martedì 26 giugno 2007
Padoa Schioppa il tecnico. Incompetente.
Padoa Schioppa esordì al ministero, ricordate?, accusando il governo precedente di aver lasciato un buco enorme: ciò che giustificò il mettere gli italiani alla torchia fiscale.
Qualche settimana dopo, contrordine: i conti erano in ordine.
La torchiatura aveva anzi prodotto un «extragettito».
Nessuno dei grandi media confindustriali si degnò di rilevare l'errore, rivelatore del semplice fatto che - forse - l'espertissimo, il bravissimo, il lodatissimo eurocrate non sa leggere i bilanci.
Anzi.
L'extragettito fu subito ribattezzato «tesoretto», e promesso alle più varie categorie: poveri, pensionati, parassiti, statali, nani e veline.
I famelici ministri se lo sono conteso in zuffe da cani randagi: a me!
No a me!
Mai stato chiaro quanto fosse il «tesoretto».
Padoa Schioppa non l'ha mai chiarito.
Ha sempre parlato di 2,5 miliardi di euro, ma varie voci ministeriali lo facevano ammontare a 5 miliardi.
Prodi ha accennato a 7,5 miliardi.
Si scrisse che l'astuto Padoa Schioppa taceva, per salvare almeno una parte del tesoretto per l'unica destinazione decente per un «una tantum», la riduzione del debito nazionale.
Ma ora è lecito sospettare che, davvero, non lo sapesse nemmeno lui.
Se parliamo al passato, è perché il tesoretto è passato.
Volatilizzato.
Almeno 4,7 miliardi sono stati mangiati dall'aumento agli statali con gli arretrati (da pagare entro il 2008): il che significa che l'anno prossimo ci estrarranno un altro tesoretto, perché gli statali vogliono anche l'aumento anche nel 2009, nel 2010, nel 2011.
Ma il resto?
L'occulta riserva dell'astuto Padoa?
Anche quello è finito.
Lo ha ammesso lui stesso nei colloqui coi sindacati: i conti pubblici «vanno meno bene del previsto».
E ciò nonostante la torchia abbia prodotto in questi mesi altri 4 miliardi di extragettito (introiti anche questi non previsti dall'espertissimo).
Il Messaggero ha fatto qualche conto, al posto del contabile tecnocrate Padoa Schioppa: 2,5 miliardi sono di fatto già spesi per «pensionati, giovani e disoccupati», ossia per la pioggia di micro-regalie volute dalla sinistra estrema, terrorizzata dalla emorragia elettorale e decisa a comprarsi il suo elettorato con qualche pacco di pasta.
Un miliardo per riprendere le opere pubbliche (altrimenti Di Pietro fa cadere Prodi).
Altri 2 miliardi per la Sanità, dove le regioni spendono più allegramente che mai.
E poi, 3 miliardi per obbedire all'Europa e al Fondo Monetario: Prodi e Padoa Schioppa avevano promesso di portare il rapporto deficit/PIL sotto il 2,2%, e per questo avevano avuto approvati i conti dai super-contabili europoidi.
Ora il rapporto è 2,4 (forse più), e dunque bisogna trovare altri 3 miliardi.
A far la somma, risultano mancanti tra i 7 e i 10 miliardi.
Che Padoa Schioppa ci estrarrà dalle tasche con una super-manovra in autunno.
Che significa tutto ciò?
Che il super-tecnocrate Padoa Schioppa, l'esperto universale di spesa e fisco, non sa controllare la spesa pubblica.
L'hanno messo lì proprio perché come «tecnico» la sapeva più lunga e avrebbe resistito alle richieste demagogiche dei «politici».
Si scopre che non ha resistito un bel nulla e che è incapace nel suo mestiere.
Un miliardo qua, un miliardo là, ha speso come fosse un Mastella o un Cuffaro.
S'è lasciato fuggire un fiume di soldi dalle mani; e non se n'è nemmeno accorto in tempo, il che è peggio per un super-ragioniere.
Ma questo è ancora nulla.
Padoa Schioppa ha dimostrato in corpore vili (il nostro) che la sua teoria di finanza pubblica - che lui è il solo a seguire nel mondo civile - è clamorosamente fallimentare.
Tutti gli studiosi di finanza pubblica (tranne lui) sanno e ripetono che aumentare il gettito con l'iper-tassazione non serve, perché le spese pubbliche aumentano ancor di più.
Ogni volta che arrivano più soldi dai contribuenti, le burocrazie e le clientele parassitarie esigono più fondi: e li ottengono, perché sono vicine al potere e sottopotere, mentre il contribuente è lontano.
Il circolo vizioso è ben noto e studiato: più crescono le entrate pubbliche, ancor più crescono le uscite.
E' un circolo vizioso.
La strada giusta è la lesina delle spese pubbliche, particolarmente facile in Italia dove basta incidere sui lussi vergognosi, gli sprechi colossali e gli emolumenti dei miliardari pubblici e parapubblici, documentati dal libro di Gianantonio Stella.
Tutti i tecnocrati del mondo lo hanno capito.
Tutti, tranne Padoa detto Schioppa.
Nemmeno l'esperimento da lui operato su di noi, e fallito, lo ha convinto.
Come un ragazzino che traffica col «piccolo chimico», ci sta facendo esplodere e dice che sta producendo acqua di Colonia.
Lui insiste sulla sua teoria.
Come ha detto di recente, il problema è che in Italia non si pagano abbastanza tasse.
Che c'è «la pandemia dell'evasione fiscale».
La quale, ha assicurato, comporta «una perdita di 100 miliardi di euro l'anno in mancate entrate per lo Stato».
Già questo pone un dubbio: come ha calcolato l'evasione, uno che sbaglia i conti trimestrali?
E se sa esattamente a quanto ammonta l'evasione, dovrebbe sapere anche dove si produce.
E allora perché non la recupera?
Ma ha Padoa Schioppa aggiunto radioso: «Un'Italia ad evasione zero è possibile ed è a portata di mano».
Ed è quest'ultima frase che fa paura, in un gelido incapace come lui: convinto che ci siano da qualche parte 100 miliardi nascosti, ce li vuole far sputare tutti fino all'ultimo euro.
Crede davvero possibile estrarre dagli italiani 100 miliardi, pari al 7% del PIL.
Con la lugubre serietà di quei fanatici di ghiaccio, come un Pol Pot che volle «formare l'uomo nuovo comunista» e per questo dispose il massacro di un terzo del suo popolo nei lager, Padoa Schioppa persegue «l'evasione zero» - il limite teorico in qualunque sistema tributario - con fredda determinazione ideologica.
La prova della sua follia l'ha data quando s'è messo a sognare pubblicamente: «Pensate», ha sospirato radioso, «se avessi 100 miliardi in più…» ed ha descritto un'Italia dove ci sono soldi per una esemplare sanità, per gli aumenti agli statali, per le provvidenze ai giovani, ai pensionati e ai disoccupati e forse - estremo, folle limite del folle sogno - persino abbastanza da ridurre qualche aliquota spoliatrice... non prima, s'intende, che sia raggiunta la «evasione zero».
Ma ogni italiano sa perfettamente dove andrebbero quei 100 miliardi in più: in autoblù anche per i commessi del Senato e hostess Alitalia, in quattro autisti e tripla scorta per Mastella & signora, in aumenti alla signora Spitz in Follini, in stipendi miliardari per più amici e compagni di partito trombati e perciò piazzati a scaldare poltrone in Europa e in qualche Regione.
Più biglietti aerei per «viaggi di studio» a Las Vegas di intere delegazioni regionali con amanti al seguito, più concerti rock e pop allestiti da Veltroni e sindacati, più netturbini napoletani assunti su ordine della camorra, più immobili dei proliferanti uffici pubblici affittati al palazzinaro di riferimento, più cocaina per il senatore a vita Colombo a sostegno della sua incresciosa longevità, più trans per il segretario di Prodi, più veline, più Alitalia, più puttane e ballerine e Fabio Fazio da ordinare a Lele Mora: più sprechi, più inefficienze e occasioni di corruzione.
E più spese prevedibili per il futuro: una simile torchiatura fiscale a «evasione zero» esigerebbe infatti controlli estremi ad personam sulle categorie produttive, più «regole» e più burocrati controllori e poliziotti tributari.
Ci si arriva, ci si sta già arrivando.
L'ineffabile Draghi (altro grande esperto) vuole una tassa di 1,5 euro per ogni assegno emesso da privati che non siano «non trasferibili», e un tetto di 5 mila euro, anziché gli attuali 12 mila, su movimenti in contanti da privato a privato.
In ogni caso, gli assegni dovranno riportare il codice fiscale dell'emittente, dei giratari e degli incassanti… pensate quanto «lavoro» per i fannulloni di Stato, quanti nuovi precari saranno assunti stabili per questo controllo minuzioso e totale, asfissiante, da «evasione zero».
E quanto costerà applicare norme che saremo, nel mondo, gli unici ad applicare.
Pensa a tutto, l'incompetente Padoa Schioppa, affiancato dal grintoso incompetente Visco e dal sospetto incompetente Draghi.
Tutto tranne alla più logica soluzione: ridurre stipendi indebiti e autoblù, autisti e cocaina senatoriale.
O anche le paghe degli eurodeputati italioti, le più colossali d'Europa, a livello dei tedeschi e dei francesi.
Il motivo s'è visto.
Quando Cossiga ha annunciato di voler rinunciare all'autblu a vita, con scorta a vita e stipendio a vita da ex-capo dello Stato, è stato accolto da fischi e insulti dei suoi pari.
Ma sei pazzo?
Quelli sono «diritti acquisiti»: rinunciarvi è vietato, altrimenti dove si va a finire?
Dobbiamo rinunciarvi anche noi…
No, sono diritti acquisiti.
Ma anche i pensionati hanno contribuito tutta la vita alle pensioni degli altri, ritenendo di aver acquisito il diritto di avere una certa pensione ad una certa età.
Invece, quel «diritto acquisito» viene violato, e stanno architettando come violarlo sempre più. Anche i proprietari di prima casa dove abitano pensavano di aver acquisito un diritto sul loro bene: invece esso gli viene limato sotto i piedi dalla patrimoniale, l'ICI sulla prima casa.
Qui, noi contribuenti, scopriamo di giorno in giorno che qualche «diritto acquisito» ci viene tolto: e non sono autoblu né panfili da regata, né transessuali da diporto.
Il sistema giuridico italiano suppone due tipi di «diritti acquisiti»: quelli eterni e intoccabili di lorsignori, quelli cancellabili ad arbitrio, i nostri.
E tutto sotto gli occhi di «tecnocrati» che si rivelano incapaci, affetti da ideologismi preistorici, e incompetenti persino come contabili.
Viene da elevare una supplica a Goldman Sachs.
Regina Nostra, visto che già ci governi attraverso i tuoi delegati, perché non intervieni?
Licenzia i tuoi dipendenti italiani e mandaci i tuoi tecnici americani, che almeno hanno studiato, sanno manovrare i conti e sono al corrente delle novità della dottrina economica.
Che sentano anche loro la concorrenza straniera, per una volta, questi incompetenti.
Ti preghiamo, o Goldman: salvaci da questi cretini che ci hai appioppato.
Maurizio Blondet
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