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venerdì 21 dicembre 2007

Due culle vuote

Due letti, uno accanto all'altro, nel reparto di ostetricia di un ospedale di Roma. Uno vuoto, nell'altro una ragazza legge le ultime pagine di un buon libro. Arrivano i medici che cominciano a leggere la cartella clinica di questa ragazza: vi è un rischio elevato di un aborto spontaneo.
La ragazza ne viene messa al corrente e si scusa in un buon italiano con accento portoghese per le lacrime che non riusciva a frenare.
Il giro visite va avanti.
Sul letto vuoto, solo una scritta: "IVG", il modo elegante e poco traumatico per definire l'aborto volontario.
"Interruzione volontaria della gravidanza" rende tutto più ovattato e indolore.

Silenzio. Nessuna parola dai camici bianchi, si tira avanti al prossimo paziente.

Ironia della sorte, nella stessa stanza una ragazza desidera la nascita del figlio e l'altra la morte.
Tristemente a raggiungere il suo scopo sarà solo quest'ultima.
Non voglio annoiare i lettori con lunghi discorsi di bioetica.
Io accuso lo stato che non informa le donne della possibilità di partorire e andar via senza riconoscere il figlio e senza lasciare traccia di se.
Accuso i medici e gli scienziati che sanno benissimo che la vita scatta al momento della fecondazione, ma prostituiscono i loro studi al dio denaro.
Accuso i radicali che vogliono mettere l'aborto allo stesso livello della contraccezione.

Ci avviciniamo al Natale e non posso che riflettere sulla sacralità della vita umana. Da cattolico, il 25 Dicembre metterò Gesù Bambino nel mio presepe. E la mente andrà a quella legge infame, responsabile di un olocausto dalle proporzioni impensabili, che insauguina impunemente milioni di culle.
Si alzerà una preghiera

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