Google
 

mercoledì 7 maggio 2008

Lezioni di neolingua

L'ignoranza è forza, la schiavitù è libertà e la guerra è pace...
Berlusconi ha scritto:
«Il compleanno di Israele è il compleanno di tutti noi».


Il potere di Israele è il potere di tutti noi

Berlusconi ha scritto:
«Si tratta di una memoria del tutto particolare - scrive - che non accusa e non cerca vendetta, che viene anzi proposta al prossimo come tradizione comune di tutta l’umanità. Ciascuno di noi che ha con sé ricordi, principi e speranze è un discendente di Abramo e in tutti noi c’è un poco dei figli di Israele».


Si tratta di una memoria del tutto particolare - scrive - che accusa e cerca vendetta, che viene anzi imposta al prossimo come colpa collettiva di tutta l’umanità. Ciascuno di noi che ha con sé ricordi, principi e speranze è un discendente non sprituale di Abramo e in tutti noi c’è un poco di pensiero massonico e filosionista, ossia anticristico.


Berlusconi ha scritto:
«Questa è la storia di un popolo che lavora in continuazione sia nei momenti felici, sia nelle traversie - aggiunge Berlusconi - e che ha saputo preservare le tradizioni e costumi antichi in ogni tempo e in ogni luogo. Pur essendo uno Stato giovane (“democrazia nel cuore del Medio Oriente”) è difficile pensare a un Paese che abbia simile consapevolezza della profondità delle proprie radici e egualmente rifletta una sofferenza indimenticabile e una speranza che non si affievolirà».


Questa è la storia di un popolo che lavora in continuazione sia nei momenti felici, sia nelle traversie e che ha saputo preservare le tradizioni e costumi gnostico sincretisti in ogni tempo e in ogni luogo. Pur essendo uno Stato giovane (“plutocrazia nel cuore del Medio Oriente”) è difficile pensare a un Paese che abbia simile consapevolezza della profondità delle proprie radici anticristiche ed egualmente rifletta una sete totale di odio ed una speranza di conquista e sottomissione.


Berlusconi ha scritto:
«Come tale può essere oggetto di studio e metro di paragone per i vicini. Libertà e democrazia non sono mete acquisite una volta per tutte e vanno curate con dedizione quotidiana. Questo Paese rappresenta una lezione e un esempio che, pur tra le difficoltà e la logica delle lotte politiche, si sta diffondendo in Medio Oriente».


Come tale deve essere oggetto di venerazione e paragone per i vicini. Schiavitù e demagogia non sono mete acquisite una volta per tutte e vanno curate con dedizione quotidiana (nel controllo mentale e nella faslificazione della storia). Questo Paese rappresenta una lezione e un esempio (su come attuarli) che, pur tra le difficoltà e la logica delle lotte politiche, si sta diffondendo in Medio Oriente...

Berlusconi ha scritto:
«Con la sua dialettica tra i partiti, gli accesi dibattiti parlamentari, le crisi di governo, Israele rappresenta una sfida e un termine di paragone per i vicini, ancora alla ricerca di una identità che non sia frutto di sopraffazione»


Con la sua dialettica di facciata tra i partiti, gli accesi dibattiti nel chiuso delle logge, le finte crisi di governo, Israele rappresenta una minaccia e un ultimatum di sottomissione per i vicini, ancora alla ricerca dell'accetazione della loro identità di sopraffatti.


l'ambasciatore Gideon Meir ha scritto:
presentando le manifestazioni artistiche e culturali che si svolgeranno nel nostro Paese per festeggiare lo Stato «amico». «Vogliamo mostrare il vero volto d’Israele diverso dalle immagini di guerra dei telegiornali. Il volto di un Paese che in 60 anni di vita ha saputo creare un miracolo economico, tecnologico, scientifico e di fioritura artistica».


presentando le manifestazioni artistiche e culturali che si svolgeranno nel nostro Paese per festeggiare lo Stato «canaglia». "Vogliamo mostrare il vero volto d’Israele, identico alle immagini di guerra dei telegiornali. Il volto di un Paese che in 60 anni di vita ha saputo creare attraverso il furto della terra altrui, ed il tarpamento economico dei paesi vicini per mezzo di indiscriminati attacchi militari, una supremazia economica, tecnologica, scientifica e di mostruisità artistico-massonica."

Filius Mariae

venerdì 25 aprile 2008

Sul 25 Aprile


Come da copione, domani 25 Aprile si ripeteranno in tutta Italia le
celebrazioni della cosiddetta festa della Liberazione. La solita
retorica ed ipocrita celebrazione di quella che in realtà fu una
sconfitta militare, fatta da gente che avrebbe ben poco da vantarsi,
da dar lezioni, e molti scheletri nell'armadio da nascondere.
Non ce ne vogliano ex-comunisti e democristiani, ma proprio non
riusciamo a far parte di questo carrozzone, proprio non riusciamo ad
adeguarci al coro dei "politicamente corretti" che vorrebbero
festeggiare l'epilogo tragico di una guerra, combattuta proprio contro
coloro che chiamano liberatori...pensiamo che solo un popolo "schiavo"
può chiamare liberatori gli occupanti.


Non riusciamo a chiamarli liberatori perchè sappiamo che dietro la
loro partecipazione alla guerra c'erano enormi interessi di una
minoranza di potenti, e non la volontà di liberare l'Italia(e da cosa
poi? dal governo con più consenso della storia?). E la storia seguente
la seconda guerra mondiale ce ne da la conferma, da li in poi gli
americani hanno continuato a far guerre in giro per il mondo, sempre
per interessi poco economici, come per il petrolio del medio-oriente,
cercando di mascherare il tutto con le parole libertà e
democrazia(alla faccia...).


Parliamo degli americani e non dei partigiani, perchè se proprio ci ha
"liberato" qualcuno, questi son stati gli alleati. Alla storia dei
partigiani liberatori ci auguriamo che nessuno dotato di buon senso
creda più....anche se continuano purtroppo ad essere osannati come
tali, come continuano ad essere chiamati eroi, quando molte delle loro
gesta sono associabili come minimo alla vigliaccheria.


No non abbiamo proprio nulla da festeggiare il 25 aprile, come ha poco
da festeggiare l'Italia dei precari, dei mutui usurai, della gente col
problema casa, dei salari bassi, dell'insicurezza, del popolo che se
ne frega dei valori costituzionali e della liberazione, perchè ha
altre cose a cui pensare, perchè non tutti percepiscono le pensioni
milionarie di Ciampi, Scalfaro e Napolitano, c'è anche chi deve
pensare a tirare avanti in qualche modo nonostante tutto.


Ci auguriamo quindi che questa "festa" venga abolita quanto prima, ne
gioverebbero anche le casse statali, e sarebbe l'unico modo per
avvicinarsi ad una pacificazione tra vincitori e vinti di cui spesso
si è parlato.


Nell'attesa non possiamo non ricordare i caduti "dalla parte
sbagliata", quelli le autorità non ricordano: i tanti innocenti caduti
sotto i bombardamenti americani ed inglesi, le 60 mila donne e bambine violentate dagli alleati, gli infoibati e tutte le vittime della
ferocia comunista e partigiana, e tutti i soldati della Repubblica
Social caduti per difendere l'onore tradito, la loro patria ed un'idea
assoluta, continuando a combattere anche quando tutto ormai era
perduto.
Per loro: Onore e Gloria!

mail segnalata da Kattoliko.

venerdì 18 aprile 2008

Elezioni 2008


Alla fine delle elezioni è tempo di tirare le somme. Berlusconi stravince, Veltroni perde, gli altri straperdono.
Probabilmente la vittoria di Berlusconi si rivelerà il male minore.
Comunque non posso dirmi soddisfatto visto che se da un lato verranno tutelati di più (ma senza troppa enfasi) i valori etici, dall'altro possiamo prepararci al servo-sionismo più vergognoso ed alle politiche filoamericane che ormai sono poco rappresentate negli stessi USA.
La Lega trionfa su tutti. Ed è un successo pericoloso. Il cosiddetto federalismo è una patata bollente. Se mal realizzato può consegnare il meridione nelle mani della criminalità organizzata. E di certo i leghisti con la loro volgarità sguaiata e le frasi violente non mi fanno certo credere che si possa affidare nelle loro mani una così delicata questione.
Veltroni subisce una batosta che non mi ha sorpreso. Ripresentava gli stessi uomini del ridicolo governo Prodi. Ha puntato tutto sull'amnesia del popolo italiano, ma stavolta le ferite lasciate dallo scorso governo sono veramente profonde e dolorose. Il popolo ha valutato e ha punito.
Casini e la sua "cosa bianca" ha subito una sconfitta importante. Ma comunque ha avuto modo di trovare un comodo posto a sedere per Cuffaro. No comment.
Peggio è andata agli opposti.
La Destra della Santanchè affonda. Mi risulta realmente difficile vedere nella Santanchè i valori del fascismo che ha cercato di pubblicizzare. Il risultato delle elezioni dimostra che non sono stato il solo a non essersi convinto.
Giuliano Ferrara si aspettava il 7%. E' arrivato allo 0,3%. Non c'è bisogno di aggiungere altro. A lui comunque l'onore delle armi per aver smosso le coscienze su un argomento importante come l'aborto.
Fiore con FN prende la stessa percentuale. Paga la cattiva fama (spesso ingiustificata) del suo partito. Gli auguriamo le migliori fortune come neo-europarlamentare.
Sinistra Arcobaleno, non pervenuta. Per la prima volta non ci saranno comunisti al governo. Molto più interessati alle loro battaglie contro i valori morali, hanno abbandonato i lavoratori operai ed eccone le conseguenze.
Vi sorprenderò: la cosa non mi fa affatto piacere. E' evidente che questo governo non sarà rappresentativo della popolazione.
Sicuramente non ha aiutato la frammentazione in partitini. Il partito comunista dei lavoratori da un lato e la sinistra critica dall'altro si sono separati per mantenere nel simbolo la falce e martello. Ambedue hanno raggiunto la stessa percentuale di sodio nell'acqua Lete.

Eccoci quindi con Berlusconi3. Aspettiamo di vedere all'opera questo governo: il tempo delle critiche verrà.

giovedì 10 aprile 2008

Orgia gay nell'Ultima Cena

E' il tema di un quadro esposto nel museo diocesano di Vienna. L'artista è Alfred Hrdlicka, autodefinitosi stalinista e ateo.
Non voglio certo pubblicare l'immagine di un quadro del genere: non voglio dargli alcuna visibilità e poi la mia ignoranza in campo artistico me lo fa giudicare una merda.
Di parere opposto è l'autore che, dopo essersi paragonato a Leonardo da Vinci, ha detto che sono secoli che nessuno crea un crocifisso meglio di lui.
Alla domanda del pubblico che chiedeva il perchè della scelta di rappresentare scene di orgia omosessuale nell'Ultima Cena, il vecchio blasfemo ha risposto: perchè non c'erano donne.
Assurdo il comportamento irresponsabile del vescovo di Vienna, il card. Schönborn: permettere l'esposizione di uno stalinista nel museo diocesano è già vergognoso. Si aggiunga che non ha avuto neanche l'accortezza di valutare le opere prima di esporle.
Erich Leitenberger, portavoce dell'arcidiocesi di Vienna, dopo lo scoppio del caso, si è affrettato a dire che la scelta di esporre certi quadri non significa approvare il contenuto delle opere.
Poi si supera con una frase trionfo di stupidità: ritengo un fatto positivo che artisti che non credono oppure che cercano ancora la risposta della fede si occupino di tematiche bibliche.
Leggendo una cosa del genere mi chiedo se il cardinale ci stia prendendo in giro o sia del tutto impazzito.
Michelangelo si è occupato di tematiche bibliche e i suoi nudi sono nella Cappella Sistina.
L'opera blasfema di Hrdlicka è indegna di un giornaletto pornografico da due lire.
Che Hrdlicka dipinga tutto ciò che vuole negli ultimi mesi che Dio vorrà concedergli. Ma che un cardinale commetta l'errore di esporre feccia del genere non può passare impunito.

mercoledì 9 aprile 2008

Ufficio di Collocamento



UDC:Ufficio di Collocamento e non certo unione democratici cristiani. Perchè più passa il tempo e meno credibile diventa la parola "cristiano" quando si parla del partito di Casini. Lui stesso incluso, il plurisposato con la faccia tosta di parlare della sacralità della famiglia nel più classico del predicare bene e razzolare male.
E che dire dell'ex governatore della Sicilia Cuffaro,da lui protetto dall'accusa di favoreggiamento mafioso e premiato con la promessa di rappresentare i senatori UDC al prossimo governo per essere stato condannato al favoreggiamento di mafiosi e non direttamente di cosa nostra.
Non dimentichiamoci nemmeno le perle d'uomini che sono Vito Bonsignore,condannato a 2 anni per lo scandalo della banca Antonveneta e Aldo Patriciello,condannato in via definitiva per finanziamento illecito e rinviato a giudizio per truffa aggravata in concorso, abuso d'ufficio e malversazione ai danni dello Stato.
Tutti certamente non perle come cristiani,ma ben collocati: chi al senato,chi alla camera,chi al parlamento europeo.
E adesso eccoci qua,con questa nuova perla: tale Maximo,un candidato gay sedicente convertitosi. Non sappiamo certamente a che punto sia la sua conversione,ma certamente sappiamo da che punto partiva: per accertarsene basta cliccare qui.

Quindi,prima di sperperare il voto cristiano votando solo chi dice di esserlo,guardatevi in giro:la coerenza e la testimonianza con la propria vita prima di tutto.

martedì 8 aprile 2008

Importazioni dalla Romania


Dai telegiornali di oggi apprendiamo che:
1) E' stato arrestato un RUMENO che,ubriaco,ha ucciso un turista travolgendolo con la macchina per poi andare tranquillamente in discoteca

2)4 RUMENI sono stati arrestati per aver torturato per 5 ore un anziano al fine di estorcergli i codici segreti di bancomat e carte di credito

3)Un ladro RUMENO querela un italiano per 100.000 € per giustificare la quarta diversa versione della modalità della sua ferita alla schiena: si è partiti da una puntura di insetto e si è arrivati ad un colpo di fucile che avrebbe fatto esplodere l'anziano vittima del furto per far scappare lui e il suo complice(versione assolutamente negata anche dai vicini che non hanno sentito alcuno sparo,ma solo le urla di paura della moglie della vittima del furto)

4)Un ladro dell'est europeo(non necessariamente rumeno) lega un'anziana 75enne nel proprio ristorante,la ferisce con una forbice e le ruba 1500€ e un cellulare. Fortunatamente i suoi camerieri questa mattina l'hanno salvata,ma non si è ritrovato il ladro.


Questo paese fa adesso parte della Comunità Europea. Un paese dal futuro ben più florido dell'Italia. Noi infatti esportiamo cervelli(negli USA o inghilterra) e industrie (in romania dove la tassazione è circa il 40% di quello che paghiamo in italia,essendo il paragone circa 50% per l'italia e 19% per la Romania). Importiamo in compenso ogni sorta di delinquenti immigrati.
E per evitare le accuse di razzismo siamo costretti a lunghi giri di parole che tendano a scindere i clandestini dai regolari,i rumeni dagli zingari e questi ultimi tra rom e sinti,che dicono essere poetici e georgici girovaghi.

La verità è che siamo il ventre molle d'europa,dove questi delinquenti la cui disperazione sembra per alcuni essere addirittura diventata una scusante per le loro indicibili violenze vengono a banchettare con furti,omicidi e stupri.

Di contro la Romania importa industrie ed esporta tutti i subumani. Loro si che hanno futuro.



Serve un governo forte che elimini questo falso umanitarismo che mostra carità verso i delinquenti e nessuna forma della stessa verso le vittime se si eccettua qualche lacrimuccia di coccodrillo e un telegramma di condoglianze.
Auguriamoci che tale sia il prossimo.

Ma diamo un'adeguata dimostrazione dei nostri bisogni. Non abbiate la perbenistica paura degli estremi,votate tutti in coscienza.
Ogni deviazione che "moderi" la Verità è una menzogna ed uno stupro della propria coscienza proporzionale a quanto ci si è discostati.

domenica 6 aprile 2008

Cultura vitale,democrazia e altro


«La vita deve essere colta ma la cultura deve essere vitale»: la frase di Ortega y Gasset è piaciuta a vari lettori. «In tutte le scuole si dovrebbe reintrodurre la filosofia... l’arte del porsi le domande», dice ad esempio il lettore Lorenzo, stimolato da quella frase. Ma aggiunge: «Poi magari è una mera illusione perche se insegnata da maestri ottusi in pochi avrebbe un barlume di effetto».

Eh sì, è questo l’effetto: abbiamo scuole e specie università che uccidono ogni desiderio di cultura. Giovani schiacciati da tomi (basta vedere quelli di medicina) di cui non si sa quanto resterà nella memoria, assillati da corsi su autori o temi marginali e minori, del tutto superflui, dalla moltiplicazione di «scienze specializzate»che sono solo moltiplicazioni di cattedre, da torreggianti saperi intimidatori e scoraggianti. Tutto questo «sapere» indigeribile e inassimilabile è fra le cause della regressione alla barbarie.

Trasmettere una cultura vitale dovrebbe cominciare con lo sfrondamento, la semplificazione, lo sforzo di fornire un senso unitario, che la mente umana, limitata, possa comprendere in sé. La missione dell’università, oggi, dovrebbe essere quella di strappare gli strati di cultura morta, le cortecce, le scorze e le concrezioni che si sono accumulate in un tronco antico di tremila anni, per giungere al midollo umido, dove ancora pulsa la linfa che porta le sostanze vitali.

Dice bene Lorenzo: la filosofia come originaria «arte di porsi le domande» è esattamente quel che viene trascurato dalle facoltà di filosofia. Certe domande, poi, furono vive e urgenti per la generazione che le formulò, ma oggi sono morte. Per fare un esempio, la pretesa di Cartesio di creare una scienza perfetta e integrale di tutto l’universo «dedotta dalle cause prime», a priori.
Un tentativo fatale, che per secoli ha impegnato il pensiero europeo nella costruzione di «sistemi» chiusi e totali.

Kant «deduce» le categorie, Hegel fa «passare necessariamente» lo Spirito da un «momento» all’altro con la dialettica, Marx spiega la storia e la società con la dialettica delle forze materiali… E s’intende ad ogni passo che questi filosofi ci pongono l’intimazione: l’umanità scelga tra me, oppure, la fine del pensiero. Tutto questo è, credo, defunto per questa generazione.

La fine dei sistemi totalitari - filosofie che hanno figliato ideologie e regimi totali - ci ha lasciati con una fascina di scorze e cortecce, e senza orientamento nel mondo. Forse bisogna ricominciare da Socrate, là dove pulsava la linfa: e non per porre le stesse domande che poneva Socrate (urgenti ai suoi tempi), ma per porre quelle che ci assillano «oggi». Per infondere negli studenti quel primordiale entusiasmo della scoperta di una nuova idea, di un nuovo principio o applicazione.

Ciò vale anche per l’arte. Quando costruì il campanile a Firenze, Giotto era subissato dalle osservazioni che i passanti, da sotto, gli facevano, dandogli consigli e criticando. Evidentemente, la gente sentiva il campanile come cosa propria. Com’è che oggi l’arte non interessa a nessuno? Che la gente - non pochi individui, ma la gente nel suo complesso - sopporta, nella propria città, il sorgere di mostri edilizi, sbilenchi e irridenti all’uomo, ordinati dal municipio?

Già il fatto che il committente di «arte» oggi sia il Comune, o insomma la burocrazia (il mostro freddo) oppure il Capitale la dice lunga sull’esproprio che abbiamo lasciato fare ai nostri danni. Per secoli, la committtenza dell’arte fu religiosa. Il tempio, la cattedrale e la chiesa «attraevano» a sé le arti, pittura, scultura, arazzi, arte del vetro, oreficeria, musica d’organo, in una pulsione unitaria e coerente, ciò che si dice lo stile.

Da molto tempo ormai il pittore di genio è senza committenti: il disperato Van Gogh provava a vendere i suoi quadri nelle osterie, ci pagava la pigione delle stamberghe. Più furbi, i suoi successori commerciali producono direttamente per le case d’asta. Hanno formato «avanguardie di massa» che vendono bene sul «mercato». Andy Warhol si vende per miliardi, ma tutti capiscono che con qualche macchina fototecnica ciascuno può farsi dei Warhol a decine.

Gli scultori producono per il cimitero, e sempre meno (la scultura costa). A cosa «serve» infatti una scultura? Chi se la mette nel trilocale biservizi? Magari qualche Goldman Sachs la ordina per l’atrio fastoso-templare della banca. Ma insomma questa forma d’arte è morta, insieme al tempio o al palazzo principesco. L’Europa non ha più arte.

Il suo linguaggio musicale, sviluppato per secoli, è ora abbandonato, lo sfrondo un po’ noioso
della «radio culturale», RAI3. Persino nel cinema dà poco o nulla, schiacciata dal linguaggio cinematografico americano egemone. Questa sterilità è un sintomo spaventoso, terminale: è come il moribondo che si volta contro il muro, non ha più niente da dire, niente da sperare.

L’espressione ben temperata ha ceduto all’afasia o al grido, per di più in una «lingua» straniera: la musica dal rap, la pittura ridotta a graffito del degrado newyorkese, l’architettura a un «decostruttivismo» che intenzionalmente vuole avvelenare chi passa nei paraggi. Vi si esprimono «personalità» incomplete, malevole, petulanti, patologiche e demoniache come quelle che ossessionano i malati mentali quando sentono le «voci». Ciò che ripetono infinitamente i graffiti e le musiche giovanili è il grido di Lucifero: «Non serviam», non servirò.

E infatti, a forza di rifiutarsi a servire Dio e l’uomo, l’arte non serve più a nulla. Anche per questo bisognerebbe recuperare il senso che la cultura, per essere vitale, deve essere «funzionale». La cultura viva è quella che «ci serve». Attenzione: non nel senso della pittura del realismo socialista, che serviva la propaganda del regime. In un altro senso, più profondo e immediato. Come dirlo?

Provo a dirlo così: ciascuno di noi è stato gettato nella vita come il naufrago è sbalzato fra le onde. Deve nuotare per sopravvivere. A ciò, gli occorrono buoni muscoli e buona salute organica, adrenalina dalle surrenali, insomma le funzioni vitali.

Orbene, la cultura è una di queste funzioni vitali, e va ricompresa tra le funzioni vitali. Non è un arredamento di lusso per anime belle, è qualcosa che ci serve per nuotare - per sopravvivere - nel complicato mondo odierno in tempesta.

In questo senso, non mi pare colga nel segno il lettore che scrive: ricordare Roma «è dire di fronte ai falsi maestri d’oggi: abbiamo una radice, non ci avete tolto la memoria». E’ un’idea accademica, ornamentale della cultura. Dobbiamo ristudiare continuamente Roma, certo: per capire, poniamo, come mai poteva dominare il suo vastissimo impero con così pochi soldati (quelli che gli americani hanno in Iraq); per capire cosa «funzionò» nell’impero, e come mai smise di «funzionare»; per capire le lotte del potere romano, che tanto possono illuminare le lotte del potere d’oggi; per capire come mai, nella decadenza, Roma seppe condurre la gestazione di un’altra civiltà, diversa ma a lei collegata come figlia. Insomma, lo studio è funzionale alle nostre urgenze vitali, o altrimenti è mitologia, posa o noia.

Recuperare la cultura come funzione vitale significa anche liberarla dai divieti. Oggi ci sono imposti divieti di pensare, in gran quantità: il fascismo fu il «male assoluto», quindi non pensatelo; la democrazia è sacra, non criticatela; Israele non è discutibile, altrimenti siete «antisemiti»; l’unione Europea non deve essere sottoposta a critica e nemmeno a referendum…

Questi divieti sono come l’asportazione delle surrenali: senza adrenalina, fiacchi, non ci arrabbiamo più, anzi ci sentiamo deboli e impotenti. E ci lasciamo condurre in carrozzzella dalla badante del potere costituito.

Dovrebbe diventare più chiaro che la cultura - in quanto funzione vitale - non si apprende solo sui libri e a scuola. Anzi, per secoli a trasmettere la cultura, infiniti saperi e segreti del mestiere, sono stati gli artigiani e i capi-operai.

Di recente sono stato invitato a parlare ad Udine, in un ottimo istituto tecnico professionale di salesiani. Il preside, salesiano, mi ha raccontato che l’assessore regionale alla pubblica istruzione e cultura, di sinistra, è contrarissimo all’istituto, vuole che i giovani passino tutti per una generica scuola media superiore e libresca: e ciò per una residuo fossile della sua maldigerita ideologia. Considera la scuola tecnica una discriminazione «di classe», tutti avrebbero diritto al liceo…

Naturalmente, con ciò rivelando un disprezzo molto classista (piccolo-borghese) per gli operai. Ma i ragazzi che approdano a quella scuola tecnica, mi diceva il preside, sono «già» passati per la scuola generale, e ne sono stati scacciati, bocciati per demotivazione e impreparazione. Arrivano lì come ripetenti e drop-out, e con grande sforzo, ma con successo, imparano ad imparare: come la maggior parte di noi, infatti, è più facile imparare «vedendo fare».

Il contatto con le macchine utensili, il rigore che impone il loro uso, fa baluginare in quelle menti ignoranti (rovinate dalla scuola e spesso dalla famiglia), la coscienza che è il caso di andarsi a leggere sui libri la parte teorica che serve al funzionamento delle macchine. Ora sanno «il perché» devono studiare algebra, matematica, geometria, disegno tecnico, CAD-CAM, Linux. Capire il «perché» è appunto giungere, sotto gli strati di scorza morta, alla linfa della cultura.

E la cultura dei tecnici non è affatto inferiore a quella dei latinisti; ha la dignità di una funzione vitale, di un servizio reso alla società che di tecnici ha bisogno (più che di latinisti eruditi e morti); è la dignità loro che quei giovani apprendono, attraverso le macchine utensili, vedendo «come si fa».

Devo infine avvertire: il recupero della cultura vitale non è affatto facile. Quell’assessore (che una cultura vitale mai avrebbe messo a quel posto) è solo un esempio degli ostacoli che il potere in generale porrebbe a un tentativo di instaurare una cultura per la vita. Gli esempi più numerosi sono nella cultura stessa.

Sulle scorze morte pullulano una quantità di saltimbanchi e ciarlatani culturali, moltiplicatori di «scienze» e di «linguaggi», di «avanguardie» inutili (non esistendo più «accademie» contro cui battersi), e proprio questi sono ritenuti - dai media - i Venerati Maestri. Figurarsi se quelli vogliono arrivare là dove pulsa la linfa vitale della cultura funzionale: perderebbero stipendi, cattedre, premi, seggi di senatori a vita. A scanso di querele, accennerò a due esempi un po’ datati.

I più giovani, per loro fortuna, non avranno mai sentito parlare di Roland Barthes: ma fu un «philosphe» molto seguito e alla moda una trentina d’anni fa. Quale cultura portava? Basta citare una delle frasi della sua lezione inaugurale al College de France: «La lingua non è ne reazionaria né progressista; è semplicemente fascista; perché il fascismo non è impedire di dire, ma obbligare a dire. Dal momento in cui è profferita, fosse anche nella profondità più intima del soggetto, la lingua entra al servizio del potere».

Questa frase è, puramente e semplicemente, insensata. Ma con quanta albagia e sicumera fu pronunciata! E quante tesi di laurea produsse! Altro esempio, Lacan.

Uno psicanalista semi-filosofo che poteva scrivere sentenze come questa: «Se la psicanalisi abita il linguaggio, non potrebbe senza alterarsi, misconoscerlo nel suo discorso». E’ inimmaginabile con quanto rispetto e compunzione frasi simili venivano accolte e commentate. C’è tutto un mondo che vuol considerare «cultura» solo l’oscurità e la difficoltà; che ci ha fatto entrare nell’epoca dove «cultura» è sinonimo di «noia», ma peggio, dove questa noia è rispettata in quanto «culturale».

Nei grandi giornali, le «pagine culturali» sono le pagine noiose. Alla TV, quando l’annunciatrice annuncia un «programma culturale», abbassa il tono, fa la faccia seria e appuntisce compunta le labbra come se stesse accompagnandoci a un funerale in chiesa. Tutta questa gente, che tratta la cultura come noia e funerale, ha potere oggi. Sono accademici, giornalisti, «opinion leader» di qualche tipo, oppure saltimbanchi promossi come tali dalla stampa, come Oliviero Toscani o Odifreddi.

E’ questa gente che, lo voglia o no, impedisce coi suoi trucchi, divieti e tabù lo sfrondamento necessario, la necessaria separazione dell’essenziale dal superfluo e dal ciarlatanesco, quella che schiaccia i nostri studenti svogliati sotto i tomi e le specializzazioni.

Questi studenti provano a seguire corsi che per i nomi - «Scienze politiche» o «Scienze della comunicazione» - promettono ciò di cui sentono il bisogno loro: un po’ di cultura generale, una serie di categorie e concetti per capire il mondo. Non trovano nulla, e finiscono magari nelle feste rave. O comunque, privi di riferimenti che non siano i conformismi e i luoghi comuni dominanti, da cui credono per giunta di essere liberi. Ne darò un solo esempio fra i tanti, per ragioni di spazio.

Nel mio pezzo su «Essere autentici prima di essere cristiani» (cioè: se non si è autentici umanamente, non si può nemmeno essere cristiani) citavo, come opera religiosa, il film Blade Runner.

Il lettore Mario ha scritto: «Quello che va notato a proposito di Blade Runner è che si tratta di un film tratto da un romanzo del 1968 di Philip K. Dick (1928-1982) intitolato ‘Do Androids Dream of Electric Sheep?’ vale a dire: ‘Ma gli androidi sognano pecore elettriche?’ e che il suo autore non disdegnava di ricorrere a discrete dosi di ‘acidi’, specialmente anfetamine, per eccitare l’immaginazione, causa per la quale alla fine morì. Era anche lui vittima di una moda compulsiva? Allora, dal ‘pattume’ può nascere una luce di speranza? Non ritengo che si debba tracciare un rigo sopra i ragazzi dei raduni ‘rave’». Eh no, caro Mario: non si può fare questa equazione «democratica».

Philip Dick era un rarissimo artista contemporaneo assillato dalla teologia e creatore di una teologia, il solo che abbia osato parlare dell’uomo come bisognoso d’immortalità, nel ventesimo secolo; un tormentato esploratore di luoghi in cui avanzava per primo e solo, senza vie tracciate. Uno che - come gli artisti autentici - si ammala in anticipo delle patologie del mondo umano, che le preconizza e le segnala, lanciando l’allarme. La parte essenziale e autentica dell’arte contemporanea è infatti questa: di essere un sintomo precoce.

Simili uomini sono in continuo pericolo; possono ricorrere a «conforti» chimici, nella loro solitudine profetica che li spaventa e li brucia; sono sciamani nell’epoca della secolarizzazione, profeti allucinati della rovina che attende i gaudenti e i consumisti, gli inautentici che siamo tutti. Non li si può giudicare come fai tu; soprattutto, non li si può mettere sullo stesso piano degli impasticcati alle feste «rave».

Questi possono farsi a morte di LSD, ma non riusciranno mai a scrivere «Androids». «Gli uomini non sono uguali», Mario. Ci sono uomini superiori, la cui caduta o i cui abisssi vanno guardati con l’orrore e la pietà con cui il coro greco assistè alla caduta di Edipo Re. La convenzione dell’uguaglianza ha cittadinanza solo nella democrazia politica, ma non nell’arte, nella cultura e nella profezia.

Oggi, la pretesa di estendere la «democrazia» dove non deve stare è uno dei problemi della cultura. E’ la confusione tra l’essenziale e il subordinato o il superfluo, tra il superiore e l’inferiore. Un esempio.

Giorni fa ho sentito alla radio Veltroni che parlava del suo programma: abolire leggi che ostacolano la produzione, le imprese, le opere pubbliche… Il giornalista, esponente della «cultura» vigente, lo interrompe e gli chiede: è a favore della fecondazione in vitro? O vorrebbe impedire che due genitori talassemici abbiano un figlio sano? «Per come mi pone la domanda, le dico: no», ha risposto Veltroni. Ma si capiva che era seccato.

Sono convinto che - se avesse potuto dire la verità - avrebbe detto: «Caro giornalista, la politica non si occupa di tutto. Può a malapena promettere che farà in modo che dallo studio preliminare per un’autostrada alla sua realizzazione non passino dodici anni ma solo tre, e già questo è difficile da realizzare. Si figuri se può garantire la soddisfazione di tutti i bisogni privati, la cura di tutte le infelicità personali di ciascun elettore, o men che meno il diritto alla felicità individuale di ognuno. Non confondiamo i piani: ho il massimo rispetto per le sofferenze dei genitori talassemici, ma ho
il dovere di dire che non è il mio campo. Il campo della politica è più modesto, è (al massimo) l’organizzazione dei mezzi della vita collettiva».

Perché Veltroni non ha potuto dire questa umile verità? Perché il giornalista Santalmassi gli aveva teso un tranello («Ti metto nei guai coi cattolici che militano nel tuo partito»), e se avesse risposto altrimenti avrebbe detto una cosa non progressista, non politicamente corretta, che i giornali avrebbero ripreso a suo danno.

Direte: che cosa c’entra in questo discorso sulla cultura vitale? C’entra eccome. Il giornalista ha fatto quello per cui è stato elevato a direttore: il guardiano dei «limiti del pensare» attuale; egli veglia che non si dica tutta la verità ma solo quella accettabile ai gruppi e alle lobby egemoni «culturalmente». Tutte queste lobby e gruppi che, quando si propone l’essenziale, pretendono il superfluo e il secondario; che rifiutano di dinstinguere tra priorità e no; che impediscono di sfrondare e semplificare il discorso, e di concentarsi sulle poche questioni vitali urgenti, che i mezzi limitati possono (e non è detto) risolvere.

Il «dibattito» è oggi così, nella cultura come nella politica. Scorza, e non linfa.

di maurizio blondet da www.effedieffe.com