistra e pacifista), avendo chiesto di poter visitare gli scavi, s’è visto rifiutare il permesso dalle Belle Arti israeliane.

Le Monde ha cercato di contattare le Belle Arti, il Dipartimento dei Parchi Nazionali e lo stesso gruppo Elad: nessuno ha voluto dare spiegazioni, ciascuno rimandando all’altro la responsabilità
dei lavori.
Reticenza, dispetto: cosa vogliono sapere questi goym?

«E’ sempre così», sospira Margalit, il capo del Comitato: «Sempre la stessa storia. Il governo fa fare il lavoro sporco ai coloni fanatici, e chiude tutt’e due gli occhi. E tutti tacciono».
Scava scava, vecchia talpa.
Fino all’Apocalisse.
Quando si rivelerà «l’uomo d’iniquità, colui che s’oppone e s’innalza su tutto ciò che è chiamato Dio o è oggetto di culto, fino a sedersi egli stesso nel Tempio di Dio, dichiarando Dio se stesso» (San Paolo, II Tessalonicesi, 2, 4-5).

La distruzione della moschea Al Aqsa sarebbe un sacrilegio per l’Islam.
Ma la ricostruzione del Tempio e la ripetizione del rito dell’agnello - ciò a cui puntano i fanatici, per «riattivare» la loro religione rimasta senza rito sacramentale - sarebbe una bestemmia inaudita anche per i cristiani: per i quali l’ultimo Agnello è stato sacrificato duemila anni fa, ed ora si adora non su un monte, ma «in Spirito e verità».

Può entrare in questo discorso anche una notizia solo apparentemente senza rapporto con esso.
La comunità ebraica di Budapest ha dato mandato all’avvocato Peter Wolz per reclamare, a nome dei sopravvissuti di Auschwitz, 40 miliardi di dollari di danni al governo americano (2).
Ma come?
Gli USA non sono colpevoli dell’olocausto, anzi hanno combattuto i nazisti…

Si, replica Wolz a nome dei suoi clienti: ma l’America non ha fatto abbastanza per gli ebrei.
Non lo ha ammesso lo stesso presidente Bush, nella sua recente visita a Vad Yashem in Israele? «Avremmo dovuto bombardare Auschwitz», ha detto, e poi (su suggerimento della Rice) ha precisato: «Voglio dire, dovevamo bombardare nel ‘44 le ferrovie e i ponti che portavano gli ebrei ad Auschwitz».
Gli ebrei ungheresi l’hanno preso in parola.

Hanno calcolato che se avessero bombardato le ferrovie, gli americani avrebbero salvato 400 mila ebrei in più.
Fatti due conti sul costo di ogni vita ebrea non salvata per omissione di bombe, la comunità ebreo-ungherese (quella da cui viene George Soros), ha presentato il conto: americani, pagate 40 miliardi di dollari; e pentitevi, voi complici della Soah.
Evidentemente, è una prova di onnipotenza e arbitrio, praticamente divina.

Solo chi si sente Dio può agire così: tutti colpevoli, tutti davanti al tribunale supremo, nessun innocente tranne il popolo divino.
La causa pende alla corte federale di Colombia, Washington.


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1) Benjamin Barthe, «Fouilles archeologiques, outil politique des colons de Jérusalem», Le Monde, 20 febbraio 2008.
2) Anna Bystroem, «Hungarian Jews called to register for class action», Budapest Sun, 13 febbraio 2008. «Düsseldorf-based Wolz says he has already filed a class action for $40 billion against the US government at the Federal District court of Colombia, in Washington DC. The class action concerns the failure of the Allies to bomb the railway bridges between Hungary and Auschwitz during the Second World War. Wolz believes the bombing of the railway bridges could have saved more than 400,000 Hungarian Jews life during 1944. He put the number of Budapest Jews who escaped the Holocaust - people like financier George Soros and the late Congressman Tom Lantos - at about 120,000 only».

Maurizio Blondet
da www.effedieffe.com

martedì 19 febbraio 2008

L'europa sempre sottomessa



Più di un lettore pone domande sull’evento storico, tremendo e grandioso, che si profila: la rapidissima caduta dell’unica superpotenza rimasta.

«Sono convinto quanto Lei», scrive uno, «che la superpotenza minidotata, gli Stati Uniti, siano sull’orlo del baratro, è altrettanto facile prevedere una (lunga?) fase di transizione confusa nel Paese, tale da poter portare a grossi disservizi, carenze e deficit anche nell’apparato militare.
Non credo sia uno scenario irreale il configurarsi di una fase di stallo, anche decisionale, nei vertici delle forze armate statunitensi; ebbene una situazione di questo tipo genera in me paura e una domanda, la paura è legata ad azioni sconsiderate da parte di singoli generali, un po’ alla ‘dottor Stranamore’.
La domanda invece riguarda le basi NATO sul nostro territorio, cosa ne faremo? Saranno mantenute in efficienza le postazioni di lancio, i missili, l’arsenale in genere presente sul nostro suolo?».

Difficile prevedere, caro amico.
Solo di una cosa sono abbastanza sicuro: non ci saranno fughe in avanti di generali-Stranamore.
I generali USA, umiliati dalla realtà, sono oggi i meno inclini ad impegnare le loro forze
(di cui conoscono l’usura) in una nuova guerra.
Il vero pericolo di avventurismi e fughe in avanti viene, come sempre, dai civili: quegli strateghi da tavolino che non avendo mai visto una guerra, credono ancora nelle fantastiche capacità delle super-armi di garantire un’egemonia già persa.

Specificamente, i neocon, quelli che hanno trascinato l’America nei pantani afghani e iracheni: questa gente approfitta del vuoto di leadership americano (indice primario della crisi: alla Casa Bianca c’è il vuoto) per agitare fantastici scenari o sogni di potere globale, che per quanto irreali non sono meno pericolosi.
Di recente un guru dei neoconservatori, Robert Kagan, si rallegrava della tensione fra Europa e Russia, creata da questioni come i missili (USA) piazzati in Polonia e il riconoscimento
del Kosovo (1).

La sua proposta: trasformare queste tensioni in «fratture», onde arrivare ad un conflitto armato con la Russia sul suolo europeo.
«Una crisi in Ucraina, che vuole unirsi alla NATO», scrive il fanatico, «può portare ad un faccia a faccia diretto con la Russia. E le dispute tra il governo georgiano e le forze separatiste di Abkhazia e sud-Ossetia, sostenute dalla Russia, possono salire fino a un conflitto militare tra Tbilisi e Mosca. Allora, un conflitto più vasto può essere preordinato».

Questo conflitto è benvenuto, sottintende Kagan, perché assicurerà la sottomissione dell’Europa disarmata al suo protettore storico (Washington) compensando la perdite di egemonia americana in Asia.
E’ per questo, in fondo, che Washington ha voluto fortemente, con pressioni inaudite sugli europei, il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo: creare problemi e ferite aperte in Europa, onde perpetuare il bisogno di «sicurezza», fornitoci - presuntivamente - dagli Stati Uniti.
Praticamente ogni attrito dell’Europa con Mosca è stato causato non dall’Europa (né da Mosca), bensì da decisioni americane.

Washington capisce che non può più esercitare il controllo sul mondo, e rafforza il suo controllo sulla UE, il suo cane d’appartamento, già domestico.
Solo con la UE, con il suo enorme mercato, gli USA sono ancora qualcosa di fronte alla Cina.
Non siamo noi che abbiamo bisogno di loro, ma loro ad aver bisogno di noi.

Si noti: questo Kagan può diventare un ministro nell’amministrazione McCain, se il repubblicano preferito dall’industria degli armamenti verrà eletto.
Folli ma lucidi, i neocon conoscono bene il riflesso cui cede l’America quando cade - com’è già accaduto nel ‘29 - in una «très grande dépression» economica: il riflesso dell’isolazionismo, del ritirarsi dagli affari del mondo, a curare le sue ferite sociali ed economiche nazionali.
Il ridimensionamento delle ambizioni globali.
Essi sono decisi a impedirlo, in nome del business multinazionale, della finanza, del complesso militare-industriale e del «destino manifesto».

Oggi, Bush implora l’Arabia Saudita di aumentare la produzione di greggio («Danneggia le nostre famiglie, la benzina cara fa male alle nostre famiglie»), e ne riceve un rifiuto.
Robert Gates, il capo del Pentagono, esige con arroganza dall’Europa che mandi più truppe a morire in Afghanistan, nella guerra voluta dagli USA e in cui l’Europa non ha nulla da guadagnare.
Sei anni fa, Rumsfeld rifiutò l’aiuto militare europeo.
Oggi gli eurocrati sarebbero ben lieti di obbedire scodinzolando, ma le opinioni pubbliche europee non lo tollererebbero.

Ecco l’altra parte del problema del tramonto della superpotenza: l’Europa resta, nei suoi «governanti», servile.
Il rischio è che obbedirà anche a Kagan, se diventa ministro.
Nonostante la palese impotenza crescente della superpotenza, la UE e gli staterelli-membri continuano a piegarsi alle sue arroganze.
Il sito Dedefensa, con le sue ottime entrature a Bruxelles, ne dà un esempio (2).

Particolarmente penoso per noi, perché riguarda «una fonte italiana di alto livello vicina a Prodi», «una fonte che fu vicina al primo ministro, nel suo governo, lungo tutta la durata del governo».
A questa fonte italiana ministeriale (Parisi? D’Alema? Ricardo Franco Levi?) il giornalista fa domande a proposito del Joint Strike Fighter, il supercaccia fortemente voluto dagli americani, che altri Paesi europei hanno rifiutato (inutilmente costoso, per le minacce presenti e del tutto superfluo nelle guerre coloniali che paiono essere il nostro destino), ma che Berlusconi ha abbracciato con entusiasmo, e Prodi non ha affatto cancellato.
Ebbene: la «fonte», invece di pronunciare le frasi diplomatiche d’uso («E’ un buon programma, ovvio che lo abbiamo proseguito») si mette a piagnucolare sulle pressioni che il governo Prodi ha ricevuto da Washington.

Le frasi testuali, riportate da Dedefensa: «Non potevamo fare niente; c’è stata una tale pressione, una tale costanza nella pressione, che ha impregnato tutto il nostro sistema politico. Siamo letteralmente prigionieri. E’ molto più che una normale situazione di ‘influenza’. E’ una situazione che è insita nella psicologia e nella stessa sostanza del nostro sistema politico».
E' una agghiacciante confessione, da leggere su più livelli.
Si ha paura di un «alleato» di cui s’indovina la follia, l’irrazionalismo disperato, ma ne «siamo letteralmente prigionieri».
E questa prigionia non viene dalla potenza dell’alleato, ma dalla «psicologia e dalla sostanza stessa» del nostro sistema politico.

Cinquant’anni di subordinazione hanno creato un’abitudine alla dipendenza, che non si sa né si vuole scuotere.
Perché bisognerebbe ripensare in termini di strategia e geopolitica, e non solo i nostri cosiddetti governanti non ne sono capaci, ma nemmeno sospettano che la geopolitica e il pensiero strategico mondiale servano a qualcosa: per loro «politica» è la sceneggiata tutta interna e meschina che ci offrono ogni giorno.

Berlusconi resta fisso nel suo filo-americanismo ormai insensato, senza nemmeno intuire che l’America presto si rimpicciolirà all’orizzonte, dopo chissà quali colpi di coda.
Veltroni non ha mai detto nulla in politica estera.
Entrambi, credo, pensano che l’alleanza-subordinazione con gli USA, e la durata della NATO, la fede nella invincibile potenza USA, e nella sua cosiddetta democrazia (che si è trasformata in uno Stato di repressione) «vadano da sé».
La consapevolezza che esprime il nostro lettore, e che rende fremente la sua preoccupata domanda: che cosa accadrà?, non li tocca nemmeno, i nostri politici.

Che cosa accade quando tramonta un impero, anzi precipita in una sorta di follia apocalittica, incapace di commisurare i fini ai mezzi, affidato ai Kagan e ai Wolfowitz?
Quali le conseguenze del fallimento della sua ideologia primaria, «l’internazionalismo capitalista» che ci ha travolto tutti nella globalizzazione speculativa?
Quali autarchie dobbiamo ristabilire rapidamente?
Quali instabilità e destabilizzazioni dobbiamo prevedere, per schivarle?
Quali alleanze stabilire?
Qual è, nel disordine mondiale, il nostro interesse nazionale?
I nostri politici non se lo domandano, e nemmeno sanno che devono domandarselo.

Uno torna al ponte di Messina, l’altro al «si può fare», al centrismo para-democristiano.
Chi dei due vincerà e ci governerà importa poco: sappiamo che saranno inadeguati al compito dei tempi nuovi e calamitosi che ci attendono.
Per esempio, le conseguenze di un dato che già si manifesta nel mondo, e che Flynt Leverett, analista di geopolitica dell’energia alla New America Foundation, ha espresso così (3):
«Una ‘comunità’ di potenze industriali e di esportatori d’energia largamente non democratici (secondo la concezione USA) sta già fondando le basi per una reciproca collaborazione strategica, intesa a limitare la capacità americana di adempiere ai suoi progetti egemonici».

Ecco un’analisi adatta ai tempi: di fronte a un’America indebolita e indebitata e schiacciata dalla sua stessa corazzatura militare, sale il blocco in formazione di potenze reali (industriali come la Cina, esportatrici d’energia come Russia e Iran e Paesi del Golfo) che già oggi contrastano insieme le pretese mondiali di Washington.
Questa è già la nuova figura del mondo: la forza reale sta in potenze «non democratiche» e ben consce del rischioso momento e del proprio interesse nazionale.
E noi?
Dovremmo chiederci con chi stare, come situarci.

Invece, riconosciamo il Kosovo, «Stato indipendente» che ha bisogno di assistenza e difesa, spina nel fianco che non serve a noi, ma alla superpotenza in precipitoso declino.
Perché è «l’alleato che ci ha liberato dal fascismo», come diceva Enzo Biagi.
Perché «ne siamo prigionieri»: prigionieri anzitutto psicologicamente.
Prigionieri, in fondo, della nostra stupidità, servilità, arretratezza intellettuale.


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1) Citato da Ulrich Rippert, «NATO security conference: US demands more european troops in Afghanistan», WSW, 13 febbraio 2008. L’articolo di Robert Kagan si intitola «The battle of Century», «La battaglia del secolo». Kagan è quello che, mentre Bush innescava le sue guerra, ha inventato lo pseudo concetto che l’Europa è «Venere» imbelle, mentre l’America è «Marte».
S’è visto.
2) «L’impuissance, l’ingérence et le JSF italien», Dedefensa, 18 febbraio 2008.
3) Jim Lobe, «Can the US brace its fall?», Antiwar.com, 18 febbraio 2008. «A ‘community’ of largely non-democratic manufacturing powers and energy exporters is already laying the groundwork for real strategic collaboration, aimed at limiting America’s ability to carry out [its] hegemonic agendas, Leverett, who served in the National Security Council under Bill Clinton and Bush, wrote recently in the National Interest journal published by the Nixon Center. As a result, the degree to which Washington can slow its decline and preserve its primacy will depend increasingly on its willingness to suppress its unilateralist reflexes and ‘to take account of the perceptions and interests of others in its foreign-policy decision-making’, according to Leverett».

Maurizio Blondet
Da www.effedieffe.com

giovedì 24 gennaio 2008

Che incredibile faccia tosta!


Apprendiamo dall'ansa,capitolo "approfondimenti" il seguente articolo che pubblichiamo nella sua interezza,riservandoci di mettere in RISALTO i punti salienti.

RAPPORTO UE RIVELA: CRESCE ODIO PER EBREI

TEL AVIV - Cresce l'odio per gli ebrei tra i Paesi dell'Unione europea, un odio razziale che talvolta sembra persino seguire l'andamento del conflitto israelo-palestinese. Lo rivela l'ultimo rapporto dall'Agenzia per i diritti fondamentali dell'Ue (Fra), che sarà reso pubblico entro la fine di gennaio ma di cui l'ANSA ha ottenuto un'anticipazione.

Sono le 22 pagine di una "copia di lavoro" che dimostrano come nel 2006 in ben sette dei nove Paesi monitorati gli episodi a sfondo antisemita siano aumentati. In testa alla classifica si colloca il Regno Unito, che ha visto passare gli incidenti accertati da 455 a 594, seguito dalla Francia (passata da 508 a 541 episodi) e dall'Olanda, che ha visto lievitare il numero delle aggressioni o delle offese agli ebrei da 159 a 261 in un solo anno.

L'incremento in numero assoluto riguarda anche Belgio (da 58 a 63), Repubblica Ceca (da 42 a 48), Danimarca (da 37 a 40) e Svezia (da 111 a 134). Stabile invece l'Austria e in lieve calo la Germania, che rimane tuttavia il Paese, fra quelli citati dal rapporto, con il maggior numero di episodi a sfondo antisemita: nel 2005 furono 1682, nel 2006 sono stati 1662. Il Paese in cui l'antisemitismo sembra crescere in modo esponenziale, si scopre tuttavia essere la Francia: raffrontando l'andamento degli incidenti registrati dal 2001 al 2006, il rapporto calcola un sorprendente aumento del 61%. Ed è proprio fra la banlieue francesi che gli analisti dell'agenzia europea hanno notato una curiosa coincidenza: le manifestazioni antisemite sembrano seguire l'andamento del conflitto israelo- palestinese.
Fra il 2002 e il 2004, ad esempio, mentre in Medio Oriente la tensione cresceva, in Francia si registrava il picco nel numero di aggressioni agli ebrei. All'inizio del 2006 un marocchino francese di origine ebraica, Ilan Halimi, venne rapito, seviziato e ucciso da una banda di 22 estremisti: forse é solo un caso, ma in quello stesso periodo gli integralisti islamici vivevano l'eccitazione del trionfo elettorale di Hamas a Gaza e in Cisgiordania. Il rapporto dell'agenzia europea non trascura infine di citare anche l'Italia, sebbene non compaia fra gli Stati monitorati. Per il nostro Paese vengono perciò utilizzati i dati forniti dal ministero dell'Interno italiano ai ricercatori dell'Osce, e dai quali emerge che in un anno sono stati 62 gli incidenti contro gli ebrei.

Se la cifra fosse corretta, in questa virtuale graduatoria dell'odio antisemita l'Italia si collocherebbe nella media di Belgio e di Repubblica Ceca, si rivelerebbe più razzista dell'Austria, ma molto meno di Germania, Inghilterra e Francia. Il documento ammette quanto sia difficile (e spesso imprecisa) la catalogazione degli episodi a sfondo chiaramente "antisemita".

In alcuni Paesi, come ad esempio la Francia, le statistiche ne tengono conto in modo esplicito. In altri Paesi é invece addirittura vietato rivelare eventuali retroscena a sfondo religioso per i crimini commessi. Gli incidenti catalogati spaziano così da casi gravissimi come omicidi, linciaggi o ferimenti, a episodi di vandalismo (spesso contro tombe o monumenti) fino ai graffiti offensivi e ai più moderni "sms" telefonici.
carlo.bollino@ansa.it



E adesso brevemente,cerchiamo di leggere tra le righe.
Non si capisce come ci si possa stupire del fatto che l'"antisemitismo" segua l'onda del conflitto israelo-palestinese.
Gli occhiuti statistici dell'UE (o di tel-aviv? nell'articolo la città è quella,ma la statistica DOVREBBE essere dell'U.E. ...ammesso che ci sia differenza) badano a vedere se in Danimarca siamo realmente passati da 37 a 40 e non magari a 41,ma non hanno visto che i paesi dove maggiormente si registrano questi casi sono a forte componente islamica. Islamici che naturalmente vivono con rabbia le torture ai quali,anche in questi giorni, è soggetto il popolo palestinese.
Ma come si fa a definire gli atti presi in statistica come "antisemiti"?
Ci viene spiegato dopo. Nella statistica sms di protesta (e c'è da immaginare pure scritte sui muri, clacson ai semafori,bucce di banana a terra e naturalmente manifestazioni filopalestinesi) vengono registrati come atti antisemiti se rivolti contro un ebreo. Al pari di un omicidio.
Lasciamo che sia l'intelligenza del lettore ad immaginare quanti siano gli omicidi o le vessazioni in statistica e quante le battutine,le barzellette,gli sms o il clacson ai semafori.


Come mai questa stupida statistica? Forse perchè sulla striscia di Gaza si sta compiendo un genocidio che non deve assurgere al grado di "Olocausto"? Forse perchè troppe notizie sono scappate ed è il caso di urlare immediatamente all'antisemitismo per zittire gli europei?
Lasciamo anche questo all'intelligenza dei lettori.

Sarebbe però utile iniziare ad allenarsi... Nel 1950 quando si scoprirono i campi di concentramento nazisti gli ebrei accusarono l'europa intera di omertà. E i nostri nonni riuscirono a biascicare un timido "...non sapevamo...non potevamo sapere".


Beh,cerchiamo di allenarci,noi. Quando arriveranno i nostri nipoti a chiederci come mai non abbiamo fatto nulla,cerchiamo di fare in modo che il nostro "...non sapevamo...non potevamo sapere" sia un pò meno imbarazzato,quanto meno.

sabato 12 gennaio 2008

A Napoli no e in Kenia si?Andiamo bene...


Il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, in questi giorni nell’occhio del ciclone per la gestione dissennata dei rifiuti campani, a giustificazione del suo comportamento ha sostenuto che non si possono addossare a lui colpe, in quanto responsabile dell’Ambiente da appena un anno e mezzo. Se in 18 mesi non è riuscito ad aprire discariche nel napoletano, ha però stanziato la somma di 721.000 euro per la bonifica di una discarica in Kenia, vicino a Nairobi…in Italia riusciamo anche in questo con la Sinistra al Governo, lasciamo marcire tonnellate di rifiuti nelle strade della regione campana, ma ci interessiamo delle discariche in Africa e le finanziamo. La denuncia circostanziata arriva da “Nigrizia”, rivista mensile dei padri comboniani che in Kenia hanno varie missioni e la vicenda è attualmente all’esame del procuratore aggiunto Maria Cordova della procura di Roma che indaga su presunte tangenti legate a un progetto autorizzato dal ministero dell’Ambiente italiano.
Dandora, vicino a Nairobi, è una località dove c’è un’enorme discarica che avvelena 700.000 persone che vivono nella baraccopoli di Korogocho.Viene deciso di condurre uno studio di fattibilità per chiudere la discarica e spostarla. La bozza con la proposta del governo kenyota ad aprile 2006 viene inviata al governo italiano che la approva già a maggio: lo studio di fattibilità viene assegnato alla ditta Eurafrica Management and Consulting, il Ministero dell’Ambiente mette a disposizione la cifra di 721.000 euro, un’enormità per un semplice studio tecnico. Il 16 novembre è Pecoraro Scanio in persona a impegnarsi indicando l’intervento “una priorità per il governo italiano”, ad agosto 2007 il direttore generale del Ministero, Corrado Clini, vola a Nairobi, per definire l’accordo con le autorità del Kenia. Ma emerge la denuncia dei frati comboniani: il progetto di fattibilità della Eurafrica è identico a quello presentato tre anni prima da un’altra ditta, la Jacorossi; perchè il Ministero dell’Ambiente era pronto allora a pagare 721.000 euro per un progetto che era già pronto? Vediamo che ditta è Eurafrica… ha due sedi, una a Napoli e una a Roma. Amministratore unico è Tiziana Perroni, socio il marito, Bruno Calzia, consigliere economico del ministro delle poitiche agricole, Paolo de Castro, capitale sociale appena 10.000 euro, un solo dipendente. In realtà l’affare bonifica, denunciano i frati, una volta stabilito il progetto, avrebbe compreso una cifra di ben 30 milioni di euro per la gestione completa della discarica. I frati ricevono pressioni dal Ministero, protestano ugualmente perchè ” non è vero, come sostengono al Ministero italiano, che la ditta Eurafrica è stata scelta dai kenioti, al contrario, in Kenia nessuno conosce tale ditta, neanche all’Ambasciata italiana “. Vanno più a fondo e i frati scoprono che tra i rappresentanti kenioti della ditta ci sarebbe un noto personaggio legato al traffico di armi”… A questo punto interviene la Procura di Roma e blocca i fondi del Ministero…
Altro “piccolo” episodio legato all’emergenza rifiuti a Napoli, le pressioni che Pecoraro Scanio fece all’ex commissario Guido Bertolaso affinchè insediasse tale Claudio De Biasio sulla poltrona di subcommissario all’emergenza rifiuti: il 3 aprile scorso De Biasio è stato arrestato nella inchiesta sulle infiltrazioni camorristiche nella società Eco-4, specializzata nella raccolta dei rifiuti nel casertano con l’accusa di truffa aggravata. Si scopre che al momento della segnalazione da parte del Ministro aveva già un altro procedimento penale sempre per reati analoghi…
E poi qualcuno va in TV e dice che è appena da un anno e mezzo ministro e non ha responsabilità…e mentre a Napoli scoppiava la rivolta lui ha continuato le sue ferie a Praga…Verdi? No…rossi di vergogna…


da www.destradipopolo.net

mercoledì 28 novembre 2007

Il rabbino usa incredibili menzogne come pietose scuse


Il rabbino Shmuel Rabinovitch, ha vietato l’ingresso al Muro del Pianto ad una delegazione di vescovi austriaci, che portavano la croce pettorale. Il gruppo di presuli, già rientrato in Austria, era guidato dall’arcivescovo di Vienna, card. Christoph Schonborn.
Secondo la direttiva stabilita da Rabinovitch, è vietato indossare a vista la croce latina davanti al Muro occidentale di Gerusalemme, uno dei luoghi più sacri del popolo ebraico.
“La croce è un simbolo che offende i nostri sentimenti”, ha spiegato il rabbino.

L’addetto culturale dell’ambasciata austriaca, Arad Benko, riferisce all'Associated Press (AP) che la delegazione non conosceva “l’esistenza di un codice di abbigliamento”.
Lo scorso 8 novembre il cardinale e gli altri vescovi sono arrivati davanti al Muro “vestiti con la tradizionale tonaca e la croce pettorale” racconta Benko “ma sono stati fermati ed è stato chiesto loro di togliere la croce se volevano proseguire oltre”.
Hanno così deciso di rinunciare e hanno potuto vedere il Muro dalla terrazza riservata ai non ebrei.

Il card. Schonborn ha detto di “non essere rimasto deluso” dall’episodio: “Abbiamo deciso di rispettare la richiesta del rabbino in segno di rispetto della sensibilità religiosa ebraica”.
Contattato da AsiaNews il porporato ha ribadito che il fatto “non ha alcuni rilievo” e ha espresso comprensione per la volontà di Rabinovitch.
“Anche noi cristiani non ammettiamo che un non credente salga sull’altare”, ha detto.

Dal canto suo, il rabbino del Muro del Pianto ha subito voluto chiarire, con la AP, che la sua decisione non era mossa da intolleranza religiosa: “Abbiamo chiesto loro solo di coprire la croce e non di toglierla. Non ho mai incontrato nessun cristiano che si fosse rifiutato, nemmeno il Papa”.



Un applauso ai Vescovi per non aver sacrificato il proprio credo alle assurde pretese dei fratelli maggiori.
Di meno per aver "corretto il tiro", con quella frase assurda secondo la quale gli atei non possono salire sull'altare. Gli atei possono salire. L'unico posto in cui non possono andare è al Sancta Sanctorum,luogo in linea teorica vietato a chiunque non sia sacerdote.
Mi sono chiesto cosa ci facesse la delegazione al muro del pianto. Certamente non a pregare,ma a cercare questo fantomatico dialogo interreligioso che,come al solito,vede la porta chiusa da parte dei fratelli maggiori con le treccine.

La frase del Rabbino secondo la quale la croce offende gli ebrei ha dell'ironico. Si sentirebbero offesi nel vedere tale Simbolo. Noi invece continuiamo a chiamarli "fratelli maggiori",quasi avessimo bisogno di qualcuno che ci insegni ad aver fede. Accettiamo nelle chiese grossi candelabri e stelle giudee. LORO si sentono offesi e ci chiamano ad umiliazioni fuori dall'accettabile. Noi apriamo le porte al cristianesimo più giudaizzante(con svariate striature di eresia) qual'è il cammino neocatecumenale.

Questo è quanto. La CALUNNIA nei confronti di Giovanni Paolo II è talmente evidente che faccio parlare la foto.

lunedì 26 novembre 2007

Ultras giudei,nuovi modi di politicizzare la curva



In italia siamo abituati alla politicizzazione delle curve,da parte di quelle scimmie antropoidi che vengono definite "ultras". Bene, pubblico un articolo di esultanza da parte di una giudea dopo Israele-Russia 2-1. Leggete attentamente. La fonte è il noto gruppo di falchi neocon filoisraeliani www.informazionecorretta.com.


Premetto di sapere poco o nulla di calcio, ma questo qualcuno lo deve stampare: Israele ha battuto la Russia 2-1 a calcio il Sabato scorso e causato un bel po' di imbarazzo per i Russi, nonche' pare una gran gioia per Inghilterra e Croazia, salvati dalla vittoria Israeliana tanto da portare alcuni giornali a parlare di "altezze" del Golan, riferendosi all' abile giocatore Omer Golan che ha segnato all' ultimo minuto, nonche' di aver permesso all' Inghilterra di raggiungere la "Terra Promessa" delle qualificazioni per la Coppa. Evviva!!! Se Iran, Arabia Saudita & company avessero il fegato di giocare a calcio con Israele, perderebbero anch'esse, come spesso capita a chi rifiuta di cimentarsi con i migliori. Mi riferisco al fatto documentato che mentre Israele fa geograficamente parte del Medio Oriente, nessuno dei paesi confinanti accetta la sfida di una banale partita di pallone, forse nella speranza che Israele se ne stia a casa imbronciata come una ragazza con niente da fare il sabato sera. Invece Israele, non certo schiva di una sfida a pallone, dovendo fare di necessita' virtu', a forza di giocare a calcio in circoli Europei con paesi dove di risorse per il calcio ce ne sono eccome, ha messo insieme una squadra fiera e temibile. Mentre non auguriamo ai giocatori mediorientali la fine che tristemente farebbero se perdessero contro Israele, vorremmo dir loro: Altro che Annapolis! Give Peace a Chance! Andate a giocare a calcio a Tel Aviv!
Emanuela Prister Toth

Dallas Texas



Interessante,no?
Notate con che sottigliezze insulta Iran, Arabia Saudita,etc. La tizia,che di calcio nulla sa e peraltro questo non la ferma dal ciarlare,parte da alcuni presupposti sbagliati.

1) In Europa abbiamo una tradizione calcistica che non ha alcun bisogno del contributo della sfigatissima nazionale israeliana che miracolosamente strappa punti alla Russia. Piuttosto non credo che qualcuno ne avrebbe a male se Israele giocasse il torneo nel continente che gli appartiene

2)Israele non è tra le squadre che possono definirsi "migliori". In linea del tutto teorica potrebbe essere più forte dell'Iran,ma nel calcio si dice che "la palla è tonda",e così come l'imponderabile vittoria di Israele sulla russia può avvenire,a maggior ragione è probabile che l'Iran abbia chance di battere israele.

3)Israele è stato comunque eliminato...si è messo sotto solo andorra,estonia e macedonia.

4)Anche l'Inghilterra è stata eliminata e l'allenatore McLaren esonerato. Altro che "terra promessa"...

5)Anche la Macedonia nel girone di Israele ha fatto punti. Ha vinto anche 2-0 contro la Croazia prima in classifica. Ma non ce li vedo i macedoni a fare questo pietoso e superbo spettacolo di spocchia nei confronti ad esempio, del montenegro.



E' stata una brutta uscita,quella dell'intellettuale ultrà giudea.
Come una brutta uscita è stata quella della foto proposta,in cui i tifosi croati,improvvisarono quella figura che vedete durante le partite con Israele.

Il proverbio della palla tonda in quel caso non funzionò,e nemmeno funzionarono i clichè da film hollywoodiano. Quindi vinsero i croati, che in questo caso facevano la parte dei cattivelli,ma che erano i migliori del girone. Sia all'andata che al ritorno.


Lezione: mai gloriarsi troppo,c'è sempre qualcuno più forte.

domenica 25 novembre 2007

Grugniti regali


Ci mancavano solo i Savoia,in Italia. Come tutti temevamo,il loro ritorno in Italia non poteva far altro che portare guai.
E in effetti è così.
Il caro Vittorio Emanuele,tessera P2 di Licio Gelli numero 1621, forse in virtù della stessa tessera,è stato fino ad adesso uno degli uomini più giudiziariamente fortunati del mondo: quasi mai condannato nonostante l'evidenza delle prove o sue stesse ammissioni per il contrabbando di armi con la Persia, l'omicidio di Dirk Geerd Hamer, e ovviamente(giusto il tempo di tornare in Italia)i giri di prostituzione e truffa al casino di Campione D'italia, i contatti con la mafia siciliana.
Il figlio,fiero di tal padre, ha deciso di chiedere i danni all'Italia per aver passato 30 anni in esilio.
cosa chiederà mai? 260 milioni di euro, più una serie infinita di palazzi,castelli,ville, 30 milioni di gioielli,persino il quirinale!!
Loro promettono di devolvere tutto in beneficienza,urlando un populistico "li spenderemo meglio dello stato!".

Che dire... per quello che vale la parola dei savoiardi,avevano anche promesso di non chiedere mai i danni.
Ma lasciamo stare questo discorso.
Parliamo piuttosto del fatto che in esilio in svizzera questi figuri hanno fatto la vita dei nababbi con i soldi intuitivamente estorti da svariate generazioni dei loro inetti antenati che rappresentarono storicamente la dinastia regale più ottusa,molesta,dannosa,cialtrona e insignificante d'europa.
Parliamo della loro irresistibile inclinazione ad una vita passata sul filo della fortuna giudiziaria.

Chi sono i Savoia,a fronte di questo,per parlare di come investire i soldi eventualmente nuovamente estorti alla nazione?
Perchè dovremmo,delusi da una casta, dare i soldi ad un'altra orrenda casta(peraltro con gli evidenti limiti naturali determinati dall'incrocio tra parenti)e fidarci di loro che promettono di ridarceli?
Ovviamente non c'è alcun motivo.
C'è da prenderli a pomodori in faccia e farli tornare da dove sono venuti.
Loro come i rom che ci derubano e che delinquono nella nostra nazione.
Stessa predisposizione a delinquere,stessa impunità,stessa sfacciataggine.

Quale sostanziale differenza ci sarebbe quindi tra i savoia e i rom?


Auspico che questa causa venga chiaramente persa. Qualora fosse vinta,che sia il popolo a prendere provvedimenti.
Potremmo prendere tutta la dinastia rimasta e l'eventuale giudice complice e metterli alla gogna per una settimana intera all'Altare della patria,con testa e mani chiuse 24 ore al giorno e libertà di bersagliarli con pomodori e uova marce.
Sulla gogna una bella scritta: "alto tradimento".

venerdì 23 novembre 2007

"Erbe amare" e Katz amari

Gli scienziati (chiamiamoli così) che hanno proclamato la superiore intelligenza genetica degli ebrei devono aver trascurato qualcosa.
Per esempio le norme vigenti in Israele sui rapporti fra marito e moglie quando lei è mestruata.
«Il marito non deve scherzare con la moglie durante il ciclo mestruale […] Non deve toccarla nemmeno con la punta di un dito mignolo né consegnarle alcuna cosa in mano […] La cosa è proibita anche se si tratti di un oggetto lungo e così pure è proibito gettare un oggetto l'uno dalla mano dell'altro […] La donna non accenda la sigaretta al marito né con un fiammifero né con un lume che abbia in mano […] E' proibito sedere insieme su una panca lunga che dondola e che non è attaccata al muro, se vi è seduta la moglie in stato d'impurità […]».



Non si tratta di un qualche rescritto rabbinico elaborato in qualche ghetto galiziano del 16° secolo.
Si tratta dell'edizione 2002 del «Gran Compendio all'Alakha», a cura di Chaim David ha-Levi, rabbino capo del tribunale rabbinico di Tel Aviv.
Roba dei giorni nostri.
Così, l'ultimo rogo di libri proibiti non avvenne in Germania negli anni '30, sotto il segno della svastica.
E' avvenuto il 23 marzo del 1980 a Gerusalemme, quando centinaia di esemplari del Vangelo furono bruciati pubblicamente a cura del Lekahim, istituzione finanziata dal ministero della Religione dello Stato israeliano.



Queste, e molte altre prove della presunta superiore intelligenza ebraica si trovano nel saggio «Erbe amare» di Ariel Levi di Gualdo.
Né mancano informazioni sul razzismo ebraico, esercitato molto anche all'interno: i poveri falascià, portati dall'Etiopia in Israele con notevole grancassa pubblicitaria, hanno poi saputo che il sangue che donavano per le trasfusioni veniva rifiutato dai loro nuovi compatrioti, che non volevano «sangue di negro», sicuramente non-kasher per i loro rabbi.
I falascia furono costretti a compiere umilianti atti rituali di conversione: la vera ragione, spiega Levi di Gualdo, è che essi «come Legge rivelata riconoscevano solo la Torah», e «negavano che la Legge Orale, il Talmud, fosse stata rivelata anch'essa da Dio a Mosè sul Sinai».



Ma la vera novità delle informazioni di Levi Gualdo è un'altra.
E' il tono, apparentemente lieve e canzonatorio, con cui Levi di Gualdo documenta l'arretramento retrogrado che la «rinascita religiosa» rabbinica impone alla società israeliana, e alla diaspora intera.
Lo fa come uno che quell'ambiente lo ha frequentato, lo conosce da dentro, e ne ha visto le ipocrisie, gli abusi e le facilonerie con cui il Talmud viene usato - e cambiato quando serve - per opportunità che sono opportunismi e affarismi.



Racconta del grande affare del «marchio kasher», con cui rabbini di grido attestano, a beneficio di ristoranti e imprese alimentari, la «purità» del cibo offerto.
«Sul marchio kasher i rabbini incassano una tangente che varia secondo la fama del rabbino. Spesso rabbini famosi creano delle aziende di vendita del marchio, come Giorgio Armani che concede l'uso della sua griffa a un produttore d'occhiali».
Ci sono rabbini-Dior, che da questo affare cavano tanto da «costruire due piscine per i loro quindici figli, una per i maschi e una per le femmine», sempre per la impurità delle mestruate.
Data la posta danarosa in gioco, «vi sono rabbini che vietano ai loro fedeli il consumo di cibi diversi da quelli da loro controllati», e con marchio di altri rabbini «inferiori».
Tutto in nome del sacro Talmud.



Le Torah invece, ossia la Bibbia, viene modificata senza scrupoli.
Levitico e Deuteronomio vietano di prestare denaro ad interesse ad un altro ebreo.
Il che pose un problema nello Stato d'Israele.
Le banche si rivolsero ai rabbini.
«E i rabbini di fronte al denaro si diedero cura di correggere Dio che aveva imposto al popolo eletto questo precetto, creando in seguito enormi problemi al sogno sionista», canzona Levi di Gualdo: «I Dottori della Legge tirarono fuori dal gran cilindro talmudico una dispensa per rapporti d'affari».
I pii ebrei che obbediscono al Gran Compendio sullodato e non toccano la moglie nemmeno con «un oggetto lungo» durante il ciclo, poi trovano kasher andare con le prostitute ucraine importate dai mafiosi ebreo-russi: a Tel Aviv Levi di Gualdo descrive una casa d'appuntamenti così frequentata da barbuti in lobbia nera e filatteri sotto la giacca lunga, che i passanti credevano fosse la sede di una yeshivah, pia scuola talmudica.



Maimonide ammette l'aborto solo in caso di grave pericolo per la madre.
Ma «moderni rabbini istigano all'aborto ragazze rimaste incinte da un non-ebreo», quindi mutano il rescritto del più grande talmudista di tutti i tempi, e per motivi razziali.
«Inutile dire cosa si scatenerebbe», commenta l'autore, «se dei sacerdoti tentassero di convincere ad abortire una ragazza cattolica rimasta incinta da un ebreo…».
Ipotesi del tutto irreale, ma il paradosso serve a Levi a sbugiardare quegli «ebrei da salotto» che vanno in TV a dichiarare che, al contrario delle «imposizioni della Chiesa oscurantista» in materia di aborto e di omosessualità, nell'ebraismo «tutto è rimesso alla libera scelta del singolo». Assolutamente falso, è vero il contrario.



Il Talmud grava «su ogni singolo minuto della vita dell'ebreo ortodosso» coi suoi asfissianti divieti.
Gli ebrei da salotto o da talk show sono una specie nuova, che Levi di Gualdo è il primo a portare a conoscenza del pubblico.
Già: perchè da qualche anno l'ebraismo «fa tendenza», è di moda, «ha mercato», e così «s'è creata una casta di ebrei professionisti contesi da università, editoria e televisioni».
C'è il tizio che ha spiegato i 63 tomi del Talmud «a grosse linee», anche se non conosce una parola di ebraico.
Ci sono i «baronati dell'ebraismo politicamente corretto, in linea filo-sionista di rigore: scrittore il marito, scrittore la moglie, scrittore lo zio».
C'è persino la Liala dell'ebraismo, autrice di «L'Ebraismo spiegato ai miei figli», che ha fatto esclamare a un rabbino: «Il fatto che i bimbi di questa mamma non siano diventati shintoisti è un miracolo più grande che la divisione delle acque del Mar rosso».



Sì, perché questi ebrei professionisti sono ignoranti come scarpe della materia su cui sono chiamati a pontificare da platee adoranti di goym, talora cardinalizi.
Di solito esordiscono: «… Premetto che sono un ebreo laico», e in genere ciò vuol dire che confondono «il Pentateuco con il nome di una discoteca dell'arcipelago greco».
Nel libro c'è tutta una serie di vispi ritrattini o macchiette di questi ebrei alla moda, in genere della comunità romana, che Levi di Gualdo conosce benissimo: la comunità diasporica più antica, sefardita, con sue tradizioni autonome, i cui rappresentanti mediatici oggi si mascherano, per zelo e per moda, da askhenaziti e yiddish, come fossero appena atterrati da un ghetto polacco di due secoli fa.



C'è l'ebreo romano che, al solito ricevimento, sta per addentare una tartina al prosciutto e formaggio (doppia violazione talmudica) e al goy rispettoso che chiede: ma a voi ebrei il maiale non è proibito?, risponde sicuro: «No, quelli sono i musulmani» - scenetta degna di Alberto Sordi.
C'è «il potente capitano d'industria che non ha difficoltà a giocare al genio del giornalismo sul giornale di proprietà della sua azienda e a pubblicare libelli sull'ebraismo politicamente corretto» presso «le più grosse case editrici».
C'è il figlio del suddetto, che «dopo il Bar Mitzvah s'è sposato in una deliziosa chiesa di rito cattolico, immortalato da tutti i tabloid con la fortunata top model».
C'è «il nuovo sefardita mascherato da cabarettista askhenazita» che conteggia gli incassi che ha prodotto come banditore della «cultura yiddish».
Figurine in cui non sarà difficile riconoscere Alain Elkann e il suo ineffabile Lapo, Moni Ovadia o altri «veri ebrei», improvvisati cabbalisti e talmudisti farsi invitare da Vespa o da Mentana.



Ma il tono svagato e divertito, apparentemente fatuo, non deve ingannare.
Il libro è cosparso di definizioni fulminanti, che colgono al cuore il problema della «patologia» ebraica.
Esempio: «Gli ebrei sono un popolo fornito in modo secondario anche di una propria religione».
Precisamente: la religione è uno strumento secondario, quello primario è l'identità, basata sui divieti alimentari che impediscono la cordiale convivialità con gli altri uomini.
E' «un ateismo religioso teso a celebrare il culto narcisistico dell'intelletto eletto: il mondo ebraico brulica di rabbini che non credono all'esistenza di Dio, se però gli torna conto ne usano l'immagine per avanzare pretese politiche» contro i palestinesi.
«Gli ebrei non fanno proseliti perché non hanno da offrire alcuna redenzione».
«L'amore [dei goym] è ciò che l'ebreo patologico non vuole, perché altrimenti morirebbe come vittima politica per rinascere come uomo libero creato ad immagine e somiglianza di Dio: non sia mai!».



Insomma Levi di Gualdo è uno che conosce la realtà dietro la maschera, che ha studiato il Talmud e legge l'ebraico, e che scherzando sferza.
Faranno bene a leggerlo i giudizzanti cattolici, specie i cardinali genuflessi a venerare i fratelli maggiori, o quelli che ballano attorno alla Torah con i Lubavitcher, credendoli ebrei purissimi e arcaicissimi.



Invece i Lubavitcher, spiega l'autore, sono «la più appariscente deviazione della modernità. Una ricca setta pseudo-ebraica, inquadrata su forti modelli razzistici», la cui dottrina fonde «forme di ebraismo para-mistico e strabilianti credenze politeiste» insieme a «vecchi usi della plebe cristiano-ortodossa dell'Est europeo».
Insomma una classica americanata da telepredicatori, sincretista e influenzata dal protestantesimo USA «più zotico».
I cui membri, quando morì il loro super-rabbino («fuehrer») Schneerson, «attesero tre giorni per seppellirlo, violando le più basilari prescrizioni della Legge», perché da «qualche parte avevano letto … et resurrexit tertia diae».
Si presentano con il cipiglio di askhenaziti appena usciti dalle isbe polacche.
«Ma molti di loro sono venuti al mondo in Australia da genitori australiani» e si sono messi «a studiare da polacchi nel quartiere di Brooklyn»: un «balzo all'indietro della loro psiche verso le sperdute radici ebraiche europee» che compendia la volontaria tendenza retrograda dell'ebraismo contemporaneo, che il sionismo ha aggravato invece di liberare.
Tanto che a suo tempo, «l'Associazione degli Psichiatri Ebrei d'Australia commentò: lo spettacolo dei canguri crea effetti devastanti sugli ebrei affetti da sintomatologie askhenazite».



Qui, non so se Ariel scherzi o dica sul serio: è un tipo divertente e divertito, come il suo libro serissimo.
Gli rimprovero solo una ingenuità di fondo: oggi, Levi di Gualdo aspetta che i membri più noti della comunità romana lo prendano di petto, levino strida e anatemi contro il suo libro, e lo trascinino in un talk-show a giustificarsi.



Aspetterà a lungo: il silenzio è stato ordinato su «Erbe Amare». (1)
Comprensibile prudenza, del resto: si potrebbe scoprire che Riccardo Pacifici, Leo Paserman o persino il rabbino Di Segni - i più vocali e maneschi sorveglianti della comunità, quelli che tengono lezioni al Papa sull'«antisemitismo» dei Vangeli e della Messa in latino, e sono invitati regolarmente ai «dialoghi ecumenici» - di ebraismo, di Talmud e di caratteri aramaici ne sappiano quanto tutti gli altri «nuovi ebrei professionisti», felici addentatori di panini al prosciutto e formaggio.
Quando, s'intende, non c'è nei paraggi un rabbino o un confratello.



Maurizio Blondet




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Note
1) Nota dell'editore
Questa recensione di «Erbe Amare» è quasi certamente l'unica che leggerete mai: sappiamo per certo che recensori dal nome prestigioso, che s'erano offerti di parlare del libro su prestigiosi giornali, sono stati respinti.
Sappiamo anche che prestigiosi giornalisti, a cui il libro era stato spedito per posta, non l'hanno ricevuto.
Se questo libro venderà, sarà in buona parte grazie alla segnalazione sul nostro sito.
Proprio per questo ci pare strano il comportamento dell'editore Bonanno.
I fatti: riceviamo giorni fa una cortese lettera di Levi di Gualdo che ci chiede di inserire il suo libro in EFFEDIEFFESHOP.com.
Al cortese invito abbiamo risposto a Levi di aver parlato con il suo editore per telefono, chiedendogli, vista la visibilità che ottiene un testo dopo una segnalazione/suggerimento di Blondet, un certo numero di copie omaggio.
Ciò avviene spesso tra editori (per EFFEDIEFFE è la prima volta in assoluto): ad esempio Arianna editrice, dietro nostra richiesta, ci ha donato 20 copie del testo di Tarpley; finite in un giorno, ora le stiamo comprando contrassegno con lo sconto d'uso per le librerie.
Nuova mail di Levi che scrive, tra l'altro, «Per come conosco Mauro Bonanno non penso abbia particolari problemi […] Credo che avendo fatto trenta non abbia difficoltà a fare trentuno».
Evidentemente l'autore non conosce bene Mauro Bonanno, che non ha fatto «trentuno» e nemmeno uno (nemmeno una copia).
Come vedete però l'articolo/recensione è stato pubblicato ugualmente: è più importante la buona battaglia rispetto a calcoli spilorci.
(Fabio de Fina)




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